Arrestati 12 capi ultrà. Per la Digos si tratta di una “capillare strategia criminale”

Dodici capi ultrà della curva Sud della Juve, quella del tifo più estremo, sono stati arrestati a conclusione di un’indagine condotta dalla Digos di Torino. Ieri mattina, al culmine di una lunga e complessa azione condotta dal “Gruppo criminalità organizzata” della Procura torinese, l’operazione “Last banner” ha portato al fermo una dozzina di leader degli storici gruppi del tifo organizzato che animano la curva dell’“Allianz Stadium”: dai Drughi ai “Viking”, dal “Nucleo 1985” a “Tradizione”, il tifo organizzato bianconero è stato letteralmente  squassato dall’inchiesta alla cui base ci sarebbe un presunto accordo tra i gruppi-ultrà della curva finalizzato a sottoporre a  “controllo militare” lo spazio dedicato a cori e coreografie. Destinatari di provvedimenti cautelari in carcere sono stati Dino Mocciola, storico capo dei Drughi, Salvatore Cava, Domenico Scarano, Umberto Toia, leader di Tradizione, Luca Pavarino, Sergio Genre, mentre Fabio Trincchero, Giuseppe Franzo, Christian Fasoli, Roberto Drago risultano ristretti ai domiciliari, mentre all’obbligo di dimora risultano Massimo Toia e Massimo Corrado Vitale: tutti dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata.

A coordinare l’inchiesta il procuratore aggiunto Patrizia Caputo, coordinatore del “Gruppo criminalità organizzata” ed il sostituto Chiara Maina che, raccogliendo le risultante istruttorie, hanno praticamente accertato come i capi dei gruppi storici del tifo juventino avessero costituito una vera associazione a delinquere finalizzata a ricattare esponenti della società bianconera al fine di continuare ad ottenere biglietti a titolo gratuito o comunque a condizioni agevolate per le partite casalinghe allo “Stadium”, gestendo, del tutto indisturbati, il bagarinaggio degli  stessi biglietti, tramite il fenomeno del c.d. “secondary ticketing” sempre più al centro delle attenzioni delle autorità istituzionali del calcio.
Tra gli arrestati spicca Dino Mocciola, dominus dei “Drughi”, finito in carcere già  all’inizio degli anni Novanta con l’accusa di omicidio di un carabiniere nel corso di una rapina e tra i presunti responsabili delle infiltrazioni della ‘ndrangheta nello stesso settore dello stadio della Juventus, nella cui abitazione la Polizia ha rinvenuto e sequestrato finanche un bassorilievo di Mussolini: a seguirlo dietro le sbarre il fidato Salvatore Cava, il capo del gruppo “Tradizione” Umberto Toia ed il leader dell'associazione “Quelli di via Filadelfia Beppe Franzo. Ben 35 sono state le perquisizioni eseguite in Piemonte a carico di altri gruppi del tifo organizzato che si sommano ad altre 39 lungo l’intero territorio nazionale, coordinate dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, in collaborazione con le Digos di Alessandria, Asti, Como, Savona, Milano, Genova, Pescara, La Spezia, L’Aquila, Firenze, Mantova, Monza, Bergamo e Biella. A far detonare l’inchiesta fu la stessa società bianconera che un anno fa denunciò il sistema di ricatto cui era sottoposta da tempo dai suoi stessi ultrà: al termine della stagione 2017/2018 erano stati interrotti i rapporti privilegiati con i gruppi ultrà che avevano a loro volta reagito scatenando cori e comportamenti antisportivi diretti a procurare, dolosamente, danni alla Juventus, sistematicamente sottoposta a onerose multe e diffide da parte degli organismi istituzionali del calcio. Per il dirigente della Digos Carlo Ambra, si tratta di una “capillare strategia criminale” che non si fermava neanche innanzi ai bambini in compagnia dei propri genitori, tutti allontanati con violenza dallo stadio, rei solo di aver occupato posti riservati ai capi-ultrà. 
Egidio Lorito  “Libero” / Attualità                                     16/09/2019