Calabria nord-occidentale: dopo Aieta, Tortora e la lunga linea sabbiosa di Praia a Mare, qualche chilometro più a sud ci permette d’incontrare San Nicola Arcella: “ il primo nucleo di questo centro urbano risale al XV°-XVI° secolo e fu costituito da gente di Scalea che per sottrarsi alle incursioni e alle razzie dei Mussulmani si rifugiò su questo altopiano, inaccessibile dal mare e lontano dai centri abitati che erano obiettivo principale dei pirati; quando poi nel XVIII° secolo il Principe Scordia Pietro Lanza Branciforte, avendo sposato Eleonora -ultima erede degli Spinelli di Scaleadivenne il principe di tutto il feudo e alla contrada Dino fece costruire come residenza estiva il grande Palazzo, i suoi coloni -insieme con gli antichi abitanti che erano soprattutto dediti alla pesca- costruirono il primo regolare nucleo urbano, cioè il primo Casale che prese il nome di Casaletto: erano le case della corte e il nome è ancora attribuito alla parte bassa dell’attuale paese”.
Sono le parole con cui Giuseppe Guida, nel suo “Praia a Mare e territorio limitrofo” edito nel 1970, dava conto delle origini del centro altotirrenico, un’enorme bastionata a picco sul mare: ad un’altitudine media di circa 110 metri s.l.m., i 1500 abitanti di San Nicola Arcella vivono in uno dei luoghi più rinomati e fotografati dell’intero paesaggio calabrese.
Almeno nel corso dell’ultimo quindicennio, (solo per non risalire troppo nel tempo!) il piccolo Comune alto-tirrenico si è guadagnato prime pagine sulle più autorevoli riviste italiane specializzate: come non ricordare lo speciale che la prestigiosa “Bell’Italia” dedicò alla Calabria nell’aprile del 1996, o le pagine dell’ altrettanto autorevole “Meridiani” che nell’agosto del 1996 apriva con “il mare spumeggiante tra gli scogli e le spiagge della costa tirrenica calabrese, nel tratto che si allarga fra San Nicola Arcella e Praia a Mare…”; sino al numero speciale che ancora “Bell’Italia” dedicò alla nostra Regione, nell’aprile 2000, con la celebre Torre Crawford a far bella mostra di sé. Non fu un caso che quelle foto, (ma l’elenco è per difetto…) - quei ritratti in diretta dalla natura del luogo- proponevano -senza ombra di retorica- il meglio, una sorta di “The very best of…” utilizzando un termine caro alle popolazioni d’oltre Manica: ora l’affascinante insenatura del porto naturale, ora la rocca su cui svetta “Torre Crawford”, ora lo scoglio Scorzoni, ora l’antro del visitatissimo Arco Magno, ora quella seghettata linea di costa che, seguendo l’alta bastionata rocciosa, va a congiungersi con l’azzurra baia del Carpino, nel punto dove proprio la costa lascia il passo al territorio di Scalea, solo qualche centinaio di metri più a sud. “... si costeggia per oltre un chilometro, fino alla fonte del Tufo, la spiaggia aperta: poi riprende la costa con alti strapiombi tra i quali si sono aperte la strada le acque meteoriche del torrente Saracena; poi una piccola spiaggetta e nel mare un isolotto, alto una decina di metri con in cima ciuffi di erica, di mirtillo e di lentisco e poco più avanti la costa si apre con un grande arco roccioso macchiato di verde: è l’entrata alla Grotta dell’Arcomagno…il mare si restringe verso l’antro, si condensa a destra e a sinistra in un azzurro denso e passa sotto l’arco naturale a sesto quasi acuto per sfociare a slargarsi in una conca ad anfiteatro che ha sopra di sé per cupola una calotta di cielo…”. Quando l’indimenticabile Guida consegnava definitivamente alla Storia il suo personale rapporto con il territorio locale, grazie alla sua impareggiabile forza rievocativa, San Nicola appariva come un luogo al confine con la magia: roccia, sabbia e mare giocavano ( e per fortuna continuano a farlo!) in quell’ancestrale moto perpetuo fatto di colori e profumi che soltanto i mesi turisticamente meno affollati permettono di cogliere nel loro incomparabile candore. Ed ecco apparire, quasi per incanto, la celebre sorgente di acqua dolce interna alla grotta dell’Arco Magno, la cui temperatura non è molto diversa da quella che gli appassionati di montagna possono trovare sulle sorgenti in quota del Pollino o della Sila; o la mulattiera, antica via di transito tra il centro storico e le contrade periferiche; e che dire dell’accecante riflesso pronto ad abbagliare all’uscita del grande Arco. “(…) e si offre allo sguardo in tutta la sua ampiezza la spiaggia lunare di S. Nicola, un’insenatura di circa un chilometro che il torrente Canalgrande, con uno scoglio che affiora dalla sabbia, divide in due settori: a Marinedda la chiamano i sannicolesi e su di essa si affaccia beato dal poggio sovrastante l’abitato… essa comprende a sud l’insenatura naturale dell’ antico porto, protetto dalla lingua di terra su cui sorge la torre di difesa… il luogo è suggestivo e seducente e chi lo vede anche una volta lo ricorda sempre e sente nell’animo il rimpianto…”, esaltava ancora Guida. Quella baia che incanta in estate grazie al placido mare che accoglie l’ormeggio di decine di natanti, incute paura nei mesi freddi, quando i marosi appaino aggredire la muraglia di roccia. Ed eccola la Torre al cui interno Francis Marion Crawford (1854- 1909) si riparò per molti anni a gettare giù pagine su pagine di romanzi e saggi storici, prima di chiudere la sua esistenza terrena in quel di Sorrento: “e fu proprio Crawford che, novello Mosè, bucò la roccia in riva al mare e fece sgorgare l’acqua dolce della fontanella a cui attingevano i marinai”, continuava Guida. Nel 1912, dopo essere stato sotto la guida amministrativa della vicina Scalea, San Nicola ne ottenne l’indipendenza: deve al protettore e patrono S. Nicola da Tolentino il suo nome, tutto rigorosamente evidenziato nella Chiesa del caratteristico centro storico come in piccolo luogo di culto fatto erigere dai marinai nella dedicazione al porto, di cui oggi non pare vi siano tracce: “il Santo -dicono i sannicolesi- li protesse nei tempi tristi dalle incursioni e dalle razzie dei turchi e allontanò nel 1806 i francesi che volevano assalire il paese: da allora il paese di Casaletto “ebbe l’onore altissimo” -dice un illustre figlio- di battezzarsi S. Nicola Arcella”: e da qui l’etimo classico di, Arx-Arcis: un bel rifugio, insomma. L’invidiabile collocazione geografica, la storica osmosi tra ben tre distinte realtà geoantropologiche, (Calabria Citra, Lucania Ultra e cilento campano) ed il costante impegno della laboriosa comunità locale, hanno contribuito a fare di San Nicola Arcella -collocato com’è a chiosare l’imponente insenatura del Golfo di Policastro- una meta ambita di un turismo che cerca il contatto con la natura e le mille tradizioni del passato. Certo, la realtà non è più quella degli anni in cui si respirava l’inizio di un periodo storico che molti immaginavano foriero di grande avvenire: molto è stato fatto, molto resta da fare e spetta alle nuove generazioni -su tutte, quella della nostra contemporaneità- non gettare al vento la lungimiranza e l’impegno infaticabile di chi aveva intuito questo futuro. Nel rispetto degli odierni abitatori, nella custodia gelosa del paesaggio, nel ricordo delle tradizioni, ovviamente …
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Apollinea Egidio Lorito, 13-05-2005