La relazione annuale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), non lascia dubbi: l’organo di cui si avvale il Presidente del Consiglio dei ministri per le funzioni informative indirizzate alla protezione della sicurezza interna, pone l’indice sulle economie illegali e gli affari delle mafie, confermando il primato di quella calabrese. La ‘ndrangheta, infatti, si piazza, ancora una volta, in cima alla classifica, sia per la gestione globale del narcotraffico, delle cui conoscenze si avvalgono la Camorra e Cosa nostra, che per quella dei rifiuti, settore in cui le cosche calabresi si sono particolarmente affinate. Per i tradizionali settori del terrorismo internazionale, il fenomeno più preoccupante sembra essere quello dei c.d. “radicalizzati in casa”, vera e propria croce dell’intelligence italiana: i nostri Servizi segreti, infatti, lo descrivono come un settore “sempre più ampio e sfuggente”, da sottoporre ad attento monitoraggio per evitare che si possa passare “dalla radicalizzazione all’attivazione violenta”.
La Guardia di Finanza di Venezia e i Carabinieri di Chioggia hanno dato esecuzione a sei ordinanze cautelari personali di obblighi di dimora nei confronti di residenti nelle città di Venezia, Padova, Vicenza, Treviso, Reggio Calabria e Caltanissetta: gli indagati dovranno rispondere di riciclaggio in quanto dopo aver ricevuto cospicue caparre rilasciate per l’acquisto di auto di grossa cilindrata, omettevano di consegnarle agli acquirenti, del tutto ignari che alle loro spalle si stava consumando un giro di riciclaggio. Complessivamente sale a quindici il numero degli indagati all’esito di sedici perquisizioni ed al sequestro di sette auto di pregio ed alla somma di 600 mila euro, sicuramente l’ammontare delle singole caparre consegnate. Nella più classica delle ipotesi, gli acquirenti consegnavano somme importanti per realizzare il sogno di guidare Maserati, Bmw X5, Mercedes, Audi, Land Rover, senza che poi si potessero accomodare al volante dei lussuosi automezzi.
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Arrestate 11 persone, 4 italiani e sette stranieri. Questi ultimi erano diventati il terrore degli esercizi commerciali
Un pericoloso sodalizio criminale italo-rumeno è stato sgominato all’esito di una complessa operazione di polizia che ha interessato, in Calabria, le città di Lamezia Terme, Cosenza, Corigliano e Seminara, oltre Catania e Venezia, con controlli ora estesi all’intera area di Schengen, finalizzati alla cattura degli ultimi due componenti della banda. I Carabinieri del Gruppo di Lamezia Terme, agli ordini del colonnello Massimo Ribaudo e i colleghi della Compagnia agli ordini del capitano Pietro Tribuzio, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa su richiesta della Procura di Lamezia Terme diretta dal Procuratore capo Salvatore Curcio, nei confronti di 11 indagati che divisi in due diversi sodalizi, si erano resi responsabili di furti e rapine ai danni di uffici postali ed esercizi commerciali lungo la costa tirrenica cosentina e nell’area della città di Lamezia Terme.
Calabria nord-occidentale: la lunga linea sabbiosa di Praia a Mare ci apre le porte del borgo di San Nicola Arcella: “il primo nucleo di questo centro urbano risale al XV°-XVI° secolo e fu costituito da gente di Scalea che per sottrarsi alle incursioni e alle razzie dei Mussulmani si rifugiò su questo altopiano, inaccessibile dal mare e lontano dai centri abitati che erano obiettivo principale dei pirati; quando poi nel XVIII° secolo il Principe Scordia Pietro Lanza Branciforte, avendo sposato Eleonora -ultima erede degli Spinelli di Scalea- divenne il principe di tutto il feudo e alla contrada Dino fece costruire come residenza estiva il grande Palazzo, i suoi coloni -insieme con gli antichi abitanti che erano soprattutto dediti alla pesca- costruirono il primo regolare nucleo urbano, cioè il primo Casale che prese il nome di Casaletto: erano le case della corte e il nome è ancora attribuito alla parte bassa dell’attuale paese”. Così Giuseppe Guida, nel suo “Praia a Mare e territorio limitrofo” edito nel 1970, dava conto delle origini del centro alto-tirrenico, un’enorme bastionata a picco sul mare: ad un’altitudine media di circa 110 metri s.l.m., i 1500 abitanti di San Nicola Arcella vivono in uno dei luoghi più rinomati e fotografati dell’intero paesaggio calabrese, come attestano le prime pagine di alcune delle più autorevoli riviste italiane specializzate, “Bell’Italia” e “Meridiani”, che da sempre dedicano al borgo alto tirrenico copertine ricche di impatto paesaggistico, con la celebre Torre Crawford a far bella mostra di sé.
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Dopo due anni di indagini, un’operazione del Ros dei Carabinieri di Venezia, coordinata dalla locale Direzione distrettuale antimafia, in collaborazione con diversi Comandi provinciali e con il supporto dei Nuclei Elicotteri di Bolzano e Belluno e delle Unità Cinofile di Padova, ha disarticolato un pericoloso clan di ‘ndrangheta attivo tra le province di Verona, Venezia, Vicenza e Treviso, con ulteriori ramificazioni ad Ancona e Genova, e base originaria a Cutro, nel crotonese, ove il sodalizio del capo clan, Domenico Multari, è ritenuto contiguo al gruppo egemone Grande Aracri. L’operazione, denominata“Terry”, ha portato all'esecuzione di 7 ordini di custodia cautelare e 20 perquisizioni con la contestazione, per tutti i ristretti, di reati che vanno dall’estorsione alla violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, dal trasferimento fraudolento di valori alla resistenza a pubblico ufficiale; si è inoltre fatto luce su un misterioso incendio avvenuto nel porto di Alghero, nel 2015 e su ipotesi di minaccia e tentata frode processuale, il tutto avvinto dalle modalità mafiose contestate in base al 416 bis del codice penale.