Add Editore, Torino 2010, € 10,00
Sostiene Letta: “Dalle crisi nascono le grandi scelte. E la crisi dell’euro è l’anticamera della futura unione politica perché rende evidenti quali sono i termini della questione: o si abbandona la moneta unica oppure si va avanti”.
Risponde Caracciolo: “Le catastrofi sono catastrofi, le crisi crisi. Non sono affatto certo che mi o ci migliorino. Né che facciano l’Europa. In ogni caso preferirei non rischiare l’esperimento”.
Il primo è un politico di lungo corso, nonostante l’anno di nascita potrebbe far pensare a tutt’altro: è stato Presidente del Giovani Democristiani Europei (1991-1995), Segretario generale del Comitato Euro del Ministero del Tesoro (1996-1997), Vicesegretario nazionale del Partito Popolare Italiano (1997-1998) ed anche Ministro delle Politiche Comunitarie (1998-1999) e delle Attività Produttive (1999-2001). Oggi è il Vicesegretario Nazionale del Partito Democratico ed il suo pensiero, in tema di Europa, euro e mercato comune, sono -soprattutto- il frutto di una lunga formazione universitaria che dopo la Laurea in Scienze Politiche -indirizzo politico-internazionale- lo ha visto perfezionarsi proprio in Diritto delle Comunità Europee presso la prestigiosa Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. In sintesi: un profondo conoscitore delle dinamiche politiche europee.
Il secondo alterna carriera giornalistica e universitaria: laureato in Filosofia, è noto al grande pubblico soprattutto per aver fondato la prima rivista italiana di geopolitica, Limes, divenuta ormai la bibbia nazionale -e non solo…- dell’affascinate materia che sovrappone il sapere politico a quello geografico, umano e fisico. E proprio la Geografia Politica e Economica sono le sue materie di insegnamento a Roma Tre, al San Raffaele di Milano, per virare poi verso gli “Studi Strategici” e le “International Relations” (primo insegnamento in lingua inglese in Italia) alla Luiss di Roma. Prima, tanto giornalismo: dal 1973 al 1975 redattore di “Nuova Generazione”, periodico della Fgci, poi cronista politico a “La Repubblica” dal 1976 al 1983, per diventare capo della stessa redazione politica; ancora caporedattore di “Micromega” dal 1986 al 1995. Insomma, una penna veloce, competente e raffinata nel panorama geo-politico internazionale.
I due avevano già affrontato la materia all’interno di due pubblicazioni parallele, edite da Laterza nel 1998: “Euro sì. Morire per Maastricht, era stato il contributo di Enrico Letta; “Euro No. Non morire per Maastricht”, la risposta di Lucio Caracciolo. Poi, il primo “incontro”, nel 2002, nelle pagine di “Dialogo intorno all’Europa” edito ancora dal Gruppo Laterza: “Sull’Europa, e sull’euro, non siamo andati mai molto d’accordo. Ma abbiamo sempre pensato che a ogni svolta del processo d’integrazione fosse utile confrontarsi, senza pregiudizi e senza tabù”.
Ora un nuoco tassello, sollecitato dai tanti cambiamenti che la Storia ha quasi imposto all’Europa e che quest’ultima sembrerebbe non poter non imporre ai suoi cittadini: “questo libro nasce dalla crisi che negli ultimi mesi ha drammaticamente investito l’Europa. Nasce dalla inaudita violenza esplosa sulle strade di Atene; dai futili compromessi raggiunti dalle istituzioni di Bruxelles; dalle umilianti perorazioni provenienti dalle autorità di Washington. Abbiamo ritenuto che la gravità della crisi dell’euro metta in dubbio l’esistenza stessa dell’Europa, almeno così come l’abbiamo conosciuta fino a oggi. Mai come in questa fase, quindi, l’incontro ( e lo scontro) di opinioni divergenti è necessario per stimolare un più ampio dibattito sull’Europa che vogliamo”.
E così, lungo centoventisei pagine agili e certamente non riservate al solo pubblico degli addetti ai lavori, Enrico Letta e Lucio Caracciolo -sotto le insegne di una giovanissima e dinamica casa editrice torinese, il cui acronimo Add è formato dalle iniziali dei cognomi dei tre soci-fondatori, Andrea Agnelli, Michele Dalai e Davide Dileo- discutono di argomenti che solo apparentemente sembrano distanti dalla vita di noi tutti: perché, chiedersi “Cos’è l’Europa dopo la crisi?”, “Euro: dov’è l’errore?”, “Riusciremo a evitare il G2?”, “E’ l’allargamento la causa di tutti i mali?”, “Dalla catastrofe, l’unione politica?”, “ Gli europei e gli italiani possono fare a meno dell’Europa?” -questi i titoli dei rispettivi capitoli- significa non solo ripercorrere la storia, i nomi e le tappe di quell’unico cammino che dal 1950 continua a rendere gli europei sempre meno distanti, ma -soprattutto- proiettare il nostro presente verso un domani che dovrebbe essere sempre meno carico di dubbi ed incertezze. Sostiene Enrico Letta che “L’Europa è una potenza mondiale che ha caratteristiche geografiche, storiche, politiche e culturali comuni. Ovviamente, le forme di questa omogeneità sono diverse da quelle che abbiamo conosciuto all’epoca della formazione degli Stati nazionali come la Storia ce li ha tramandati. Intendo dire che il senso di pluriappartenenza, un’appartenenza a più livelli, è caratteristica oggi essenziale della vita di ognuno di noi, e il livello di appartenenza europeo non potrà mai coprire, asciugare, contraddire il senso di appartenenza a un’entità statuale, nazionale (…)”. Risponde Lucio Caracciolo, alla sua “Che cos’è oggi l’Unione europea?” che “(…) Oggi come ieri è ciò che gli Stati che ne fanno parte hanno deciso che sia. Codificandolo in trattati internazionali. Il Trattato di Lisbona è una sorta di testo unico di tali trattati. Non dobbiamo mai dimenticare la natura internazionalistica di questa strana costruzione. Non esiste un soggetto Europea che si autodetermina. L’Unione europea è determinata da chi ne fa parte. Un grande compromesso geopolitico fra entità sovrane. Le quali nei decenni hanno ceduto per contratto quote crescenti di sovranità a istituzioni comunitarie, e ora stanno cercando di recuperarne alcune parti per le vie brevi, politiche (…)”
Insomma: “euroconvinto” Enrico Letta, “euroscettico” Lucio Caracciolo”! Se per il vicepresidente del Partito Democratico, l’euro non è assolutamente un errore, per il fatto che quest’ultimo rappresenti “(…) l’anticamera dell’unione politica, perché all’unione politica non si potrà mai arrivare, e non si arriverà, per semplice volontarismo dei governi, che su questi temi si muovono soltanto sull’impeto dell’urgenza e della necessità (…)”; il “padre” di Limes è più che mai convinto che l’Europa non sia finita per il semplice motivo che “(…) non è mai cominciata. A mezzo secolo dai Trattati di Roma, siamo ancora work in progress. O peggio, in regress (…). Il punto di svolta è il 1989, quando ci facemmo trovare impreparati all’appuntamento della caduta del Muro. Invece di completare l’unione politica, puntammo su una semiunione monetaria e su un faticoso e indefinito <<allargamento>>. Nell’illusione, per alcuni, che l’euro avrebbe indotto l’Europa a tutto tondo (…)”.
Un dibattito serrato, puntuale e tecnicamente motivato, condotto da chi, evidentemente, mastica fin troppo bene di politica e di geo-politica…