“Non potrei indicare la data del giorno in cui vidi per la prima volta la neve. Ma il momento si. Ero bambino, all’asilo di Lavis, forse avevo quattro anni. Quel mattino le nubi erano alte nel cielo, vedevo solo nubi, le rocce della Paganella e gli alberi del giardino, poi le nuvole si abbassarono a toglierci ogni visione. Improvvisamente un’onda plumbea parve attraversare la valle come un segno di immensa potenza, ebbi paura, tutti eravamo impauriti, forse anche le suore che presero a correre in mezzo a noi bambini, gridandoci di stare fermi. Dopo alcuni minuti il vento si placò e nell’aria vedemmo dondolare foglioline bianche: la neve! Allora cominciammo a correre a braccia alzate con le mani protese verso l’alto, fu subito aria di festa e questo è il ricordo della mia prima neve”.

Pochi impersonano, ancor oggi, la passione e l’amore per la montagna (e la neve…) come Rolando Marchi, perché “Rolly” -il nome con cui è universalmente conosciuto- è da molti anni un’icona di quel mondo fatto di contemplazione, salite e discese, fotografie, libri, passioni, mondanità ed impegno benefico: di quel mondo che ruota attorno a quelle superbe elevazioni che sono le montagne. E non solo alle sue impareggiabili Dolomiti: anni fa, quando lo intervistai per una mia fortunata rubrica giornalistica, esordì con un augurante  “ah la Calabria: voi avete la Sila…”: conosceva così bene l’altopiano bruzio da “meritarsi” un’affettuosa menzione nel mio “Tracce di Calabria”, quando inserii il suo nome in un ristretto gruppo di aficionados.
Quando  ci siamo incontrati di recente a Milano, alla vigilia del suo novantesimo compleanno, mi ha accolto nella sua casa-museo di Corso Garibaldi: museo nel senso che ogni angolo trasuda di montagne: cime appuntite, pareti vertiginose, comignoli, vette immacolate, tutte accomunate da uno speciale amore, da quel sentire comune che rende la montagna amica affettuosa, la vetta dolomitica come la cima appenninica. Nato a Lavis, otto chilometri da Trento, il 31 maggio 1921, dopo aver frequentato il liceo “Prati” a Trento ed essersi laureato in Giurisprudenza a Bologna, Rolly ha iniziato una fantastica avventura scandita dal ritmo della montagna e di quella soffice coltre bianca che vi si deposita sopra: ha fatto la guerra nei Granatieri di Sardegna, è stato ferito in combattimento, decorato, fatto prigioniero in Africa, primo ufficiale a tornare a Trento con le truppe Alleate nel maggio 1945, come ha raccontato nel  romanzo “Il silenzio delle cicale”, recensito in modo lusinghiero da Indro Montanelli. Ha iniziato a raccogliere ed avviare allo sport ragazzini smarriti, orfani, radunati poi da un sacerdote, don Ziglio, in una Casa di Rieducazione: già nel 1939 aveva fondato a Trento la sua prima società sportiva, il Gruppo Sportivo Cesare Battisti, tuttora attivo, esperienza da cui è nata nel gennaio del 1950 anche la 3-TRE, gara di sci che allora si disputava intorno a Trento. Appunto 3-TRE: discesa libera sulla Paganella, slalom speciale a Serrada e slalom gigante sul Monte Bondone: oggi si disputa durante le vacanze di Natale a Madonna di Campiglio ed è una delle tappe più esclusive, tra sport e mondanità, del circuito della Coppa del Mondo di Sci. Fondatore di Scuole di Sci, il suo successo più importante è legato all’invenzione, con il fraterno amico Mike Bongiorno, del Trofeo Topolino, divenuto  in pochi anni la gara per ragazzini più importante del mondo: da quella fucina sono passati nomi del calibro di Arnold Senoner, Helmuth ed Eberhard Schmalz, Teo Fabi, Gustav Thoeni, Ingmar Stenmark, Piero Gross, Mark Girardelli, Pirminn Zurbriggen, Alberto Tomba, Claudia Giordani, Deborah Compagnoni, Ivica Kostelic, Isolde Kostner.
Poi la prima gara di KL -il Kilometro Lanciato- sul Monte Bianco a Courmayeur, manifestazione diffusasi nel mondo intero, lo Slalom Parallelo di Natale al Passo del Tonale nel 1974, sino al progetto della sfida della Coppa America di vela:  fu l’avvocato Agnelli, entusiasta, a concedergli il primo finanziamento di 600 milioni di lire. Ha legato alla sua corda Dino Buzzati, indimenticabile amico, per scalare la Croda da Lago, l’ultima ascensione dello scrittore bellunese nel 1966 e suoi compagni di cordata sono stati, negli anni, Cesare Maestri, Walter Bonatti, Bepi De Francesch e il celebre Manolo, in coppia nel 1995, sulla Punta Fiammes a Cortina.

