Incontro con la Dott.ssa Paola Ziccone che con la neo guida della Cei ha scritto su giustizia e detenuti.

A poche ore della nomina alla guida della conferenza episcopale italiana, Paola Ziccone - autrice di un libro pubblicato nel settembre scorso, in cui dialogava con il cardinale- traccia un profilo dell’Arcivescovo metropolita di Bologna, ora chiamato a guidare la Cei, l’assemblea permanente dei vescovi italiani.

Il cardinale Matteo Maria Zuppi è da sempre molto considerato in Vaticano. Nasce e si lega fin dall’inizio degli anni ’70 alla Comunità di Sant’Egidio, di cui è uno degli uomini di punta. Per l’elevata considerazione nei suoi confronti da parte di papa Francesco si parla già del Card. Zuppi come uno dei nomi forti per il prossimo conclave.

«Cinque intense ore di dialogo con lui mi sono bastate per apprezzarne le doti di uomo e vescovo a suo agio tra i temi della giustizia umana che non si contrappone alla giustizia divina”».     

Paola Ziccone vive a Bologna dove nel 1987 si è laureata in giurisprudenza e ha conseguito l’abilitazione da avvocato. Ha preferito poi dedicarsi all’esecuzione penale minorile dirigendo gli istituti penali di Firenze e – per 10 anni – il “Pratello” di Bologna. Oggi è direttore dell’Area Esecuzione dei provvedimenti del Giudice minorile del Centro Giustizia minorile della Regione Emilia-Romagna e Marche. Ha pubblicato esattamente un anno addietro, all’indomani di una serrata conversazione con il cardinal Zuppi, “Verso Ninive. Conversazioni su pena, speranza, giustizia riparativa” (Rubbettino, 2021).

Panorama.it l’ha incontrata per conoscere meglio le qualità pastorali del neo presidente della Cei: «Si batte da sempre per far nascere la consapevolezza dell’amore verso il “prossimo” e della necessità di attenzione, accoglienza e cura di tutti e ciascuno, e soprattutto dei più fragili». 

Dottoressa, il suo è un osservatorio privilegiato per qualunque descrizione del neo presidente della Cei.    

«Semplicemente perché un paio d’anni addietro ebbi l’opportunità di dialogare, con una delle personalità più coinvolgenti della Chiesa. E il titolo di quel mio libro era emblematico: “Verso Ninive” trae ispirazione dall’episodio biblico in cui il profeta Giona si indigna con Dio perché non distrugge Ninive, città nemica di Israele, sterminandone gli abitanti dapprima minacciati da Dio per i loro peccati ma poi salvati perché convertitisi. Il testo è una conversazione tra la scrittrice e il cardinale arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, su vari temi come pena, speranza e giustizia riparativa. Conversazione assolutamente profetica».

Ci tratteggi, allora, il neo presidente della Cei.

«Il cardinal Zuppi rappresenta un punto di riferimento significativo per i credenti, ma anche per i non credenti e per chiunque si impegni nella ricerca della pace e della convivenza sociale. Durante le nostre conversazioni, ho potuto constatare che pur trattandosi di tema specifico e altamente tecnico, il Cardinale lo conosceva approfonditamente soprattutto in virtù del suo vivo interesse nei confronti del tema della detenzione carceraria».

Conversazione profetica…

«Quella conversazione per lui, per i detenuti e per chi, come me, frequenta il carcere per mestiere o vi passa molte ore della sua giornata come volontario, fu estremamente illuminante. Pensiamo soltanto a chi vive in un ambiente nel quale le parole libertà e speranza, colpa e disperazione, hanno un particolare significato».

 La sua nomina al vertice dei vescovi italiani pare essere un segno dei tempi.

 «Sarò anche di parte, ma non credo di esagerare se sottolineo che era dai tempi del cardinal Carlo Maria Martini, indimenticabile arcivescovo di Milano, che in molti aspettavamo qualcuno in grado di riprendere all’interno della Chiesa quelle riflessioni e quel dialogo che tanto hanno segnato molte generazioni e le loro scelte. È stata perciò una sorpresa molto piacevole, che è venuta a trovarmi nel mio “minuzioso presente” (come direbbe Borges), ossia, in questo caso, nel mio bisogno spirituale».

