Gian Pietro Calabrò

Può la terminologia musicale essere utilizzata per affrontare tematiche “altre” rispetto al proprio fisiologico campo d’azione? Pare di sì e ad esserci riuscito è stato un filosofo del diritto che ha organizzato il suo ultimo saggio seguendo canoni e schemi tipici della cultura musicale tradizionale. “Per rapsodia, secondo il linguaggio musicale, si intende una composizione nella quale più temi vengono svolti in forma libera, a volte per esaltare un particolare virtuosismo strumentale. Con questa chiave di lettura si snodano i temi che formano l’ossatura di questo breve saggio, i cui argomenti sono stati scelti in modo libero e trattati alla maniera rapsodica, come se una mano invisibile mi avesse condotto verso gli scaffali per riaprire pagine tante volte lette e rilette”.

Gian Pietro Calabrò guida agilmente il lettore in un dialogo innovativo, a tratti intimo, con Tommaso d’Aquino e Duns Scoto, passando per Jacopone da Todi e la povertà, per i temi della sovranità e della tirannide di Bartolo da Sassoferrato, sino ai diritti soggettivi di Guglielmo d’Ockham ed alla teoria della tranquillitas di Marsilio da Padova. Non facile districarsi tra pensiero socio-politico medievale e straordinaria attualità, e Calabrò, al meglio delle sue note qualità scientifiche, ha fatto “(…) rivivere dibattiti laceranti e nello stesso tempo esaltanti (…) alla ricerca di quegli «astri amici» per orientare di nuovo il nostro con-vivere in ordine e libertà”.
Già ordinario di Filosofia del diritto nell’Università della Calabria ove ha insegnato, anche, Teoria del diritto e dello Stato e Logica giuridica all’interno del Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza, Calabrò è stato anche docente a contratto presso la Libera Università del Mediterraneo “Jean Monnet” di Bari: presidente emerito della Fondazione Costantino Mortati, è stato insignito, fra l’altro, del Premio Anassilaos 1992/93 per la saggistica e della Medaglia Pro Memoria in Varsavia 2010. Autore di apprezzate monografie, dalla metà degli anni ‘80, rientrato dall’esperienza accademica perugina, prima nella neo-nata Facoltà di Giurisprudenza di Catanzaro e, poi, all’Università della Calabria, ha portato avanti una meritoria attività non solo accademico-scientifica e di ricerca, ma anche di promozione di centri di cultura e sviluppo della legalità che hanno attirato l’attenzione di studenti, colleghi e centri di ricerca sulla realtà accademica sviluppatasi all’interno dei “cubi” di Arcavacata. La direzione della “Scuola Superiore di Formazione in Studi Sociali e Politici Antonio Guarasci” all’interno dell’Istituto di cultura popolare e formazione sociale in Calabria “Brutium” e, successivamente, l’ideazione e la direzione del Master in “Diritti Umani e Legalità” tenuto presso lo stesso Ateneo rappresentano due effetti collaterali di una intensa attività scientifica.
“Un sentito omaggio, in età senile, nei confronti dell’Umbria che mi ha accolto da studente universitario ed offerto, gradualmente, formazione professionale, culturale ed umana: senza pretese storiografiche, ho attinto a piene mani dalle opere di autorevoli storici del diritto, come Paolo Grossi, insigne storico del diritto e Presidente Emerito della Corte Costituzionale, a Diego Quaglioni, storico del diritto e già preside di Giurisprudenza a Trento, ed a Ferdinando Treggiari, che da ordinario, questa materia insegna proprio a Perugia”.    

Professore, sia sincero, questa volta c’è molto di Gian Pietro Calabrò come persona oltre che come giurista!
“Risucchiato dal vortice dei ricordi, mi è capitato di parlare in prima persona, citando in maniera autobiografica eventi e sensazioni affrontati con pudore e semplicità, cosa del tutto nuova nelle mie ricerche, visto che in passato avevo sempre ragionato seguendo il filo dell’oggettività scientifica”.
Temi complessi e profondi…
“E’ la sovranità, senza che alla nozione contemporanea io abbia guardato, il tema principale della mia riflessione scientifica, fin dal 1972, con le letture di Jean Bodin, filosofo politico (1529-1596), e di Bartolo di Sassoferrato (1313-1357), principale esponente della Scuola dei commentatori. Fu Danilo Segoloni, assistente del Rettore perugino Giuseppe Ermini -uno dei maestri del c.d. Diritto comune, Ministro della pubblica istruzione- a far detonare in me questa passione, affascinato dal “sovrano”, colui che non riconosce nessuno al di sopra di sé stesso, vero perno del potere politico. Poi la tirannide, intesa come esercizio del potere: una tirannide velata, ovvero più legale, democratica, meno opprimente, ma sempre espressione di un potere diretto non al raggiungimento del bene comune ma di quello personale, arbitrario. Temi attuali in chiave scientifica, ovviamente, da non confondere con il dilagante sovranismo, mentre la tirannide è praticamente scomparsa dal dibattito pubblico”.
C’è una dedica nel libro…
“Alla professoressa Paola B. Helzel, un tempo mia allieva, a cui ho lasciato il testimone del tormento della ricerca e il sentiero accidentato della vita accademica. Spero che le nuove generazioni di studenti dell’Università della Calabria sapranno guardare a lei come io guardavo ai miei Maestri in quel di Perugia…”                             

Gian Pietro Calabrò, L’alba del nuovo ordine. Temi rapsodici sul medioevo giuridico: fatti e valori, Pacini Giuridica, Pisa, 2019

Apollinea.  Rivista Bimestrale del Territorio del Parco Nazionale del Pollino
Anno XXV, numero 1 / Gennaio/Febbraio 2021   

Praia a Mare, 02/02/2021                                                   Egidio Lorito