Il regime politico su cui la democrazia si fonda è stato fortemente sviluppato dall’espressione del pensiero nelle sue varie manifestazioni: dalla primordiale libertà di stampa alle varie tecniche comunicative che si esprimono attraverso mass-media sempre più sofisticati e globali.

In questo ambito, vi è chi addìta proprio agli strumenti comunicativi una sorta di crisi -se non addirittura di morte- della democrazia stessa, paradosso, quest’ultimo, denunciato oltre trent’anni fa da Jurgen Habermas che in una ricerca particolarmente lucida, dimostrò come “la libertà si fosse affermata con il controllo borghese della politica tramite l’informazione e come tutto fosse poi entrato in crisi quando i governanti, o i gruppi di potere, si impossessarono di questi strumenti per persuadere i cittadini sulla validità delle proprie scelte”. (1
Non si sbagliava l’insigne filosofo della Scuola di Francoforte quando sosteneva, a chiare lettere, che “la sfera politica diventa la corte al cui pubblico si dispiega il prestigio e non più, invece, il luogo in cui si manifesta la critica”.(2
E’ il dilemma contemporaneo: viviamo in un regime democratico e questo va mantenuto anche con l’aiuto dei mezzi comunicazione, o -di questi ultimi- se ne può fare tranquillamente a meno? Insomma: la democrazia come sistema politico, va perseguita  “con” -oppure- “nonostante” i mass-media?
Sono ben lontani i tempi delle democrazie popolari nelle quali il leader era l’espressione del potere costituito e tutto il sistema ruotava proprio intorno a quella figura carismatica: oggi, partecipazione popolare e forme di rappresentanza sono l’essenza stessa del sistema democraticamente fondato e la società contemporanea richiede un sistema di informazione quotidiana sugli avvenimenti importanti e decisivi, tramite cui i cittadini  possono “partecipare, dibattere i problemi, esprimere il proprio parere ed assumere responsabilità dopo eventuali scelte politiche”. (3
Questo tipo di approccio al problema della rappresentanza ed al suo rapporto con l’informazione, è visto dal punto di vista dinamico: il compito della rappresentanza politica è quello di dar corpo alle continue espressioni della società civile tramite la partecipazione pubblica, come ha finemente sostenuto Robert Dahl, uno dei più autorevoli studiosi contemporanei di democrazia. (4
E se non si vuole incorrere nel pericolo dell’indifferenza e della strumentalizzazione del consenso, assistendo al dannoso agire di vere e proprie lobbies dell’informazione che tendono ad escludere i cittadini dalla vita reale di una comunità, si deve imboccare la via “di una informazione intesa come “servizio pubblico” -anche se svolto da “privati”- capace di suscitare dibattiti collettivi sui veri problemi e di canalizzare la diversità di opinioni in un confronto democratico, favorendo il formarsi di autentiche correnti di opinione pubblica” (5.
Proprio su quest’ultimo concetto il dibattito è acceso da tempo, soprattutto in considerazione del fatto che “non si è ancora pervenuti ad una definizione generalmente accettata, proprio perché il termine viene usato da diverse discipline come la storia istituzionale, quella del pensiero politico, la storia politica e le scienze sociali”(6: ma almeno dal versante che a noi più interessa -quello dell’informazione- accettiamo il concetto di opinione pubblica come “la risultanza di una serie di credenze e di impatti di fronte all’attualità, vissuti in forma dinamica da un gruppo di persone, come risultato di un processo psico-sociale”. (7
Questa giustapposizione del sostantivo “opinione” all’aggettivo “pubblica”, fa si che quest’ultimo la caratterizzi in maniera chiara sia nel momento della formazione, “nel senso che si tratta di un’opinione non individuale, ma che nasce attraverso un processo di comunicazione intersoggettiva, intesa come dibattito che porta ad un comune convincimento” (8,  sia dal versante del suo oggetto che è  -e rimane- la vita politica, quella cioè pubblica, e non la sfera privata.
