L’ex presidente della Corte costituzionale spiega qual è la vera posta in gioco del prossimo appuntamento alle urne. Forte della sua cultura giuridica, sgombra il campo da equivoci e argomentazioni pretestuose. Per poi concludere: <<Che il Governo si rafforzi o che vada in frantumi in conseguenza di questo referendum , mi sembra una balla>>

«Non c'è alcun principio supremo della Costituzione che impedisce di ridurre i parlamentari nella misura proposta dalla legge.
Quindi, pur senza grande passione e trasporto, al referendum voterò per il "Sì"
».

Nelle parole di Antonio Baldassarre si avverte tutto il peso della solida cultura giuridica che si manifesta attraverso toni pacati ed aplomb tipicamente anglosassoni. Non a caso, ad appena 45 anni venne indicato a ricoprire -uno dei più giovani della storia repubblicana- la funzione di giudice costituzionale: nominato dal Presidente della Repubblica Cossiga nel 1986, rimase in carica sino al 1995 (redigendo ben 400 sentenze), quando venne nominato Presidente del supremo organo di garanzia costituzionale, e rimanendo in carica tra il febbraio ed il settembre di quell’anno. Cattedratico a 29 anni, ha insegnato Diritto Costituzionale presso le Università di Camerino e Perugia, divenendo professore ordinario presso la Facoltà di Giurisprudenza della Libera università internazionale degli studi sociali Guido Carli (Luiss) di Roma, di cui è stato anche vicepreside.  La sua è, ovviamente, una voce autorevole nel dibattito costituzionale italiano e Panorama.it ha conversato con lui a meno di due settimane dall’appuntamento referendario previsto per il 20 e 21 settembre ed indetto per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale dal titolo “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”. Si tratta del quarto referendum confermativo nella storia della Repubblica.
Ricordiamo che il testo di legge, approvato in via definitiva dalla Camera l’8 ottobre dello scorso anno, prevede il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: da 630 a 400 seggi alla Camera, da 315 a 200 seggi elettivi al Senato. Originariamente previsto per il 29 marzo 2020, il referendum è stato rinviato al 20 e 21 settembre a seguito della pandemia di Covid-19.  
Professore Baldassarre, da Presidente Emerito della Corte Costituzionale, il suo è un punto di vista assolutamente privilegiato.
<<Non è detto! In realtà contesto che un costituzionalista possa avere una posizione privilegiata, perché sinceramente, non vedo principi supremi della costituzione che possano opporsi al merito di questo referendum, e cioè la riduzione dei parlamentari al numero previsto>>.
Un’affermazione che farà scalpore.
<<Si tratta di una scelta essenzialmente politica relativa alla funzionalità del Parlamento, che se ha una rilevanza costituzionale, tuttavia in relazione ai numeri di cui parliamo non crea alcun problema a riguardo >>.
Presidente, ci lascia sbalorditi. Vuole dire che il referendum si collocherebbe sostanzialmente sul crinale politico piuttosto che su quello della teoria costituzionale pura!
<<Esattamente: con il prossimo referendum la scelta sarà essenzialmente politica. Si è affermato a torto, ad esempio, che la funzionalità del Parlamento verrebbe ridotta o addirittura negata: faccio presente che esistono Parlamenti che attualmente possiedono una composizione numerica analoga rispetto a quella che avrebbe il nostro dopo la riforma. Ricordo il tradizionale principio formulato da Luigi Einaudi, che è stato il più grande intellettuale liberale italiano del Novecento, oltre che primo Presidente della Repubblica: ebbene, per l’economista piemontese, gli organi collegiali con ridotto numero di membri avrebbero funzionato meglio rispetto a quelli con numero maggiore: e non aveva per niente torto!>>                
Professore, il suo pensiero arriverà ad addetti ai lavori e cittadini della porta accanto: vogliamo semplificare?
