Adesso ne parlano tutti. Ci sono voluti una ventina d’anni, poi alla fine qualcosa è venuto a galla: e non si tratta di una battuta di cattivo gusto. Intanto abbiamo un collaboratore di giustizia che vuota il sacco su un mare di misteri; un racconto che ha dell’incredibile (ma solo per chi non è abituato a discorsi di mafia…); tre mercantili di un centinaio di metri dai nomi affascinati ed esotici (Cunski, Yvonne A. e Vorais Sporadais); un mare che già pagava un prezzo altissimo alla sua credibilità biologica; molti che sembrano cadere dalle nuvole, come se nessuno sapesse.

Poi due Regioni, Calabria e Basilicata unite dal comune destino di trovarsi al centro di traffici internazionali di rifiuti tossici o di altre porcherie di questo genere; una galleria di boss della ‘ndrangheta, della mafia e della camorra insieme ad ex politici di primissimo piano -forse anche uomini delle Istituzioni- che discutevano su dove andare a sotterrare un certo numero di bidoni o far affondare qualche mercantile, così giusto per far sparire un bel po’ di materiale altamente nocivo dalla circolazione. Vogliamo aggiungere servizi segreti di varia nazionalità, massoneria, apparati dello Stato deviati, morti misteriose ed  un certo sconforto anche da parte delle popolazioni coinvolte, tanto per non dimenticare che in Calabria e Basilicata il mare ce lo ritroviamo su entrambe le coste! Una cosa è certa: da quando Francesco Fonti -era il 2005!- ha consegnato il suo memoriale agli inquirenti e sino all’effettivo ritrovamento del relitto della Cunski -a circa 500 metri di profondità, ad una distanza di venti miglia nautiche al largo di Cetraro, in provincia di Cosenza- le indagini hanno subìto una’accelerazione che non si ricordava nei vent’anni precedenti. “(…) La Yvonne A. trasportava 150 bidoni di fanghi, la Cunski 120 e la Vorais Sporadais 75 bidoni di diverse sostanze nocive. Ci confermarono che le imbarcazioni erano al largo della costa della provincia di Cosenza (…) La Yvonne A. raggiunse il largo di Maratea, la Cunski andò nelle acque internazionali di Cetraro e la terza la inviammo al largo di Genzano. Poi facemmo partire tre pescherecci forniti dalla famiglia Muto e ognuno di questi raggiunse le tre navi per farle esplodere con dei candelotti di dinamite e farle affondare. Gli equipaggi furono caricati a bordo e portati a riva. Poi furono messi su un treno con destinazione Nord Italia(…)”. Il memoriale del pentito di ‘ndrangheta è a dir poco agghiacciante nella sua lineare essenzialità: riferisce di una probabile ecatombe biologica come se stesse raccontando di una partita a carte tra amici.  Era già pubblico nel 2005, prendeva le mosse dalle origini dello smaltimento -addirittura nel 1982- ed ora si delinea un contorno più nitido. Come quello della Cunski, a 500 metri di profondità… 

L’Eco di Basilicata. Anno IX n. 17 – 01 ottobre 2009
Egidio Lorito - www.egidioloritocommunications.com