Eccoli i trent’anni! Milano, 28 maggio 1980: Walter Tobagi è un giovane giornalista di origini umbre, inviato speciale ed articolista del “Corriere della Sera”, dal 1978 presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti e consigliere della Federazione Nazionale della Stampa. Stava distinguendosi per il rigore scientifico del suo approccio professionale e per l’attaccamento ad una professione che si era praticamente cucito addosso.

Quella piovosa mattina, un commando di terroristi della Brigata XXVIII Marzo -un raggruppamento affiliato alle Brigate Rosse, che cercava di mettersi in evidenza con gesti plateali al fine di accedere nel livello più alto della lotta terroristica- lo attende in Via Salaino: Marco Barbone, Paolo Morandini, Mario Marano, Francesco Giordano, Daniele Laus e Manfredi De Stefano erano i componenti del gruppo di fuoco, giovanissimi figli anche della Milano bene, poco più di venti anni ma la freddezza di un commando esperto e senza scrupoli.
Tobagi non ebbe scampo -lui, appena trentatreenne che ad otto anni aveva seguito con la famiglia il padre Ulderico, ferroviere, a Bresso, periferia di un sogno di riscatto chiamato Milano: non poteva averne, lui  “armato” solo di una borsa con dentro le carte del suo sudato lavoro. Andava eliminato, perché diventato il simbolo di scomode inchieste sulla politica ed il movimento sindacale, sul terrorismo di destra e di sinistra, sul sindacato colluso e sulle condizioni di lavoro dei siderurgici, sull’organizzazione del lavoro e sui rapporti con i capitalisti. Ma anche -e soprattutto-  sulla misteriosa morte di Pinelli all’interno del Commissariato di Milano e su quell’altrettanto fumosa del commissario Giuseppe Calabresi, senza dimenticare la fine di Giangiacomo Feltrinelli. Misteri d’Italia. Andava eliminato, Tobagi. Chissà se capirono questi “perché” la giovane moglie Stella Olivieri ed ai due figli Luca di sette anni e Benedetta di tre, troppo pochi per ricordarlo. Già, Benedetta! Trent’anni dopo ha imparato a “parlare”, ha assunto un ruolo pubblico come consigliere alla Provincia di Milano, ed ha imparato anche a scrivere. Provate a leggere il suo “Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre” (Einaudi, 2009): c’è da rimanere senza fiato. “Non ho ricordi di mio padre da vivo: è morto troppo presto. In compenso sono cresciuta assediata dall’immagine pubblica di Walter Tobagi (…) Il mare d’inverno è il mio rifugio. Ci vado da sola. Quando sono stanca, confusa, l’acqua e la luce mi calmano sempre. Guardando l’orizzonte, prima o dopo, penso sempre a papà. Mi sembra che sia più vicino (…). Gli parlo. A volte parlo sul serio, seppure a bassa voce, per paura di essere presa per pazza E’ un rito dolce e liberatorio. Quando vado a trovare papà al cimitero mi piace portargli una rosa, una sola, ma molto bella, in una delle infinite tonalità del rosa. La lascio lì accanto, come una carezza”. Cosa aggiungere a questa drammatica e commovente vicenda che ha lasciato un segno indelebile nella coscienza dei veri italiani, dei veri giornalisti, dei veri difensori dello Stato. La prova più bella continua a regalarcela questa giovane figlia, Benedetta, cui auguro tutto il bene di questo mondo…        

L’Eco di Basilicata, Calabria, Campania  
anno X n. 11- 01 giugno 2010                                                                                                                                                                                                                           Egidio Lorito

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