La Calabria di Alvaro - Riletta dallo storico Giuseppe Galasso

La linea di ricerca è sempre la stessa ma credo meriti di essere seguita. Da anni -e le pagine di Apollinea ne sono fedeli testimoni…- mi ostino a riproporre il pensiero di illustri intellettuali che, pur rigorosamente non calabresi, avevano fatto proprio della nostra regione una sorta di seconda patria, quasi “eleggendovi domicilio” per alcune argute riflessioni. Ormai sono diventati miei ideali compagni d’avventura Guido Piovene, Giuseppe Berto, Cesare Pavese, Vanni Scheiwiller che calabresi non lo erano nemmeno lontanamente salvo, poi, innamorarsi di questa terra appena vi misero piede per i motivi più disparati: addirittura, Berto avrebbe scelto di farsi seppellire nella “sua” Capo Vaticano, dopo donchisciottesche battaglie in difesa di uno dei promontori più belli al mondo.

Pur non citando i grandi viaggiatori mittleuropei che tra il XVIII ed il XX secolo scelsero la Calabria come meta del tradizionale Bildungreise -quel viaggio di istruzione e formazione tipico delle classi agiate e colte delle società europee- l’attenzione mi viene immediatamente attirata da una recente pubblicazione di un insegne storico meridionale, uno di quei Maestri che hanno fatto grande il Mezzogiorno d’Italia con il proprio insegnamento accademico, con la ricerca, con lo studio mai disgiunto da un puntuale intervento sul campo. Giuseppe Galasso incarna, oggi, la figura del poderoso storico moderno, dell’intellettuale meridionale, del fine accademico: Emerito dell’Università Federico II di Napoli, con docenze anche a Cagliari, Napoli Suor Orsola Benincasa e Salerno -dove sarebbe stato tra gli animatori della prestigiosa “Scuola storica salernitana”, al fianco di personalità quali Gabriele De Rosa, Aurelio Musi, Antonio Cestàro,  Giuseppe Imbucci, Pietro Borzomati, Adriana Di Leo, Luciano Osbat, Augusto Placanica e Antonio Guarasci che ai calabresi qualcosa dovrebbe pur dire…- Accademico dei Lincei, già presidente della Biennale di Venezia e promotore della “Legge Galasso” per la tutela del paesaggio.Una sua recente pubblicazione -Calabria, paese e gente difficile. Prospettive storiche, geografiche e sociali, Rubbettino, 2015- ha di recente approfondito tratti già noti alla pubblicistica sino a farne emergere altri del tutto inediti, nell’ottica di una sistematizzazione di una gran mole di lavoro, per come ricorda lo stesso Autore nel sottolineare come siano “raccolti in questo volume una serie di lavori ai quali nel corso di un ormai lungo tempo mi è occorso di attendere: la varietà delle occasioni si è molto tempestivamente innestata, peraltro sull’interesse che per la Calabria -per la sua realtà storica, per la sua amplissima problematica umana e civile, per il suo straordinario e suggestivo ambiente naturale, di cui il paesaggio dà tanto spesso una così affascinante visione, e per altri, molti e non meno rilevanti motivi- ebbi modo di concepire precocemente nella mia esperienza personale ed intellettuale”.
Il titolo del saggio non è una costruzione editoriale o una trovata scontata: è, invece, una definizione che diede, della sua terra, un calabrese emblematico e significativo quale fu Corrado Alvaro: non era un giudizio assolutamente negativo, sia chiaro; la celebre definizione del sommo poeta e scrittore di San Luca si riferiva, da un lato, alla profonda specificità della storia plurimillenaria di un paese e di una gente il cui incoercibile, geloso senso della propria individualità non ha mai impedito le più ampie aperture al mondo vicino e lontano; dall’altro, si riferiva alle interne tensioni, conflitti, confronti, sfide, pulsioni, ricerche di egemonie o di equilibri e connesse utopie e violenze che costellano anche oggi la vita della penisola calabrese. E di questa lunga storia, Giuseppe Galasso presenta una ben organizzata sintesi,
Ebbene, sottolinea Galasso come sia “paese e gente difficile” che  “Calabria amara” -quest’ultima altrettanto celebre definizione di un altro grande intellettuale quale Leonida Repaci- rappresentino “definizioni di calabresi che non nascono da un distacco interiore dalla terra natale, bensì da una partecipazione intensa e sofferta della sua vicenda storica e umana”. Dunque, un’analisi diretta non a dimenticare le proprie origini, quasi a collocarle nel cassetto della memoria, quanto, invece, ad utilizzarle come grimaldello per ogni futura forma di redenzione. E così, eleggendo a guide e compagni di viaggio personalità contemporanee come il geografo ravennate Lucio Gambi (1920-2006), lo storico catanzarese Augusto Placanica (1932-2002) ed una personalità più datata come il presbitero e poeta di Acri Vincenzo Padula (1819-1893), Galasso compie una mirabile escursione spazio-temporale, diretta a sovvertire le concezioni negative stratificate in almeno centocinquanta anni di immagine negativa il tutto con “un inconfutabile e urgente bisogno umano e sociale: l’alternativa è nel continuare a sentirsi o temere di essere sentiti come una <<vil razza dannata>>, che è lo stereotipo ricorrente da tempo e tempo nella coscienza e nell’identità calabrese…”.  Lo speriamo, finalmente…                                

 

Apollinea.  Rivista Bimestrale del Territorio del Parco Nazionale del Pollino
Anno XXI, numero 1 / Gennaio / Febbraio 2017   

Praia a Mare, 12/01/2017                                                                          Egidio Lorito