Questo secondo editoriale vuole essere -soprattutto- un articolo di raccordo tra quanto scritto e pubblicato sulle pagine seguenti che affrontano con carattere, decisione e preoccupazione, alcune tematiche tutte facilmente raccordabili sotto l’unica problematica dello sviluppo locale. Questo secondo editoriale vuole essere -soprattutto- un articolo di raccordo tra quanto scritto e pubblicato sulle pagine seguenti che affrontano con carattere, decisione e preoccupazione, alcune tematiche tutte facilmente raccordabili sotto l’unica problematica dello sviluppo locale. Quando Giuseppe Santochirico afferma, con dati e constatazioni di fatto alla mano, che la faggeta di Latronico ed il rifugio appaiono come “il posto più bello di Latronico e l’accoglienza del gestore è di quelle che non si dimenticano facilmente” , la nostra puntuale firma non fa altro che aggiungere forza al costante movimento d’opinione in favore delle bellezze locali che, già nei precedenti numeri, è apparsa con chiara evidenza. Certo, inutile negare la bellezza di quell’angolo della Fagosa, ai piedi di quell’imponente bastionata dolomitico-calcareo che risponde al nome di Monte Alpi e che nella mia recente pubblicazione “Tracce di Calabria” definii come l’ “Eiger dell’Appennino italiano”, tanto la sua parete occidentale ricorda la ben più nota montagna dell’Oberland bernese, in Svizzera, meta di centinaia di escursionisti da tutto il mondo che si misurano nella sua terribile ascesa -è detta la montagna assassina- e luogo di ambientazione di quella famosa pellicola cinematografica, datata 1975, “Assassinio sull’Eiger”, che vedeva un giovane Clint Eastwood accanto alla figura di George Kennedy, tra i protagonisti. Fin qui tutto secondo verità. Ma Santochirico va subito al cuore del suo articolo -e lo faccio di rimbalzo io stesso- quando deve registrare, anche di persona, che la strada di accesso a questo piccolo paradiso montano, con tanto di accogliente rifugio, sono raggiungibili senza non poche difficoltà -“dopo aver sudato sette camice”- aggiunge sconsolato Giuseppe. Ci risiamo: questo territorio ha avuto in prestito dalla natura una tale quantità di bellezze paesaggistiche che come tali -per il solito ed arcano scherzo del destino di essere collocate in un certo Sud- stentano ad aprirsi all’usufruibilità da parte della collettività. Una moderna e funzionale strada di accesso a questo piccolo angolo di paradiso -e l’elenco potrebbe allungarsi a dismisura- è la “condicio sine qua non” per ogni possibile forma di turismo eco-sostenibile o eco-compatibile che dir si voglia: anche perché Santochirico, nel suo pezzo, non lamentava l’assenza di un’autostrada a tre corsie con tanto di autogrill annesso per raggiungere questo piccolo gioiello della natura. Giuseppe ha fatto suo il disagio rappresentato dalla possibilità di raggiungere agevolmente questa meta: niente più. Disagio -anzi rabbia- che capisco, perchè ho avuto la fortuna, in questi anni di peregrinazioni in quasi tutte le più belle realtà montane e marittime di Calabria e Basilicata, di imbattermi in decine di casi come questo, dove il fascino ambientale rimaneva appannaggio di pochi attrezzati e preparati escursionisti che vi giungevano dopo sforzi e difficoltà non superabili dal normale turista. Stiano tranquilli gli ecologisti di cui parla Santichirico, perché, da anni, sono impegnato sul loro stesso versante, soprattutto in una terra, la Calabria, che per bellezze naturali rappresenta un esempio con pochi paragoni complessivi in Italia: una regione in cui quando si è dovuto violentare il territorio -le coste, soprattutto- con una lunga teoria di eco-mostri -così chiamano oggi questi pugni nell’occhio- pochi hanno espresso malcontento e disappunto (solo di recente si è assistito “addirittura” alla costituzione di parte civile di enti territoriali, all’interno dei procedimenti penali istruiti) con una fruibilità collettiva lasciata al caso. Un foglio di informazione locale come “Il Botteghino”, in sintesi, deve continuare a rappresentare alle autorità locali -e quelle lucane sembrano essere non proprio sorde, questo mi sento di riconoscerlo- questi disagi che Santochirico ha rappresentato: non solo per non fargli (e farci) più sudare le canoniche “sette camice”, ma per rendere usufruibili a tutti questi piccoli angoli di paradiso ambientale. Non si chiede un’autostrada per raggiungerli, ma una comodo tracciato che ben si inserisca nel delicato habitat locale. Anche per dare senso a quel rifugio dove, pare, si può assaggiare un ottimo formaggio locale! Il Botteghino -Anno II numero 4 Ott.