A tu per tu con...

“(…) Paolo aveva lasciato la sua Crotone per studiare giurisprudenza a Roma dove poi, morta la madre, aveva deciso di rimanere, lavorando come procuratore presso lo Studio Foggia, il cui titolare, l’avvocato Marini, era un conterraneo e grande amico di suo padre Venanzio, detto Venzy. Anche se il lavoro lo impegnava moltissimo, Paolo, appena gli era possibile, cercava rifugio nella vita di campagna, andando a trovare il padre che gestiva un piccolo agriturismo vicino a Crotone (…)”. Qualche giorno fa, una gradita sorpresa ha arricchito la mia biblioteca, con tanto di dedica autografa: sapevo che prima o poi mi avrebbe spedito il suo ultimo romanzo -l’intercessione del buon Enzo D’Elia è una sorta di passaporto internazionale- ma non potevo certo immaginare, a pagina 75, di imbattermi in questa bella citazione di Crotone che arricchisce il suo recente “Chiudi gli occhi” (Cairo Editore-Rai Eri, 2007).

“Perché proprio la Calabria? E’ una citazione d’ambientazione o c’è qualcos’altro?”, chiedo all’affascinante autrice che ho dall’altra parte del telefono. “Forse non sai che c’è un antichissimo legame con la tua terra: sono romana di nascita, milanese d’adozione ma mio padre era cosentino di nascita e di discendenza!” Sorpresa! Silvana Giacobini, da oltre quattro decenni a contatto con una serie infinità di celebrità e personalità del mondo dello spettacolo, della cultura e della politica ha origini calabresi e sarà anche per questo che mostra nei miei confronti gentilezza, stile e simpatia che riserva ai suoi famosi ospiti che nel corso della sua lunga carriera -in un certo senso- hanno contribuito a renderla, a sua volta, una celebrità. Le ricordo l’occasione del nostro incontro, una bella sera dell’estate del 1999: si trovava a Maratea a presentare il suo secondo romanzo, “Un bacio nel buio” (Mondadori, 1999); il mondo delle celebrità internazionali era stato da poco scosso dalla tragica fine di John-John Kennedy, precipitato il 17 luglio -con la giovane moglie Caroline Besset e la sorella di quest’ultima Lauren- a bordo del suo Piper Saratoga nelle acque di Martha’s Vineyard, un isolotto a largo di Hyannis Port, l’isola dei Kennedy; qualche tempo dopo, proprio lei -all’epoca direttrice di “Chi”- avrebbe dedicato alla fine del giovane rampollo di casa-Kennedy un toccante numero speciale da collezione: come era accaduto quasi due anni prima per un’altra terribile scomparsa, quella di Giovannino Agnelli, figlio di Umberto e nipote prediletto di Giovanni. Come dire: dinastie politico-economiche accomunate da una lunga serie di drammi familiari. Cosa ha spinto una giovane studentessa di giurisprudenza -tra l’altro figlia di un magistrato e nipote di un notaio- ad intraprendere la via del giornalismo? “Ho iniziato giovanissima come conduttrice, all’epoca ci chiamavano presentatrici: mio padre era anche un affermato critico cinematografico e, quindi, il contatto con il mondo dello spettacolo c’era; dalla televisione, con un bella gavetta passata ad intervistare i volti nuovi degli anni Sessanta, sono poi approdata alla carta stampata. Era il 1970, l’anno del mio ingresso alla “Rusconi”, casa editrice che mi ha visto percorrere tutta la scala gerarchica, sino alla direzione di “Eva Express” per quattro anni e di “Gioia” per altri venti: un bagaglio professionale e culturale che si riempiva giorno dopo giorno, sempre più, come una valigia prima di un lungo viaggio. E’ stata un’esperienza estremamente affascinante, i cui effetti benefici vivo ancora oggi”. Nel 1994 il tuo ingresso in Mondadori dove hai realizzato un progetto editoriale tutto tuo: inventato e diretto “Chi”, un settimanale femminile elegante, patinato, dove l’evasione e l’attualità creavano un perfetto connubio… “ Quel settimanale andava a collocarsi in un settore del tutto inesplorato, una sorta di nicchia che abbiamo riempito con le tecniche comunicative più moderne proprio per conquistare subito le lettrici italiane. Evasione ed attualità, esattamente: perché guidavamo le nostre affezionate lettrici alla scoperta di un mondo che, in Italia, appariva come lontano dalla realtà, quando invece il bello di turno o il nuovo volto televisivo lo potevi incontrare appena fuori dall’uscio di casa. In pratica, portavamo sin dentro le case delle italiane -ma anche di molti italiani, a dar retta alle statistiche- un bel numero di gente famosa…”. Intanto, un anno e mezzo fa, il 16 novembre del 2005, fa la sua comparsa “Diva e Donna”: alla direzione c’è sempre Silvana Giacobini… “mi ritrovo a dirigere un settimanale che sin dal primo numero, come ricordavi, ha praticamente sbaragliato la concorrenza: sarà la mia firma di direttore o un altro miracolo editoriale dell’Editore Urbano Cairo, ma dall’uscita in edicola