<<Si mira alla riduzione numerica del nostro Parlamento: la Camera di Deputati passerebbe dagli attuali 630 deputati a 400, mentre il Senato da 315 scenderebbe a 200. Sottolineo che il Congresso degli Stati Uniti d’America, ovvero l’organo legislativo della più importante democrazia liberale, ha un numero di membri pari a 535 deputati, sommando i 435 della Camera dei rappresentanti ed i 100 del Senato: quindi inferiore al numero che potrebbe avere il nostro nuovo Parlamento. E non dimentichiamo che i congressisti nordamericani sono chiamati a rappresentare ben trecento milioni di cittadini americani!>>
Abbiamo invaso il terreno della comparazione costituzionale…
<<Era il mio obiettivo. Gli studiosi di diritto costituzionale comparato sanno bene che il Congresso americano è, tra tutte le assemblee parlamentari delle democrazie occidentali, quello politicamente più forte. E’ vero che esiste in America una diversa intelaiatura costituzionale che favorisce questo risultato, e tuttavia ciò prova che un Parlamento con numero più ridotto rispetto a quello attuale italiano ed addirittura inferiore a quello previsto dal referendum, possa avere un peso politico forte>>.

C’è chi ha parlato di violazione del principio di rappresentanza?
<<Anche questo problema non sussiste: ricordo ancora che nel Paese in cui è stato inventato il parlamentarismo, ovvero la Gran Bretagna, vige un sistema elettorale basato su collegi uninominali che sistematicamente non garantisce la rappresentanza dei partiti minori: cioè, ad essere rappresentati sono soltanto i partiti che vincono nei collegi, che sono maggioranza sul territorio. E solo per questo aspetto potremo mai affermare che in Gran Bretagna viene violato il principio della rappresentanza, e che non c’è democrazia? Insomma, gli argomenti addotti in senso contrario mi sembrano assai deboli>>.               
Professore, ma allora non è vero che non è appassionato al referendum?
<<Mi sorprendono le contraddizioni dei fautori del “No”. Si dice, ad esempio, da parte di costoro che anziché ridurre il numero dei parlamentari, sarebbe stato meglio eliminare una Camera e passare al monocameralismo. Si tratta di un argomento che anziché rispondere ad un problema ne pone subito uno di tutt’altro tipo, perché la riduzione dei parlamentari non è incompatibile e potrà essere accoppiata in futuro con la differenziane delle funzioni di una Camera rispetto all’altra, o addirittura con l’eliminazione di una delle due>>.
Avrà anche da dire sul sistema elettorale obsoleto o gli stessi regolamenti parlamentari, presumo!
<<Da parte dei sostenitori del “No” si dice anche che questo referendum non va bene perché non legato ad una riforma organica, come quella della legge elettorale e quella dei regolamenti parlamentari. Questo è un argomento per me incomprensibile, perché buon senso dice che se insieme alla deliberazione della legge di revisione costituzionale in sede parlamentare si fosse proceduto anche a cambiare la legge elettorale ed i regolamenti parlamentari, di fronte ad un eventuale successo del “No”, il Parlamento avrebbe dovuto rimettere mano anche alle leggi elettorali ed alla riforma dei regolamenti parlamentari, che sarebbero state approvate inutilmente>>.    
 Mi perdoni…
<<Voglio dire, semplicemente, che è logicamente prioritaria la riduzione del numero dei membri del Parlamento, e che solo successivamente sarebbe possibile mutare la legge elettorale ed i regolamenti parlamentari. Stesso discorso per le Commissioni parlamentari.>>            
Professore, il referendum per il quale voteremo non prevede un “quorum”, a differenza di quello abrogativo: come mai i padri costituenti decisero così?
<<Eh, come ricordava il poeta latino Orazio, “Qualche volta anche Omero dormicchia!” Si è trattato di un errore, di una dimenticanza. Sarebbe stato più utile prevedere un “quorum” anche per questo tipo di referendum, e nel caso non lo si fosse raggiunto, la chiamata referendaria non sarebbe stata valida e così sarebbe divenuta efficace la legge di revisione per come approvata dal Parlamento. In realtà, neanche i legislatori seguenti hanno provveduto, né in sede di revisione costituzionale né in sede di attuazione>>.     
Detto sinceramente, con questo taglio sarebbe in pericolo il principio di rappresentanza territoriale?
