Mi legava a Fabio una bell’amicizia. Certo, meno quotidiana di quella che condivideva con molti suoi concittadini, in quel di Lauria, ma -sicuramente- oltremodo entusiasta nel nome della nostra passione comune. Per lui, la montagna, era diventata, nel tempo, un impegno, una professione, un modus vivendi coltivato giorno dopo giorno: maestro di sci, guida escursionista, membro del Soccorso alpino e speleologico di Basilicata, Fabio aveva contribuito a contagiare un’intera generazione che, oggi, guarda a lui con affetto, con rimpianto. Con dolore…
Non è facile accettare la perdita di una vita nel fiore degli anni, soprattutto quando questi stessi anni venivano spesi, anno dopo anno, non solo per coltivare una passione personale, quanto -soprattutto- per coinvolgere le forze attive del proprio territorio, dalla politica all’associazionismo, in un progetto ampio e diffuso di tutela e valorizzazione.
Può la terminologia musicale essere utilizzata per affrontare tematiche “altre” rispetto al proprio fisiologico campo d’azione? Pare di sì e ad esserci riuscito è stato un filosofo del diritto che ha organizzato il suo ultimo saggio seguendo canoni e schemi tipici della cultura musicale tradizionale. “Per rapsodia, secondo il linguaggio musicale, si intende una composizione nella quale più temi vengono svolti in forma libera, a volte per esaltare un particolare virtuosismo strumentale. Con questa chiave di lettura si snodano i temi che formano l’ossatura di questo breve saggio, i cui argomenti sono stati scelti in modo libero e trattati alla maniera rapsodica, come se una mano invisibile mi avesse condotto verso gli scaffali per riaprire pagine tante volte lette e rilette”.
“La storia giudiziaria di Giuseppe Caterini, sindaco del comune calabrese di Laino Borgo e geometra di professione -ma anche giornalista, poeta e cultore di tradizioni locali- pur riguardando una modesta vicenda accaduta in un piccolo ambiente di provincia, esibisce una significatività ed emblematicità che ben trascendono il caso individuale: il processo penale instaurato a carico di Caterini, con una imputazione di concussione alquanto fragile nei presupposti giuridici, infatti esemplifica un’esperienza psicologica di tipo kafkiano suscettibile di essere vissuta e patita da ogni imputato che avverta come incomprensibile e ingiusto l’addebito criminoso ricevuto”.
Scavalcato il confine calabro-lucano, il naturale sbocco sul mar Tirreno dell’estrema propaggine nord-occidentale del territorio del Parco Nazionale del Pollino trova la sua sintesi in un paesaggio dominato dall’imprescindibile binomio mare-monti, uno dei più complessi ed articolati eco-sistemi della penisola calabrese. “Un tratto di costa varia ed attraente per il clima, per la lunga, larga e morbida spiaggia, per l’incantevole scogliera di Fiuzzi ove si erge ancora su uno scoglio -solida e maestosa- la cinquecentesca torre di difesa costiera, per l’affascinante e misteriosa isola di Dino accovacciata come un mastodontico cetaceo con la testa rivolta alla costa in un mare ceruleo, bluastro e verdastro (…)”.
Ho conosciuto Roberto Napoletano nell’estate del 2018, il 30 luglio per l’esattezza. Quella sera sarebbe intervenuto a Praia a Mare nell’ambito della XII edizione della rassegna d’autore “Praia, a mare con…” che organizzo, dal 2007, nella nota località turistica dell’alto Tirreno cosentino, location che ha dato il benvenuto a ben 160 firme del panorama culturale nazionale. Quel suo ultimo saggio, “Il Cigno nero e il Cavaliere bianco. Diario italiano della grande Crisi” (La Nave di Teseo, 2017), nelle oltre 500 pagine, avrebbe raccontato gli anni della grande crisi economica che aveva colpito al cuore l’Italia e l’Europa, anni che Napoletano stesso aveva vissuto in prima linea -praticamente in presa diretta- da direttore prima de “Il Messaggero”, tra il 2006 ed il 2011 e, soprattutto, de “Il Sole24Ore”, dal 2011 al 2017.
Ho incontrato Mimmo Sancineto appena qualche giorno addietro qui a Praia a Mare, durante uno dei suoi consueti appuntamenti con le librerie della zona. Pensavo, sinceramente che, dopo la “crisi” dell’autunno del 2013, le “condizioni di salute” del suo “sogno chiamato Apollinea” si fossero stabilizzate, tanto per usare termini medico-sanitari così in voga in questi cupi giorni dominati dallo spettro del “Coronavirus”. Ed invece la sua evidente commozione -un misto di rabbia e delusione che scaturiva “en plen air” dal suo essere intellettuale sensibile- mi ha a nuovamente lasciato esterrefatto, preoccupato, impaurito. Devo molto, in termini umani, culturali e professionali a Mimmo, a “Il Coscile” e ad “Apollinea”: termini temporali -direi- che pesano tutti come questi ventisei anni e mezzo di giornalismo ambientalista e paesaggista -culturale in senso lato- che mostrano tutti il loro peso specifico. Ancora una volta, dunque, è in pericolo la sopravvivenza stessa della nostra “Apollinea”!