ci siamo attestati intorno alle 250-300.000 copie: “copie tutte pagate” come ama ripetere l’amministratore delegato Ernesto Mauri. In effetti, a differenza di quanto accade a molte riviste in concorrenza con “Diva e Donna” che sono praticamente regalate a chi compra altri periodici degli stessi editori -per cui le copie vendute risultano, alla fine, poche decine di migliaia- per noi si tratta di copie realmente vendute in edicola: per ragioni di politica editoriale, non abbiamo effettuato abbinamenti, promozioni, non vi sono gadget in regalo. Insomma, abbiamo fatto centro solo con la rivista! E cosa caratterizza questo successo? “In quest’esperienza unica -nella quale ha evidentemente pesato la lunga “gavetta” passata tra Eva Express, Gioia e Chi, siamo riusciti ad impostare la stessa formula innovativa che ha reso celebre “Vanity Fair”, per esempio: ciò che la donna di oggi chiede ad un settimanale non sono solo i temi tradizionali dei settimanali femminili, quali salute, cosmetica, moda, cucina: quel settore è una nicchia che appartiene ormai alle riviste con cadenza mensile. I settimanali, invece, devono offrire l’attualità, cosa che “Diva e Donna” fa in maniera puntuale, basandosi sulle “celebrità” del momento, siano esse volti del cinema, della televisione, della politica, italiani e stranieri. Questo è, il segreto del nostro successo.” Una domanda che ti avranno posto in tanti: giornalismo rosa o cronaca rosa? “Preferisco parlare di cronaca. Punto! La colorazione può far assumere diverse sfaccettature, ma è pur sempre cronaca giornalistica. Saranno le mie basi giuridiche, ma da sempre cerco di esercitare un giornalismo il più corretto possibile, che si àncora fortemente alla cronaca, agli accadimenti reali. Una notizia non vera da noi non esce, al pari di quanto avviene in tutti gli altri quotidiani o periodici: poi, in quanto direttore responsabile devo confrontarmi con l’universo dell’informazione italiana, fatto di smentite, richieste di rettifiche e così via”. Come si trova Silvana Giacobini in questo mondo patinato, a contatto con celebrità di ogni livello e spessore, con vere dive ma anche con semplici comparse? “E’ ormai il mio mondo: personaggi noti e celebrità con cui ho mi confronto da anni, sono il mio pane quotidiano: una realtà che credo di conoscere abbastanza bene. Oggi, tutti i media parlano continuamente dei personaggi famosi, di qualunque ambito facciano parte: su quotidiani, magazine, televisione e radio -per non parlare delle centinaia di blog aperti su internet- assistiamo all’incontro tra la gente comune -che appare sempre più vorace di notizie- e quelli che oggi definiamo Vip, che suscitano sempre maggiori interessi. E la categoria, oggi, si è talmente allargata da comprendere volti della televisione e del cinema, come atleti e sportivi, politici ed imprenditori: insomma, tutti coloro che, per scelta o per professione hanno una maggiore esposizione mediatica. E ti posso assicurare che non è vero che di questi personaggi pubblici si conosce tutto ed il suo contrario: un lettore di questo target di settimanali o un assiduo telespettatore di programmi che si nutrono di gossip e mondanità pensa di conoscere talmente bene la vita dei cosiddetti Vip da assumere quasi un atteggiamento, come dire, scontato. Ma non è così: nel nostro caso, dimostriamo che la gente conosce a memoria il volto di quell’attrice o di quel bel ragazzo da copertina ignorando poi del tutto gli altri aspetti del loro carattere, della loro sfera più intima. L’eccesso di questa nostra società basata sull’apparenza è che ci fermiamo troppo all’immagine, all’esteriorità. Queste celebrità hanno anche un’anima oltre che un corpo!” Detto sinceramente, esistono ancora i veri divi, almeno quelli che affollano il nostro immaginario? “Il vero divo, quello che popola l’immaginario cui ti riferisci, non appariva mai, si trincerava dietro una stretta cortina di riservatezza, di privacy. In questo senso le star hollywoodiane rimanevano quasi impenetrabili: era una scelta di vita dettata dalla necessità di tutelare proprio la loro vita. Oggi è in voga il tipo “social butterfly”, una sorta di farfalla che proprio per il fatto di svolazzare da un fiore all’altro -fuor di metafora, da un evento mondano all’altro, da una festa all’altra, da un party esclusivo all’altro- si espone automaticamente alla curiosità non solo dei giornalisti di settore ma anche di un pubblico alla fine sempre più bramoso di entrare nella loro vita privata. E questo è l’effetto di un cambio generazionale: oggi sappiamo tutto di tutti e sono proprio le persone più importanti che fanno fatica a vivere la loro riservatezza. Pensiamo ad un divo del calibro di Rodolfo Valentino: ai suoi tempi nessuno sapeva che vita conducesse e