- Nov. 2006- Egidio Lorito, 26/10/2006 Il Botteghino Editoriale Il ruolo dell’informazione locale per la crescita culturale Uno dei vantaggi più importanti nell’attuale scenario mediatico è la sempre maggiore attenzione che viene dedicata all’informazione locale, intesa come incisivo strumento di democrazia oltre che fucina di giornalismo. E a nessuno sfuggirà il fondamentale ruolo che la stampa locale gioca non solo per una capillarizzazione dell’informazione ma -soprattutto- per la stessa crescita culturale di una determinata area, pronta ad uscire da ambiti periferici per diventare il centro della vita sociale e culturale. Su queste motivazioni, che ormai la letteratura giornalistica ha fatto proprie, ho accettato l’invito di dirigere il bimestrale “Il Botteghino”, un classico foglio di informazione locale che spero dimostrerà di possedere gli strumenti per interpretare al meglio il senso di questo mio primo editoriale. Certo, non poco hanno pesato le mie paterne origini lucane -proprio latronichesi- per dare maggior senso a questa mia direzione che, spero, servirà non solo a dotare il foglio del canonico “giornalista-direttore responsabile”, quanto soprattutto ad avviare un dialogo sereno e cordiale con tutti coloro che vorranno contribuire alla crescita del foglio stesso e del dibattito nell’area comunale. Da alcuni anni la mia formazione professionale si è indirizzata proprio sul terreno del diritto dell’informazione: da un doppio punto di osservazione privilegiata - avvocato che indirizza i propri interessi e studi sul terreno del diritto penale e assistente presso la Seconda Cattedra di Diritto Costituzionale dell’Università degli Studi di Salerno- ho avviato una corposa attività di ricerca che è sfociata in numerose pubblicazioni su riviste di settore, oltre che in una monografia (“Informazione e Libertà tra privacy e tutela della persona”, Cues, Salerno 2001) che già dal titolo evoca il contenuto delle mie recenti riflessioni, ovvero legare indissolubilmente la libertà di manifestazione del pensiero alla tutela della persona, sia essa soggetto informante che informato. In questi ultimi anni mi è capitato di difendere un bel numero di colleghi pubblicisti e di cittadini impegnati soprattutto nell’universo politico, rimasti intrappolati in quel reato -definito dalla recente dottrina “debole e incerto”- che conosciamo con il nome di “Diffamazione a mezzo stampa” e sul quale si stanno -finalmente- incentrando proposte di riforma: un’ esperienza in presa diretta su quel delicato ma affascinate ambito che coinvolge rapporti umani e politici, attività professionale ed ambiti locali. L’ulteriore attività pubblicistica regionale che sto conducendo da un decennio sulle pagine del quotidiano calabrese “La Provincia Cosentina” come sul bimestrale “Apollinea-La rivista del territorio del Parco Nazionale del Pollino”, o la mia recente rubrica sul radicatissimo “Eco di Basilicata”, hanno poi rinforzato la riflessione sul ruolo dell’informazione locale, approdata nella recente pubblicazione del mio “Tracce di Calabria. Lo sguardo indietro il cuore avanti”, Il Coscile, Castrovillari 2005) nella quale, partendo dalle mie radici calabro-lucane, ho intrapreso un lungo itinerario geografico ed interiore lungo questa chilometrica regione, incentrando l’attenzione su quel Golfo di Policastro su cui insistono tre Regioni, tre Province, decine di Comuni, alcune Comunità Montane, tre Parchi Nazionali e -soprattutto- una popolazione desiderosa -finalmente- di vedersi riconosciuta una più forte rappresentanza in termini economici, sociali, politici e -perché no- comunicativi. In quest’ottica posso facilmente collocare il coordinamento delle serate di una delle più importanti rassegne culturali estive dell’intera Italia meridionale, quell’ “Alta Marea, Maratea tra natura e cultura”, che al di là del forte richiamo di pubblico per la presenza di decine di scrittori e giornalisti di fama nazionale, ha permesso anche ad un crescente numero di autori locali di affacciarsi alla ribalta con le loro opere prime. Autori lucani, calabresi, campani che -evidentemente- hanno a cuore il loro Golfo amico e vorrebbero trasformarlo