<<Anche questo mi sembra essere un argomento debole, e ne dico il perché.  La rappresentanza territoriale -sulla quale si stanno strappando le vesti molti commentatori in questi giorni- non esiste praticamente più da quando nacquero i partiti di massa, e poi ha continuato a scemare ancora da quando vennero alla luce i partiti personali, quelli definiti leaderistici. Queste due tipologie di partiti comportano che a scegliere i candidati siano o la dirigenza del partito, come nel caso del partito di massa, o il leader in persona, nel secondo caso>
Lei è umbro, esempio calzante…
<<Esatto. Da decenni, come cittadino umbro, io stesso sono praticamente “costretto”, nel corso delle elezioni nazionali, a votare per candidati che provengono da Roma o comunque da fuori regione; e se c’è qualche candidato locale, viene strategicamente collocato in posizioni secondarie per essere poi “trainato” dal leader. E se un tempo, quando esistevano i partiti organizzati, di tanto in tanto si celebravano manifestazioni alla la presenza dei candidati eletti, ora, con questi partiti personali, il candidato eletto si fa rivedere soltanto al termine della legislatura, per cercare di essere nuovamente rieletto. Se poi pensiamo che esistono anche i casi delle liste bloccate, allora mi chiedo come sia possibile parlare di rappresentanza territoriale: non esiste, è come difendere un fantasma!>>
Quindi le regioni più piccole, proprio come la sua Umbria, non avrebbero più questa benedetta rappresentanza?
<<Anche qui ci si basa su un equivoco. Dov’è scritto che i collegi camerali debbano per forza essere “infra-regionali”? Ricordo benissimo di aver votato per tanti anni in un collegio che comprendeva territori di diverse regioni, quelli delle province di Perugia, Terni e Rieti, e quest’ultima città, sappiamo bene, ricade nel territorio della regione Lazio!>>
Ma ci sono regioni che hanno una specifica identità culturale!
<<Come nel caso della Valle d’Aosta, che è regione a Statuto speciale. Si potrebbe regolare la materia come accade per il Senato, in modo che almeno un deputato sia chiamato a rappresentare questa regione. Insomma, ci possono essere dei correttivi…>>
Ma scusi, la riduzione del numero dei parlamentari potrebbe compromettere la possibilità di discussione delle leggi!  
<<Siamo realisti: i parlamentari, quando partecipano al plenum, sono ormai ridotti al ruolo di pigiatori di bottone, seguendo le direttive impartite dai capigruppo. A prendere la parola sono sempre i leader, i capigruppo o un numero ristretto di essi>>   
Per fortuna nelle Commissioni le cose vanno diversamente!
<<Al loro interno si lavora effettivamente, anche se spesso la loro attività diventa inutile per l’uso sempre più frequente e patologico dei voti di fiducia, utilizzati per mettere in riga i parlamentari potenzialmente ribelli>>.    
E del bicameralismo perfetto cosa ci dice? Da cinquant’anni nessuno è stato in grado di superarlo…
<<E’ anacronistica questa situazione. La grande maggioranza dei parlamenti o sono monocamerali o sono bicamerali con camere a funzioni differenziate. Personalmente sono da sempre in favore del Senato delle regioni!>>                           
Presidente, come andrà a finire la partita del referendum?
<<I sondaggi vedono il fronte del “Si’” in netto vantaggio, ma non è questo il problema: il punto è che questo referendum, come è sempre avvenuto, sia stato “politicamente” caricato e gli si affida una rilevanza per le sorti del Governo che realmente non ha, né in positivo né in negativo>>.
Può essere più chiaro?
<<Detto sinceramente, che il governo si rafforzi o che vada in frantumi in conseguenza di questo referendum, mi sembra una balla. Il governo resterà in carica fino a quando il Movimento 5Stelle non andrà in crisi e se ciò non dovesse accadere, l’esecutivo resterà saldamente in carica fino alla scadenza naturale. Il resto sono fibrillazioni da campagna elettorale. Mi scusi, referendaria…>>               
Panorama.it  07/09/2020                                                              Egidio Lorito

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