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Il viaggio del docente di filosofia nella cultura calabrese

“Nel licenziare alla stampa il mio “Ritratto di Calabria. Uomini, evi ed eventi” (Rubbettino, 2001), ritenni di dedicare il mio lavoro, in particolare, ai giovani di Calabria, nell’auspicio che la memoria del passato e la lezione del presente suscitassero nei loro spiriti una nuova inquietudine, per una salutare provocazione o -meglio ancora- per una responsabile sfida (…)”.
Incontro Francesco Sisinni nella sua Maratea, avvolta da una nebbia primaverile, con un trasporto sempre particolare, ogni volta che capita di confrontarmi con uno dei massimi estetologi contemporanei, oggi come nell’estate del 2005 quando, aprendo la prefazione al mio “Tracce di Calabria”,  mi guidò in quel “viaggio alla ricerca della Calabria del sogno perduto”, attraverso la millenaria tradizione storica delle nostre comuni origini.  Oggi,  una nuova  “lectio magistralis” permette di capire meglio il senso di un viaggio a ritroso nel tempo, alla ricerca dei momenti più esaltanti della millenaria storia calabrese, tra origini e grecità, ellenismo e complesse stratificazioni culturali.

Docente di Filosofia Estetica presso la Lumsa di Roma -ateneo che lo ha visto dirigere per un decennio il Master di secondo livello in Studi storico-artistici e di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e dell’ambiente- Sisinni ha indissolubilmente legato il proprio nome e la propria attività professionale ai beni culturali: nel 1974, infatti, il Ministro Giovanni Spadolini lo chiamò a collaborare alla creazione del nascente Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, divenendo così il primo segretario generale del Consiglio Nazionale e poi il Direttore Generale per circa vent’anni;  cultore della lingua italiana e “Dantista”, fa parte degli esperti della “Lectura Dantis” Scaligera, Classense, Florentina e Romana ed è Consigliere Centrale della Società Dante Alighieri; è stato nominato da Papa Giovanni Paolo II membro della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa nel mondo. Presidente dell’“Academia Cardinalis Bessarionis”, è socio di numerose Accademie ed istituti culturali nazionali ed internazionali, tra cui l’Accademia Nazionale di San Luca, l’Accademia Nazionale Virgiliana di Mantova, l’Accademia Nazionale di Palermo, l’Accademia Petrarca di Arezzo, l’Accademia dei Georgofili di Firenze, il Centro Nazionale di Studi Manzoniani di Milano,  l’Arcadia, la Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali l’International Council of Monuments and Sities. Tra le sue innumerevoli pubblicazioni, almeno afferenti al tema della nostra conversazione,  ricordo  “Alla festa di Olimpia. Storia del bello, dell’arte e della tutela”,  “Riflessioni sulla bellezza”, “La bellezza venuta dal mare”, “Ritratto di Calabria. Uomini, evi ed eventi”, “I Beni Culturali per lo sviluppo di Napoli”, “La Lucania e il suo patrimonio culturale”. 
Professore, almeno due Suoi saggi guardano alla Calabria, a partire dal Suo “Ritratto”… 
“Pur pubblicato ormai sedici anni orsono, quel saggio è più attuale che mai! Volevo offrire, anzitutto, un’occasione di nuova riflessione, auspicabilmente proficua, sulla realtà di una Regione, la cui complessità si misura nella molteplicità e varietà delle sue peculiarità e vocazioni ma, anche, dei suoi remoti e recenti problemi e la cui profondità si scandaglia negli abissi di una civiltà antica che, tuttavia, non ha mai cessato di rinnovarsi. E’ vero, si è trattato di un rinnovamento a volte tardo ed appena percettibile, frammentario e discontinuo sia nell’intensità sia nella tensione: peraltro, non solo in Calabria, ma in gran parte dell’Italia meridionale, lo svolgimento storico s’identifica, quasi sempre, in un viaggio lento, un andar piano che, tuttavia, risparmia a chi lo compie le alienazioni delle civiltà convulse, come i riti assurdi di dispotismi consumistici, paludati di tecnologia o, addirittura, di scienza. E non v’è dubbio che questa sorta di andar piano agevoli l’appropriazione spirituale del paesaggio e procuri spazi imprevedibili alla mente ed al cuore, ovvero alla speculazione intellettuale ed alla creatività estetica. Si ripete da anni -ed a ragione- che in Italia e soprattutto in Calabria, natura e cultura rappresentino le carte utili da giocare: sappiamo bene che il gioco può essere rischioso, quando si immette sul mercato degli affari -quasi fosse merce comune-  ciò che invece appartiene al mondo dei valori e perciò al profitto dello spirito. Ma qui le garanzie non mancano: le radici sono forti e la Calabria non cessa di essere la patria della profezia gioachimita, come della poesia dell’asperos, del bianco, e sappiamo parimenti bene che proprio per tali ragioni, qui, più che altrove, la valorizzazione del patrimonio fino alla promozione anche economicamente proficua, non può non passare che nella responsabile tutela dello stesso. In Calabria, infatti, la natura si fa un tutt’uno con la cultura ed entrambe - immedesimandosi l’una nell’altra - configurano quella complessa realtà territoriale, che se da sempre è tormentata da fenomeni geosismici ed è anche , ininterrottamente, disegnata da eventi storici, tant’è che quanto oggi ci appare altro non è che il risultato delle vicende secolari, naturali ed umane”.