L’opinione pubblica si indirizza ad esprimere meri giudizi di valore, di stampo morale o politico, facilmente influenzabili da ideali di pari tenore e soprattutto dalle emozioni e dalle passioni, motivo per cui essa, anche se sviluppata all’interno di una dinamica discorsiva, conserva sempre la sua opinabilità, nel senso che è sempre possibile dissentire da essa, che può mutare, che vi possono essere opinioni pubbliche diverse, in ambiti diversi o in contrasto nello stesso ambito.
Ce ne accorgiamo ogni giorno: l’opinione pubblica che si forma su un determinato problema è il prodotto di una soggettività comune che mai è l’espressione della verità, mai è dotata di quella rilevanza ed autorevolezza di cui si connota, invece, l’opinione degli esperti -la communis opinio doctorum- che con la loro autorità culturale e dottrinaria, imprimevano ai pareri il carattere di autorevolezza scientifica.
Nella società contemporanea, invece, “l’opinione pubblica, da valore politico capace di garantire un governo basato sul consenso, è divenuta essa stessa oggetto di analisi e di concrete ricerche empiriche attraverso la demossologia, il sondaggio statistico, il campione: quest’ultimo rappresenta, appunto, il microcosmo dell’opinione pubblica”. (9
Non è azzardato affermare come proprio dalla particolare prospettiva del rapporto tra informazione ed opinione pubblica sia possibile cogliere perfettamente il senso del profondo cambiamento in atto non solo nelle democrazie occidentali -come fenomeno geopolitico- ma soprattutto nell’ambito della stessa nozione di democrazia come fenomeno istituzionale, semiotico e sociologico. Così anche “il problema della democrazia ritorna al tipo di informazione esistente in un Paese e, in senso più ampio, alla cultura che in esso viene promossa, alla libertà dentro la quale si maturano i processi di opinione pubblica, alla disponibilità delle rappresentanze politiche di sentirsi incaricate di un servizio pubblico, rinunciando così alla tentazione di esercitare un potere personale o di gruppo”. (10
L’ambito discorsivo appena sfiorato appare tra i più delicati, perché in esso si sviluppa la relazione, spesso pericolosa, fra la genesi formativa dell’opinione pubblica e quella delle decisioni politiche, che verranno successivamente ad incidere sulla vita di una comunità, locale o mondiale che sia. Si tratta dell’ambito che ci risulta utile per osservare “che esprime un’opinione, a che, attraverso quali canali e con quali effetti”. (11
E’ questo il centro del problema, di questo annoso dibattito che espresso in chiari termini di politica della comunicazione, abbraccia tutti i versanti della c.d. società dell’informazione: se partiamo dall’idea che nei sistemi democratici l’opinione pubblica svolga il compito di influenzare la compagine governativa, chi ci assicura che non si verifichi anche il contrario, cioè che “non è detto che la classe politica non cerchi, a sua volta, di influenzare l’opinione pubblica, proprio svolgendo un compito che le è specifico, quello di organizzare il consenso?” (12. 
E’ questa una pericolosa influenza resa possibile grazie ad abili manipolazioni delle immagini, dei concetti, dei simboli, della pubblicità: e non è certo difficile assistere alla crisi dell’attuale sistema informativo, sia per la prevalenza egemone della televisione (13 ed in genere della comunicazione mass-mediale, sia per un’inadeguata crescita di altre forme comunicative essenziali alla vita umana.
  
 
Note bibliografiche.

  1. G. Dal Ferro, Mass-media e democrazia, in La Società, n. 4/96, Verona, pag. 791;
  2. J. Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, Bari 1971, pag. 239;
  3. G. Dal Ferro, op, cit. pag. 791;
  4. cfr. R. Dahl, La democrazia e i suoi criteri, Roma, 1990;
  5. cfr. R. Dahrendorf, La libertà che cambia, Roma-Bari, 1981;
  6. N. Matteucci, Lo Stato moderno. Lessico e percorsi, Bologna, 1993, p. 169;
  7. V. Rovigatti, Scienza dell’opinione pubblica, Cinisello Balsamo (MI), 1985;
  8. N. Matteucci, op. cit. pag. 169;
  9. N. Matteucci, op. cit, pag. 184;
  10. G. Dal Ferro, op, cit. pag. 793;
  11. H. Lassewell (a cura di), Propaganda, communication and public opinion;1946;
  12. N. Matteucci, op, cit.185;
  13.  Cfr. K. Popper, J Condry, Cattiva maestra televisione, 1994

 

Fondazione A. Guarasci – Mensile di cultura e attualità
Anno XX n. 12/Dicembre 2005