A tu per tu con...

Impietosa e reale l’analisi di Mauro Francesco Minervino,  l’antropologo prestato alla letteratura

“Mi fu sempre difficile spiegare che cos’è la mia regione”. Un incipit di Corrado Alvaro, datato 1925, è il filo rosso delle ultime serrate riflessioni di Mauro Francesco Minervino, professore di Antropologia Culturale ed Etnologia, scrittore e notista sulle pagine culturali de “Il Riformista”, “L’Unità”, “Il Manifesto”, “Il Mattino”, “Il Quotidiano della Calabria”, l’“International Herald Tribune”. Un intellettuale a tutto tondo che si è sempre occupato di temi legati alla sua terra -alla nostra terra- focalizzati da una prospettiva giustamente antropologica, tanto che il suo “In fondo a Sud” (Philobiblon Edizioni, Ventimiglia 2006) si guadagnò la Prefazione di Marc Augè: quelle pagine parlavano semplicemente di una Calabria che egli avrebbe voluto diversa da quella tragica e reale che scorgiamo appena fuori dall’uscio di casa nostra.

Sino alla Prefazione che il nostro ha curato al libro di Filippo Veltri e Diego Minuti, “Ritorno a San Luca. Dal paese dei sequestri alla strage di Duisburg. 1990-2007” (Abramo, Catanzaro 2008): rabbia, orrore, sangue quasi a coprire una civiltà ormai scomparsa. E come non citare “Calabria sublime” (Rubbettino, Soveria Mannelli 2005) del comune amico Francesco Bevilacqua: Minervino parla senza mezzi termini “del grande suburbio disperso e immiserito, concresciuto in mezzo ad un brutto-brutto” che ha invaso la “Terra del Mito”!
Qualche tempo fa mi arriva tra le mani il suo ultimo “La Calabria brucia” (Ediesse, Roma 2008): rimango senza fiato nello scorrere le 183 pagine, e non perché quanto Mauro vi ha condensato non lo conoscessimo già. Semplicemente perché queste pagine, “dolci ed amare”, alimentano inevitabilmente quel senso di rabbia, quella “rabies” che mi rimanda indietro nei secoli sino a quell’inimitabile cantore della grecità che fu il poeta Archiloco. Minervino realizza una perfetta trasposizione della Calabria di oggi, quella dei fuochi -non solo fenomeni da combustione- che continuano a trasformare in cenere una delle più belle regioni d’Europa, la tanto ostentata “California d’Italia”, il tanto osannato “Giardino delle Esperidi”, il luogo in cui “la bellezza venne dal mare”, tanto per citare a memoria alcune esaltanti definizioni di questa terra che anni fa definii “metà Inferno, metà Paradiso”. Pagine amare, forti, drammatiche nelle quali qualunque buon calabrese di oggi non potrà non riconoscere l’impegno intellettuale di questo coraggioso antropologo che non si è certo rintanato in qualche laboratorio di ricerca accademica: lui, la Calabria da salvare, da proteggere, da denunciare, la conosce davvero! “Non esiste un libro letterario che parla di un’intera regione italiana per com’è adesso(…). Nemmeno il giustamente osannato scritto di Roberto Saviano può essere considerato un libro sulla Campania di oggi, ma solo sul Casertano e sulla periferia napoletana: il Cilento, l’Irpinia, il Sannio non sono Gomorra, appartengono ad un orrore più quieto, più appartato(…). Come nel testo di Saviano, l’autore prende la parola dal posto. Non scrive della Calabria chi viene da fuori, ma uno che vive a Paola e lavora a Catanzaro, uno che ogni giorno percorre la sua regione in lungo e in largo. Minervino li ha studiati bene quelli che hanno visitato e descritto la Calabria. Italiani e stranieri come Crawford e Gissing. Un capitolo è dedicato ai viaggi calabresi di Mario Soldati. In questo caso la revisione di un’immagine della Calabria si realizza recensendo pagine intense e rivelative dedicate dall’autore piemontese ai luoghi del vino calabro. Lo stesso meccanismo è in funzione nel capitolo dove Minervino sceglie di parlare dell’amico calabrese Enzo Siciliano e dei suoi libri bagnati nei luoghi dell’infanzia”. Nell’introduzione di Franco Arminio c’è impresso tutto il senso di queste “fiamme” che d’estate come d’inverno continuano ad accerchiare la terra di Calabria;nel corpo delle pagine di Francesco Mauro Minervino c’è tutta la Calabria, quella che vorremmo tenere stretta tra le mani e dalla quale non andare mai via, come quella in cui non vorremmo mai più abitare. E purtroppo, oggi -più che mai- la seconda sembra “godere” di un netto vantaggio…. Ecco perché tutti i capitoli di questo struggente e rabbioso instant book, come direbbero gli anglosassoni (“Fuochi. Mentre la Calabria brucia;Altri fuochi;Calabrialand. La parte maledetta;Ragazzi di Duisburg;Ragazzi di Paola;Quel mare tanto amato;In vino veritas. La Calabria di Mario Soldati;Satana, sangue soldi;Toscani in Calabria;Catanzaro. Uno sguardo dal ponte;Gattuso;Magico Crawford;Mulini al vento;Viva San Francesco;Corsivo finale”) si materializzano in tutta la loro drammatica realtà, fatta di devastazioni e saccheggi, di confusione estiva da “caos devastante di un turismo mordi e fuggi, immemore e fracassone”;di “assedio abusivo che ha sfregiato e profanato il paesaggio”;di un mare che non è più quello dell’infanzia. E qui il ricordo si salda alla perfezione con l’ultimo viaggio che Enzo Siciliano compì nella sua Calabria: era l’estate del 2003 e “quel” calabrese era ridisceso in riva al mare dei suoi ricordi per presentare “Non entrare nel campo degli orfani”. Già, l’ultima volta… “La Calabria di Minervino è una regione potente, un luogo in cui la bellezza e la devastazione della bellezza sembrano sfuggire a ogni tentativo di cercarne rimedi e difetti”, aggiunge Arminio. Perfetta dicotomia. Ma in quale Calabria viviamo? Della bellezza rimane sempre più il ricordo;della sua devastazione abbiamo notizia giorno dopo giorno! Dopo queste 183 serrate pagine verrebbe voglia di fuggire via… 


Apollinea- Anno XII n. 2 2009
Egidio Lorito