Proseguendo nell’analisi del concetto di informazione, non possiamo non analizzare il binomio “informazione-potere politico” che mai come negli ultimi lustri sta facendo registrare tutto il proprio peso nell’attenta opinione pubblica: parliamo, senza mezzi termini, di potere della comunicazione, ovvero del risultato di una vicenda figlia del nostro tempo, allorquando noi tutti siamo diventati consapevoli del fatto che comunicare ed informare significhi, comunque, esercitare un potere sottile ed al tempo stesso insostituibile.

Una vicenda, allora, “che nasce dal conflitto per il diritto o la libertà di comunicare e prende corpo nella lotta contro il monopolio autocratico della comunicazione, da qualsiasi agenzia o èlite fosse detenuto”.(1
Lo scenario che abbiamo innanzi è quanto mai stimolante: la comunicazione, come diritto e libertà si afferma in un’ottica che, giustamente definita “antipaternalistica” (Veca), trova nell’età contemporanea il sicuro terreno per crescere e svilupparsi;antipaternalistica, proprio perché questo diritto/libertà si è storicamente sviluppato laddove le condizioni di libertà lo hanno permesso, laddove si è verificata una riprova “tanto nota quanto elementare: non c’è (stata) èlite autocratica che non (abbia investito) investa risorse in primo luogo per monopolizzare l’esercizio del comunicare in pubblico”. (2 
Nulla di strano, allora, se oggi, a torto o a ragione, questa libertà di comunicare -pienamente intesa come un’irrinunciabile prospettiva vitale- si sia convertita in un potere, con la conseguenza -tanto cara agli studiosi del pensiero liberale- che, come ogni altro potere, questa a maggior ragione necessiti di limiti e controlli, “per dare piena e coerente giustificazione del fatto che i diritti dei cittadini non possono essere mai violati dal potere politico, il quale ha da essere un potere limitato, fondato sul consenso e sulla fiducia dei cittadini medesimi”. (3  
Passiamo, insomma, da un diritto, da una libertà, ad un potere dotato di tutte le caratteristiche per imporsi nel vasto scenario pubblico del settore che stiamo analizzando in queste riflessioni, con la conseguenza gravida di effetti molteplici che “il diritto d’informare altri in pubblico diviene, così, potere di informare e comunicare, rendendo inevitabile la questione degli usi del potere mediatico rispondenti al diritto di essere informati per cittadini nell’era del villaggio globale”. (4
Come ogni potere, anche quello mediatico reca con sé pericoli non sempre facilmente evidenziabili, con la conseguenza che “le enormi possibilità sociali e culturali dei mass-media rimangono, anche se si ingigantiscono insieme pericoli possibili, nel caso essi siano abbandonati all’uso indiscriminato dei vari potentati”. (5
E’ il classico rischio del potere senza freni, senza controlli, che lasciato in balìa di astuti ed avidi titolari, possa facilmente deviare dai binari lungo cui dovrebbe essere obbligato a muoversi: in una parola, per dirla con Montesquieu, “occorre che il potere freni il potere”. (6
Nella storia del pensiero liberale, chi ha dato vigore al problema appena evidenziato è stato sicuramente Von Hayek: nella sua lunga parabola di scienziato della politica, di autore incontrastato nello scenario liberale, il filosofo viennese ha inteso parlare di libertà “sia nel senso spirituale, intellettuale e culturale (libertà di pensiero, di parola, di stampa), sia nel senso socio-economico (libertà di azione)” (7, evidentemente considerando la prima forma come l’espressione tipica dello spirito di ogni uomo, della sua formazione interiore, personale e particolare. E proprio su questo versante, oggi siamo in grado di analizzare gli aspetti più tecnici -dal punto di vista della teoria generale- dell’annosa questione della libertà di manifestazione del pensiero: libertà che sempre più si incardina nei processi formativi, nel tipo del sistema presente in una data realtà geografica. Come non aderire alla tesi che vede l’informazione come una sorta di arma a doppio taglio, ora a favore ora contro i potenti di turno: in questo costante rapporto tra potere politico, informazione, mass-media, questi ultimi “non solo possono manipolare ed orientare a breve termine le scelte democratiche: possono anche costruire, a medio e lungo termine, un tipo di uomo su propria misura, attraverso l’azione incisiva sulla cultura e sulle relazioni”. (8 
Ma allora, è il potere politico che crea l’informazione oppure è quest’ultima che possiede la forza -non diciamo proprio per creare- ma almeno per plasmare il primo a proprio piacimento?. Oggi tutto ruota intorno alla comunicazione, “intendendo genericamente per “comunicazione” tanto un trasferimento di informazioni codificate (…) da un soggetto ad un altro, mediante processi bilaterali di emissione, trasmissione, ricezione, interpretazione;quanto una relazione sociale nel corso della quale due o più soggetti arrivano a condividere particolari significati(…)”. (9
E pur non volendo addentrarsi nel cuore dell’articolato problema (10, non possiamo non aderire alla tesi di chi “vede il sistema sociale comunicativo caratterizzato dall’interazione di vari flussi comunicativi presenti in una società, quali la comunicazione intersoggettiva (…), la comunicazione istituzionalizzata (…), la comunicazione mass-mediale (…)” (11, tesi questa che sostiene come il processo comunicativo invada la vita umana in modo capillare, istituzionalizzando i processi culturali sino a quelli politici, ed in genere quelli detentori di ogni forma di potere organizzato. 

 

Note bibliografiche.

  1. S. Veca, La Tv: tra dispotismo e coscienza, in Carlo Maria Martini, Dialogo con il televisore, 1993, pag. 155;
  2. S. Veca, op.cit. pag. 155;
  3. G. Bedeschi, Storia del pensiero liberare, Bari, 1990, pag. 6;
  4. S. Veca, op. cit. pag. 156;
  5. G. Dal Ferro, Mass-media e democrazia, in La Società, n. 4/‘96, Verona, pag. 791;
  6. Sul punto, G. Bedeschi, op. cit. pagg. 72 e ss;
  7. G. Bedeschi, op. cit. pag. 331;
  8. G. Dal ferro, op, cit. pag. 795;
  9. L. Gallino, Voce: Sociologia della comunicazione, in Dizionario di Sociologia, Torino, 1983;
  10. Si rinvia a: A.Cavicchia Scalamonti-G. Pecchinenda, Sociologia della Comunicazione, Cues, Salerno, 1999;
  11. G. Dal Ferro, op. cit. pag. 795.

“Fondazione A. Guarasci – Mensile di cultura e attualità”       

Anno XXI- n. 01/Gennaio 2006