in qualcosa di più intimo rispetto al semplice dato geografico. E l’informazione locale, anche se condotta sulle pagine di un bimestrale, non si sottrae certo ai canoni della moderna comunicazione: è fuori dubbio, infatti, la considerazione che il giornalismo sia una quotidiana interazione di almeno tre fattori, fonti-media-publico, soggetti costantemente presenti nello scenario della produzione di notizie. Il fenomeno dell’interazione tra notizia quotidiana e pubblico dei lettori è quanto di più articolato avvenga nell’universo dell’informazione, oggi oggetto di analisi da parte dei sociologi della comunicazione grazie a tre livelli di sviluppo: la velocizzazione, la personalizzazione, la popolarizzazione. Il primo aspetto indica la rapidità con cui il flusso di notizie arriva sui tavoli di tutte le redazioni, provocando al tempo stesso la rapida estinzione della loro validità cronologica; con il secondo si punta a catturare l’immediata attenzione sul protagonista di un evento, quasi a ricamare una cornice spazio-temporale ben delimitata sul “chi è” e sul “cos’è” della notizia. Infine la popolarizzazione, l’elemento grazie al quale un numero sempre maggiore di utenti riesce ad usufruire dello strumento comunicativo, divenendo attori dell’interazione giornalistica. E nel nostro Paese, la popolarizzazione si è sviluppata proprio grazie alla stampa locale che “ha consentito l’ingresso non soltanto di nuovo temi e soggetti ma anche l’apertura ad un nuovo pubblico che si serve di tali eventi per costruire i propri percorsi sociali e culturali all’interno della realtà in cui vive” (Sorrentino ‘99). Il giornalismo ne ha tratto, così, grandi benefici: ha allargato i suoi orizzonti offrendo nuove occasioni di incontro ad un pubblico sempre più vasto tanto da divenire esso stesso un nuovo luogo di incontro -la c.d. piazza cartacea- in cui la società si confronta e misura le proprie aspirazioni. Oggi, in Italia, la diffusione dei quotidiani locali -e dei periodici locali- è in pieno sviluppo, sostenuta da nuove categorie di lettori (studenti, casalinghe, pensionati…) interessati soprattutto al “fatto locale”, alla notizia della propria città o provincia, piuttosto che alla lettura del grande fatto di cronaca nazionale o internazionale: l’informazione locale, con i media ad essa correlati, diviene sempre più protagonista del nuovo fenomeno comunicativo italiano, certo ancora lontano dagli standard europei, ma comunque in buona ripresa rispetto agli altri Paesi del Mediterraneo. Il motivo è semplice: il circolo mediatico che si inaugura sulle pagine di un quotidiano e di un periodico “locale” appare obiettivamente più corrispondente alle esigenze del lettore del piccolo centro urbano che in questo modo si sente molto più vicino al “focus” della notizia, molto più protagonista di un accadimento che potrà riguardare il proprio vicino di casa quando non addirittura sé stesso: molto più facile sarà la condivisione di un fatto-notizia perchè più ridotta è la distanza dal luogo in cui quel fatto si è verificato. Precursori di questo fenomeno mediatico sono stati giornalisti ed editori americani che qualche decennio orsono inauguravano la florida stagione del “public journalism”, del giornalismo civico, caratterizzato -di conseguenza- dalla stretta attualità locale. Certo c’è un pericolo dietro l’angolo: quanto più si riduce l’ambito di diffusione del singolo media tanto più aumenta il rischio di affidare l’informazione a mani non propriamente esperte, che si lasciano prendere dall’emozione del momento, che non sappiano mantenere quel giusto distacco professionale, che si lasciano attrarre dalla sterile polemica locale, con tutte le conseguenze che tale degenerazione giornalistica può comportare. Lo sostengo nei miei scritti e non potrei non sottolinearlo oggi: l’articolato fenomeno di negoziazione tra informazione locale e lettori rappresenta la nuova dimensione del delicato rapporto tra mass-media ed utenti, quest’ultimi sempre più protagonisti di un ruolo attivo e propositivo e non più relegati alla sterile funzione di passivi recettori di notizie. Questo primo editoriale vorrebbe, così, rappresentare uno stimolo per le nuove generazioni di lettori sempre più attenti ai “fatti” del proprio ambito territoriale e sempre più protagonisti nel rapporto con il media di carta. Anche alle nostre latitudini! Egidio Lorito