 Più che contenta lei appare raggiante: forse perché conosce il lato più umano del cardinal Zuppi?

«Si tratta di un prete, di un vescovo, di un uomo arguto e spiritoso che ho incrociato lungo la mia storia di donna, di credente e soprattutto di operatrice del diritto minorile: appare orientato a costruire relazioni sociali positive, di aiuto agli altri, al prossimo…Immagini quando scoprii che mi trovavo di fronte, intervistandolo, una persona attenta e profondamente conoscitrice dei temi del nostro dialogo, intesi non soltanto come elementi di personale riflessione, quanto trattati ed esercitati nella corso della sua attività di mediazione operata al tempo della drammatica guerra civile in Mozambico, tramite la mediazione della Comunità di Sant’Egidio»

Lei è di parte perché Zuppi è il suo cardinale…

«Il rapporto si è poi stretto dal momento in cui ha assunto la guida dell’Arcidiocesi di Bologna dell’Arcidiocesi, ed è diventato praticamente naturale chiamarlo don Matteo: per me una frequentazione che ha subito assunto il valore della sua stessa vicinanza nei confronti di ognuno, una prossimità che ha avuto il suo peso. Noi bolognesi siamo felicissimi. Ma come lo saranno i trasteverini a Roma…».

Ci racconti di quella conversazione.

«Pur tra mille impegni, nel 2020 il Cardinal Zuppi mi concesse ben quattro momenti di conversazione, proprio partendo dall’argomento a me più caro, quello della giustizia riparativa e del carcere come luogo di espiazione della pena. Da questo punto di partenza abbiamo entrambi realizzato non soltanto la particolare intensità e attualità della nostra conversazione, abbiamo convenuto come questo terreno comune fosse ideale per iniziare a costruire parte di quella società migliore alla quale, come cristiani e come uomini del popolo di Dio, non si può non smettere mai di anelare».

Anche il titolo dato alla vostra conversazione è profondamente emblematico.

«Direi rappresenta una sorta di manifesto ideologico, a metà strada tra ciò di cui mi occupo e la tensione ideale del cardinal Zuppi. Trae ispirazione dall’episodio biblico in cui il profeta Giona si indigna con Dio perché non distrugge Ninive, città nemica di Israele, sterminandone gli abitanti dapprima minacciati da Dio per i loro peccati ma poi salvati perché convertitisi. In realtà il libro è una conversazione tra la scrittrice e il cardinale arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, su vari temi come pena, speranza e giustizia riparativa».

Dalle prime battute e dal tema del libro, sembra che il vostro incontro sia stato favorito dalla Grazia Divina…  

«Inaugurando le nostre conversazioni, confidai al cardinale di aver speso praticamente tutti gli anni della mia vita professionale a constatare che, nonostante
la nostra Costituzione parli di una giustizia spalancata sul futuro, quello che il comune sentire e l’apparente desiderare delle persone impongono appare sempre più essere una giustizia ripiegata sulla logica della vendetta».

Da quella conversazione emerse un tema caro al cardinale Zuppi.

«La mia esperienza in carcere e soprattutto l’incontro fatto quasi all’inizio della mia carriera professionale, con il paradigma della “giustizia riparativa”, mi hanno sempre dimostrato con chiarezza che invece anche strategicamente, pragmaticamente, la via di uscita dalla spirale della violenza e del delitto è un percorso esattamente contrario alla vendetta. Nelle parole del Cardinale ho ritrovato conferma della verità di queste constatazioni».

Purtroppo la prassi quotidiana è tutt’altra cosa…

«Di fatto il pensiero culturale più diffuso è che la giustizia voglia dire “ripagare il male”, ovvero che a un atto violento si debba rispondere con un altro atto violento, principio questo di poco difforme dalla legge del taglione».

E sul tema il cardinale cosa le rispose?

«Che la giustizia ha il compito di porre rimedio al male e di combatterlo. Rimarcava come non debba essere confusa la giusta pretesa punitiva dello Stato, con la vendetta. Si poneva un punto di domanda, il mio illustre interlocutore, ovvero se quando la giustizia si sottomette alla logica della vendetta, possa essere realmente in grado di sconfiggere il male».