Spettacolari foto del paesaggio ed immagini sacre, evidenze archeologiche e grandi strutture che la proiettano nel futuro.
“Un territorio non solo morfologicamente vario da luogo a luogo, ove il paesaggio ubertoso mediterraneo confina e convive con quello arido, africano, ma anche complesso e mutevole da sponda a sponda, compreso com’è in un perimetro vasto e variegato, segnato da coste e spiagge, che si succedono, quasi rincorrendosi, dal terminale del Golfo di Policastro al Golfo di Sant’Eufemia e da questo al Golfo di Gioia Tauro, che si conclude a sud, protraendosi nel mare, in una sequenza di sorprese con la mitica Scilla, per risalire verso il Golfo di Squillace fino a quello di Taranto. E nel loro ambito, ecco l’omerica Costa Viola e poi del Bergamotto e del Gelsomino e dal Mar Tirreno -che ha ancora promesse per l’archeologia-  al Mare Jonio che invece celebra, da tempo, la sua radiosa epifania di testimonianze. E dentro questa superba cornice, che si fa balcone ed approdo al mare di Ulisse e di Enea, le montagne -dal Pollino all’Aspromonte, alla Sila- i piani e gli altipiani e i valloni erosi dalle fiumare, le valli e le colline, ora aspre ed aride, ora variopinte di erbe e fiori, costituiscono uno scenario quasi sempre bello e sovente sublime, in cui si insinuano e si perdono i fiumi sfocianti nel Tirreno e nello Jonio”.
Belle immagini, non c’è che dire! Ma la Calabria è vittima di ogni sorta di aggressione ambientale!
“Come negare che non sempre gli uomini sono stati i pazienti costruttori del proprio paesaggio o gli accorti ricercatori delle testimonianze della propria civiltà! Anche la Calabria ha vissuto gli anni tragici dello scempio ambientale: quelli compresi tra il 1950 ed il 1970 hanno registrato, da un canto, un rilevante deficit demografico, dovuto allo spopolamento di interi borghi per l’emigrazione al nord Italia e in Europa e, dall’altro, l’esplosione di benessere, spesso solo materiale ed effimero, che ha cercato di attestarsi in un frenetico costruire, che non ha risparmiato persino le suggestive coste, come le immacolate cime delle montagne ed i delicati bacini dei fiumi”.
A proposito: con “La bellezza venuta dal mare” Lei evocò scenari di raro fascino.
“Com’è noto, la bellezza, dall’antica patria, venne a Roma dal mare e Roma la restituì al mondo attraverso il mare, il Mediterraneo; è noto che già dall’VIII secolo a.C., sulla scia dei mercanti dell’età minoica e micenea, erano giunti dalla Grecia sulle nostre sponde, artigiani e trafficanti che si erano stabiliti negli emporia: i greci, consolidata tale loro presenza, si diedero a costruire le poleis, destinate ad espandersi ed affermarsi economicamente e culturalmente. I coloni greci finirono col fondersi con le suddette comunità, dando origine a quella meravigliosa fioritura italiota che portò all’avvento di una classicità capace di competere per maturità e raffinatezza con la madre patria. In Grecia, i filosofi cercarono, innanzitutto, l’unità nella molteplicità, come principio d’ordine del mondo e di conoscenza dell’uomo; quindi, trasferirono la ricerca dell’unità dal mondo all’uomo, successivamente affinandola nella conoscenza dei rapporti tra l’uomo e l’essere, come soggetto e valore, tra l’uomo e l’uomo, come condotta di vita, tra l’uomo e Dio, come ascesi alla perfezione assoluta. E a tal proposito come non ricordare che la Calabria, come la mia terra Lucana, è stata due volte greca: ellenico-ellenistica e bizantina.
Calabria e ancora Calabria…
“Di recente ho promosso un congresso di studi sulla civiltà bizantina nel Mezzogiorno d’Italia che ha visto, accanto ai più noti bizantinisti -da Vera von Falkenhausen e Cosimo Damiano Fonseca a Concetta Bianca, Filippo Burgarella e Onorato Bucci- numerosi studiosi calabresi che hanno contribuito,  tra l’altro, a definire meglio la celebre Eparchia del Mercurion, al confine di Basilicata e Calabria: unità culturale senza confini per origini comuni…”.
                                                                                                                                             
Cronache delle Calabrie, p. 18                        Egidio Lorito, 13/04/2017