Giornalista e scrittore di lungo corso, apprezzato per le doti tecniche e poetiche, può vantare di essere il solo inviato al mondo ad aver seguito tutti i Giochi Olimpici Invernali dal 1948 a oggi: con quelli estivi siamo a 21. Fu Gianni Brera, letto un suo spiritoso articolo pubblicato su un numero unico dell’Università, ad invitarlo alla Gazzetta dello Sport dove ha scritto fino al 1956 per poi passare a Il Giorno;attualmente scrive sulla pagina culturale de Il Giornale. L’autore di questo articolo non finirai mai di ringraziarlo per avergli permesso di scrivere, di Calabria, sulle pagine de La Buona Neve, rivista patinata che nasce nella sua Cortina.  Nel 1957 si è rivelato come scrittore vincendo con il suo primo racconto il Premio St. Vincent: poi ha pubblicato quattro romanzi -Un pezzo d’uomo (Longanesi, 1967), Le mani dure (Vivalda, 1996), Ride la luna (Mursia, 1979) e il Silenzio delle cicale (Dolomia, 1995)- e due libri di racconti, Il tram della vita e Neve per dimenticare (Dolomia, 1995). Ride la luna è stato premiato al Campiello mentre Le mani dure ricevette un Premio-Coni. Nel dicembre 1997ha dato alle stampe Parole bianche, una raccolta di articoli e ritratti pubblicati nei dodici mesi precedenti su La Gazzetta dello Sport, Il Giornale, Il Gazzettino e alcuni periodici. Nel2000 Mondadori ha pubblicato il romanzo “E ancora la neve”, libro che ha ottenuto un lusinghiero successo e nel 2006 ha pubblicato “Se non ci fosse l’amore” (Gruppo Editoriale il Saggiatore): tredici racconti, un mondo intero conservato nella scatola del tempo: un mondo popolato di personaggi che affollano la scena con le loro storie di vita;alcuni conservano i tratti della realtà, come Dino Buzzati -amico e maestro dei tempi lontani- o sua madre Emma, riferimento costante nella sua vita. Leggeri e malinconici, lucidi e tesi, questi racconti delineano un affresco multiforme di storie vicine, disvelano l’animo di gente solo all’apparenza comune. Storie d’amore, di avventura, di tenerezza, di incontri fortuiti che d’improvviso cambiano per sempre il corso delle cose. Sport, cultura, mondanità: non poteva mancare l’impegno benefico se è vero che nei primi mesi del 1998 Rolly ha preso a cuore l’iniziativa di trovare i fondi necessari alla costruzione di un ospedalino a 4850 metri di quota per i 13.000 nomadi del Tibet che da secoli vivono soltanto in tende e sopravvivono di pecore, yac, vendendo sale. L’operazione, come si dice, è andata in porto in breve tempo: l’ospedalino, dedicato a Fosco Maraini, è stato inaugurato il 7 giugno 1999. Nel 2004ha avuto l’idea di realizzare a Skardu, in Pakistan, un piccolo museo destinato a ricordare nei secoli il successo degli alpinisti italiani sul K2, il 31 luglio 1954. L’iniziativa, accolta subito con favore dal Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, dal Ministro Gianni Alemanno e dal presidente dei parlamentari italiani della montagna Gianantonio Arnoldi, è stata realizzata e il museo è stato inaugurato il 2 agosto alla presenza anche di alte autorità del Pakistan.
E’ persino riuscito a portare la neve nel cuore di Milano con“Milano Montagna 2000”, per celebrare la storia dei monti, in concomitanza con l’arrivo del terzo millennio: un successo! Nel 2001il Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, lo ha insignito del Collare di Commendatore della Repubblica;l’anno dopo il Comitato della Comunità Walser di Macugnaga, in Piemonte, gli ha assegnato la prestigiosa Insegna di San Bernardo, premio che viene dato a uomini che abbiano operato con amore e successo per la montagna, la sua gente e lo sport: nell’occasione fu ufficialmente definito “Decathleta della Vita”.
Per tutto questo e per molto altro ancora, tre anni fa, per omaggiare la montagna, nostra passione comune, l’ho invitato a presentare il suo ultimo romanzo nel corso della rassegna culturale “Praia, a mare con…”: il pubblico intervenuto, dopo aver ascoltato l’ennesima dichiarazione d’amore per i suoi monti, gli aveva omaggiato un caloroso tributo: gente di mare ad un fiero uomo di montagna! Lo stesso affettuoso tributo che ora gli rivolgo io dalle pagine della nostra Apollinea, rivista che ho visto campeggiare a casa sua, tra le splendide immagini delle sue Dolomiti. Bella soddisfazione…