“Non potrei indicare la data del giorno in cui vidi per la prima volta la neve. Ma il momento si. Ero bambino, all’asilo di Lavis, forse avevo quattro anni. Quel mattino le nubi erano alte nel cielo, vedevo solo nubi, le rocce della Paganella e gli alberi del giardino, poi le nuvole si abbassarono a toglierci ogni visione. Improvvisamente un’onda plumbea parve attraversare la valle come un segno di immensa potenza, ebbi paura, tutti eravamo impauriti, forse anche le suore che presero a correre in mezzo a noi bambini, gridandoci di stare fermi. Dopo alcuni minuti il vento si placò e nell’aria vedemmo dondolare foglioline bianche: la neve! Allora cominciammo a correre a braccia alzate con le mani protese verso l’alto, fu subito aria di festa e questo è il ricordo della mia prima neve”.

Rolando “Rolly” Marchi è l’icona di quel mondo, spesso fiabesco, fatto di contemplazione, salite e discese, immagini incredibili, libri, mondanità ed impegno benefico: di quel mondo -insomma- che ruota attorno a quelle superbe elevazioni che sono le montagne, a qualunque latitudine o longitudine si trovino.  Negli ultimissimi anni, le nostre frequentazioni si sono moltiplicate, a testimoniare un’antica amicizia che continua ad unirci pure a 1000 chilometri e più di distanza: nel maggio del 2007, aveva affettuosamente dialogato con me nel corso di una lunga e simpatica conversazione, aperta con un suo riconoscente “ah, la Calabria: voi avete la Sila, il Pollino: con tutti quegli splendidi alberi …! 
Nel numero invernale del 2008,  mi invitò a scrivere un articolo, dedicato al paesaggio calabrese, sulle pagine della sua “La Buona Neve. Semestrale di sci e contorni”, la sua rivista, quella che incarna la grande passione per la montagna, tra roccia e poesia: in quelle pagine -“In Calabria, splendidi amplessi tra mare e neve”- con fotografie del Pollino, della Sila, dell’Isola di Dino, Rolly era riuscito a farmi condensare il mio amore per il paesaggio calabrese con una grazia ed un affetto che solo -ripeto, “solo”- coloro che amano e conoscono profondamente la montagna, sono in grado di esprimere. E la mia collaborazione alla sua Rivista continua: insomma, Rolly Marchi, dalla sua Cortina D’Ampezzo, dà spazio ad un giovane calabro-lucano desideroso, come non mai, di far conoscere -sin sotto le sue Dolomiti- quanto di affascinante ed ancora intatto la nostra natura ci ha consegnato. E come se non bastasse, il 5 luglio del 2008, l’ho avuto prestigioso ospite della rassegna culturale “Praia, a mare con…”, lui affascinato dal mare del Golfo di Policastro e da quell’Isola che poteva ammirare dalle possenti mura della Rocca di Fiuzzi dei Cosentini D’Aieta, dove -volutamente- con  Fiore Mercurio Cosentini D’Aieta l’avevamo ospitato.          
Rolando Marchi, soprannominato affettuosamente “Rolly” da un gruppo di sciatrici universitarie toscane che allenava sul Monte Bondone nel 1942 (“il nome non mi piaceva, gli amici trentini ironizzavano, ma poi ha prevalso il diminutivo”)- è nato a Lavis, otto chilometri da Trento, il 31 maggio 1921: suo padre Ciro era un enologo ed irredentista, amico di Cesare Battisti, sua madre Emma un’insegnante; figlio unico, ha frequentato il liceo “Prati” a Trento e si è laureato in Giurisprudenza a Bologna, discutendo una  tesi rivoluzionaria per l’epoca, sulla “Responsabilità civile in materia di sport”. Ma sopra ogni cosa, è universalmente considerato uno dei più autorevoli conoscitori del pianeta montagna e la sua età mi parla di un inno alla vita, alle passioni, all’amore.
E proprio all’amore ha dedicato il suo ultimo scritto, nel quale -come attraverso una macchina del tempo- troviamo gelosamente custoditi un universo di ricordi e personaggi che affollano la sua vita. Molti i personaggi che si aggirano lungo i tredici capitoli: come Dino Buzzati -l’amico e maestro dei tempi andati- con cui ha condiviso alcune delle esperienze più significative vissute tra i monti, viste anche le origini di quel celebre amico; o come la madre Emma, uno di quei punti fermi della sua lunga e “vissuta” vita. Altri personaggi -altre figure- sono invece frutto della sua galoppante immaginazione, quasi sempre ritratti femminili che Marchi ha immortalato in questa sua lunga ricerca del legame più forte della nostra vita, “quello assoluto e pulsante della gioventù, quello complesso e tormentato dell’età adulta, per scoprire che solo la forza di una passione