Immaginiamo la risposta di Zuppi…

«In questo caso il mio punto di vista di “esperta” in tema di esecuzione penale e giustizia riparativa, coincideva con quello di un Cardinale illuminato qual è S.E. Zuppi: quando la giustizia si limita a essere solo retributiva, rimanendo legata alla logica cieca e senza prospettive della rabbia e della violenza,  non riesce a bloccare la vera spirale del male, sia da parte di chi la commina che di chi la subisce».

Un circolo vizioso, diremmo.

«Dal quale soltanto l’uscita dall’idea della restituzione del male ricevuto avrebbe potuto trasformarla in speranza capace di rigenerare il futuro.  Il Cardinal Zuppi, in pratica, è tetragono nel pensare che la giustizia trovi il suo compimento solo se è in grado di ridare a tutti, alla vittima e al reo e alla società tutta, una possibilità di futuro, di ripartenza, di cambiamento».

Emerge, evidentemente, il rifiuto della vendetta.

«E come potrebbe essere il contrario. Se la giustizia dovesse limitarsi alla logica della vendetta, diventerebbe fine a sé stessa e rischierebbe di far detonare un movimento senza fine, incapace di estinguere la rabbia e la violenza, permettendo al male di continuare ad agire indisturbato»

E si sarà anche accorta che la missione dell’accoglienza sembra essere il suo tratto distintivo...

«Il cardinal Zuppi al vertice della Cei avrà, ora, strumenti e tempi per verificare -e cercare di sovvertire…- la sua storica constatazione, ovvero come sia difficile creare una società accogliente. Zuppi sostiene da sempre come occorra prima far nascere la consapevolezza dell’amore al “prossimo”, ossia che non è possibile l’amore senza un “prossimo” da amare. Il “prossimo” non è un di più, ma è costitutivo della relazione. Il “prossimo” è l’altro, il singolo, ma anche la città intera, tutti quelli che incontriamo e che ci vivono accanto. Il “prossimo” non è una categoria: è chiunque cammina con noi per un tratto della vita».

Tra fede, professione liturgica e missione pastorale.

«Il Cardinal Zuppi non ha mai nascosto il rammarico nell’osservare come tutti noi facciamo fatica a riconoscere il “prossimo”. Sin dalla sua frequentazione della Comunità di Sant’Egidio, nei primi anni Settanta, non impiegò molto ad accorgersi di   come gli uomini fossero molto individualisti e, nell’individualismo e nel pensare solo a se stessi, fosse più facile far crescere la logica della condanna: la condanna, infatti, ci toglie la fatica di ragionare e di porci delle domande».

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Il profilo biografico del cardinale Matteo Maria Zuppi

Il cardinale Matteo Maria Zuppi è nato a Roma l’11 ottobre del 1955, quinto di sei figli: sin dagli anni del Liceo Virgilio, dopo aver conosciuto il fondatore Andrea Riccardi, è stato un assiduo frequentato della Comunità di Sant’Egidio, nella sua storica sede di Trastevere a Roma: impegnato nelle scuole popolari per i bambini emarginati delle periferie romane, come per gli anziani soli e non autosufficienti, per gli immigrati,  i senza fissa dimora e per i malati terminali, il suo sguardo si è mosso, in seguito per le nuove categorie di diseredati, come i disabili e i tossicodipendenti, i carcerati e le vittime dei conflitti. Nel 1981 venne ordinato sacerdote e poi vicario di monsignor Vincenzo Paglia all’epoca parroco della Basilica romana di Santa Maria in Trastevere, parrocchia che, a sua volta, avrebbe retto sino al 2010. Nominato vescovo da Benedetto XVI nel 2012, dal 27 ottobre del 2015 arcivescovo metropolita di Bologna, è stato creato cardinale da papa Francesco nel 2019. Già membro del Dicastro per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e dell’Ufficio dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, il 24 maggio è stato nominato da papa Francesco presidente della Conferenza Episcopale Italiana -succedendo al Cardinale Gualtiero Bassetti-  scelto da una terna di nomi, eletta lo stesso giorno dall’Assemblea della Cei, e composta dal Cardinale Augusto Paolo Lojodice e il vescovo Antonio Raspanti

 

Panorama.it                                                             Egidio Lorito, 25/05/2022            

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