chiediamoci quale sarebbe, oggi, il suo stile di vita. E, infatti, anni fa il vero divo era quello di cui si parlava molto ma che si vedeva poco o niente: in tal senso si alimentava anche l’idea di una vita quasi irreale, al di sopra delle nostre teste, da divo, appunto; oggi il divismo è alla portata di tutti perché la forza penetrativa dei mezzi di comunicazione ha accorciato le distanze esistenti tra i lettori e il dato personaggio: fotografarlo, abbracciarlo è alla portata praticamente di tutti” Vivi con l’ansia da scoop? “Magari! E’ il sogno di ogni giornalista, ma dobbiamo sempre auguraci, come giornalisti seri, che gli scoop non siano così ricercati da trasformarsi poi in invenzioni, in falsi giornalistici, in bufale mediatiche, con tutte le conseguenze del caso. La notizia -e qui faccio prevalere il mio background giuridico- deve essere tale, cioè vera, confortata dalla fonte, oltre a rispettare i canoni dell’interesse pubblico e della continenza espositiva. Alla fine devo guardare sempre al rispetto della persona: per quanto celebre, famosa, osannata, rimane pur sempre una persona. Ed alla fine il cerchio quadra: rispettiamo la sua riservatezza all’interno della sua abitazione e di quegli altri luoghi privati; ma nelle strade, nella vita pubblica quel limite della riservatezza subisce, chiaramente, delle compressioni, com’è naturale che sia. Guardiamo, ad esempio, alla vita dei politici: la loro sfera di riservatezza è molto più sottile, ridotta, quasi ad annullarsi”. Tra quelli con cui hai conversato, chi ricordi particolarmente? “Tantissimi e si tratta -per i nomi che ti farò- di personalità di altissimo spessore: su tutti, ovviamente, Giovanni Paolo II, durante un incontro emozionantissimo a Castel Gandolfo: capii che era già “Santo” durante il suo pontificato. Venendo poi alle star di Hollywood, di George Clooney ricordo una disponibilità fuori dal comune: e senza pagare la cifra di ben 350.000 dollari -come ha fatto una giovane americana nei giorni scorsi- per ottenere un bacio! Senza dimenticare Brad Pitt, Tom Cruise, Sharon Stone e Nicole Kidmann. Nel mondo della politica, i numerosi colloqui con Hillary Clinton, la prima volta direttamente alla Casa Bianca da first lady, poi da senatore e da ultimo da candidata alla carica di Presidente”. Hai vissuto gli anni caratterizzati dalle invasioni di modelle, star e starlette e dei c.d. vip: cosa è successo? “ Il jet-set si è popolato a dismisura, anzi oggi appare super affollato: tutto è iniziato con l’invasione delle top model, creature belle e impossibili che si sono spinte fino a sostituire le stesse attrici: ricordo Claudia Schiffer la cui notorietà nulla aveva da invidiare a quella di una Sharon Stone; queste donne hanno anche “invaso” il terreno dei potenti industriali e ne sono anche nate coppie come tra Flavio Briatore e Naomi Campell: è nato un nuovo jet-set che ha portato benefici effetti a tutte e due le categorie. La televisione si è interessata, spesso morbosamente, di questi personaggi, ne ha amplificato gesti ed azioni, spostamenti ed avvistamenti; aggiungi che si tratta, chiaramente, sempre di persone dall’aspetto fisico più che gradevole ed il gioco è fatto. Ma non a tutti è concesso di raggiungere la cime di quest’Olimpo di celebrità: se ti imbatti in personaggi arroganti, dal linguaggio volgare, dall’atteggiamento un po’ troppo “dinamico”, allora saremo noi stessi giornalisti di settore a decretarne l’insuccesso. Molti di questi irrompono nella vita pubblica per poi sparire dopo non molto proprio a causa di atteggiamenti che, ne siamo sicuri, non porterebbero grandi vantaggi al nostro stesso lavoro”. Da almeno quarant’anni vivi quotidianamente a fianco di celebrità: non è che Silvana Giacobini è diventata, a sua volta, una “celebrità”? “Me lo chiedono, ormai, tutti i tuoi colleghi, i nostri colleghi, ma devo deluderti: Silvana Giacobini è sempre stata e rimane una giornalista! Poi che sia nota, che con il tempo sia diventata -almeno dicono- la massima esperta del settore, questo era inevitabile fa parte del gioco. Frequento l’ambiente da così tanto tempo che il contrario mi avrebbe stupita. Certo, non ti nascondo che l’essere anch’io sotto i riflettori -per come faccio a mia volta con i personaggi che seguo per ragioni professionali- mi serve molto a calarmi nella parte di quelli che intervisto e seguo. In un certo senso siamo tutti parte dello stesso palcoscenico. Ed in questo mondo mi trovo abbastanza a mio agio perché sono riuscita negli anni a calarmi in esso, a capire come comportarmi, quale domanda rivolgere e quale evitare accuratamente: E’ una questione di stile nel porsi”. Appuntamento nella nostra Calabria, allora! “Perché no, ci sentiamo…”
La Provincia Cosentina
Egidio Lorito, 02-06-2007