riempie di senso il viaggio di ogni giorno”. Protagonisti, episodi e luoghi rendono il libro dinamico e scontato:  ecco Sergio Marchesi (Amore in guerra), tenente degli alpini nel novembre del 1943, due mesi dopo che “l’Italia aveva firmato l’armistizio arrendendosi agli alleati angloamericani”; ecco Roberto Vettori (Amore incerto) che “dalla finestra della sua stanza, dalla casa in cui era cresciuto, vedeva svettare le rocce grigie della Paganella, vicine a Trento, dove suo padre lo aveva accompagnato per la prima escursione della vita”; ecco “il Bepi” (Amore al nuoto) che “era un enciclopedia, lo incontravi in piscina, anche quando era ormai vecchio e ti raccontava storie, storielle, vicende di centinaia di nuotatori che si erano avvicendati in acqua negli ottant’anni della storia della piscina di Trento, la Cock come veniva chiamata”; ecco Paolo Malingri (Amore a Mosca) che “quel giorno aveva dovuto scrivere più del solito, ma ormai aveva finito e in sala stampa aspettava di essere chiamato al telefono per dettare il suo articolo”; ecco Hervé e la moglie Alexia (Amore in Grecia) affascinati “dal nitore del mare, dalla struttura delle rocce di alcune insenature, dalle migliaia di ulivi secolari che crescevano ovunque: un’isola veramente singolare, Paxos”; ecco Gianni Tremonti (Amore di cane) “un fotografo, un appassionato alpinista e un valente scrittore: nato e cresciuto a Milano, si accorse un giorno di non riuscire più a sopportare il rumore, il traffico, l’inquinamento della metropoli. Abbandonò dunque il suo lavoro nello studio cittadino per dedicarsi a fotografie di paesaggi, di rocce, di neve, di gare di sci”; ecco Silvia Balter (Amore in vetta) che “nel suo diario -nel giorno del suo tredicesimo compleanno- scriveva che <<oggi ho tredici anni: è il mio terzo compleanno da quando ho avuto l’incidente ma non sono contenta come le mie compagne quando compiono gli anni>>”; ecco Furio (Amore in rifugio), “un uomo fra i quaranta e i quarantacinque anni, scapolo, alpinista dagli anni fervidi della prima giovinezza che ricavava ogni anno dai suoi impegni di lavoro una settimana da dedicare alla sua più grande passione: la montagna”; ecco Paolo Marconi (Amore di legna) “il giornalista che aveva seguito l’impresa di Maurilio De Zolt ai bordi della pista (…)”; ecco Leonardo e Stella (Amore oltre il muro) che “si fermarono a chiacchierare e decisero in breve di ritrovarsi il giorno dopo per salire le Tre Cime di Lavaredo ”; ecco Emma, la sua adorata madre (Amore di figlio) che “ha raggiunto in salute i novantasei anni: ed io, il suo unico figlio, sono stato felice di aver sempre avuto in lei un punto di riferimento nei momenti della gioia ma anche nei molti altri del dubbio, della malinconia, del dolore”;  ecco Dino Buzzati (Amore per un grande amico)  “che conoscevo ed avevo apprezzato quale giornalista per gli articoli dedicati alle Dolomiti e a importanti scalatori e anche come inviato di guerra per le sue cronache sulle vicende belliche; e l’incontro avvenne il 2 giugno 1949 a Bolzano, dopo gli arrivi di una tappa del Giro d’Italia, vinta, anzi dominata, da Fausto Coppi”. 
Poteva mancare il grande amore della sua vita, la neve? In “Neve, amata neve”, non è facile  focalizzare l’episodio fondamentale nella vita di Rolly Marchi legato alla “sua” neve: “(…) Ma i sentimenti non si esauriscono qui. In un anfratto del cuore conservo la sensazione di una sorpresa, anzi di più, il ricordo di un meraviglioso stupore. Ho sempre creduto che il Papa fosse il nostro Dio sulla terra, uomo sì, mondo però delle quotidiane miserie. Così ho guardato a tutti i pontefici della mia vita. Ma Karol Wojtyla (…) un giorno ha voluto tornare bambino: portando nel cuore i ricordi di Cracovia e Zakopane, dei pendii dei Monti Tatra, del profumo di quella sua neve polacca sempre pensata con nostalgia, il 19 luglio 1984 è salito sull’Adamello per riassaporare la gioia dello sci (…) e continuò a sciare per quattro ore riscaldandosi il cuore alla fiamma di una passione mai spenta. E sono stati i monti e la neve italiana a donargli quel momento di felicità (…)”.            
Senza gli “amori” di Rolly Marchi, non comprenderemmo meno dell’Amore…

Rolly Marchi, Se non ci fosse l’amore, Il Saggiatore, Milano 2006,  pagg. 189, €. 7,50    

APOLLINEA – Anno XIV – n. 3 maggio-giugno 2010                          Egidio Lorito

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