Alla ricerca di elfi e sirene
Ne sono convinto: tutti coloro che amano la montagna o il mare nutrono il sogno nascosto di imbattersi, prima o poi, nei magici abitatori che popolerebbero i luoghi più reconditi di boschi e foreste o quelli più profondi degli abissi marini. E’ una certezza che si è rafforzata in me leggendo le storie, i racconti o le semplici impressioni di chi, di “montagna” o di “mare”, ha scritto per passione o per professione, andando alla continua ricerca del sentiero più sco¬nosciuto come della rotta più esaltante, per conoscere un altro tipo di via: quella interiore, spirituale, intima e forse privata, che possiamo conoscere appieno grazie a “quel viaggio di scoperta eternamente in fieri, quella lunga avventura per valli, crinali, gole, foreste, pareti di roccia, grotte, (che) non hanno soltanto una dimensione geografica, ma anche un orizzonte interiore” (Bevilacqua, 1999).
La dimensione del “camminare” acquista così il significato di una continua ricerca non solo geo-fisica, ma soprattutto mentale, spirituale: un particolare “modus explorandi” con cui si saranno avvicinate, ai luoghi alpini e mediterranei, intere generazioni di viaggiatori, attirati dall’eventualità di incontrare Elfi e Sirene e considerarli non soltanto personaggi fantastici, ma guide reali nel nostro incessante “viaggio di ricerca”. A far scattare la scintilla per questo tipo di ragionamenti è stata la lettura di un datato elzeviro di Dino Buzzati -pubblicato il 14 ottobre del 1948 sulle pagine del Corriere della Sera- in cui lo scrittore e giornalista bellunese dava il proprio personale suggerimento a tutti coloro che si avvicinavano alla conquista di una vetta: “Hanno obbedito alla montagna” -questo il titolo- vede l’autore impegnato a sostenere “innanzitutto la necessità di uscire da una visione ot¬tocentesca, da anima bella, per cercare una soluzione efficace e alta della passione per la montagna (...). Per Buzzati la molla psicologica che porta 1’uomo a salire le vette o scendere i pendii è la forte, naturale attrazione per 1’immobilità e la ripidezza” (Borgo, 1997). Immobilità e ripidezza, dunque: due concetti ben cari a tutti gli escursionisti, ai “trekker” e naturalisti in genere. “L’immobilità” riesce a far esplodere nell’uomo un senso di forte tranquillità che Buzzati mirabilmente spiega quando si chiede: “a che si affanna l’uomo, giorno e notte, a quale scopo lavora, accumula soldi, persegue fama e potenza, se non per poter un giorno essere completamente libero da ogni soggezione e, quindi, riposare?”(Buzzati, 1948). Ma è soprattutto nel concetto della “ripidezza”che il viaggiatore tra i monti riesce a cogliere come “in parete, su per i grandi camini e diedri, (...) gli aerei baldacchini assumono un’espressione umana. Si direbbe che qualcuno ci aspetti, che ci spii tra le rocce. Ogni angolo, cavità, anfratto, sembra invitarci a restare, promettendo misteriose beatitudini. Nei canaloni, non sulle pareti o sulle creste, vivono gli elfi, gli gnomi, gli antichi spiriti della montagna” (Buzzati, 1948). In sua compagnia, Mann, Hemingway, Mila, Soldati, Parise, Rigoni Stern, Bocca -oltre al “nostro” Rolly, ovviamente- hanno contribuito ad immortalare le stupende elevazioni alpine, tra poesia ed escursionismo. Sarà vero: ma anche le elevazioni appenniniche -dal Pollino all’Aspromonte- tra poesia ed alpinismo, possono regalare le stesse sensazioni, la stessa possibilità di incontrare “i monachicchi, esseri piccolissimi, allegri, aerei (che) corrono veloci qua e là, e il loro maggior piacere è di fare ai cristiani ogni sorta di dispetto;(…) ma sono innocenti(…), il loro carattere è una saltellante e gioiosa bizzarria, e sono quasi inafferrabili. Portano in capo un cappuccio rosso, più grande di loro;e guai se lo perdono: tutta la loro allegria sparisce (…) (Levi 1945). Carlo Levi con il suo celeberrimo “Cristo si è fermato ad Eboli”, affronta il tema dell’uomo che sfrutta la propria forza creatrice come strumento per iniziare un viaggio da sogno. Difendiamoli i nostri monti! Proteggiamoli i nostri mari, a qualunque latitudine si trovino, se nel cuore delle Dolomiti o in pieno Mediterraneo, perchè in essi sono racchiusi, passato, presente e futuro, in un rincorrersi continuo di ricordi ed aspi¬razioni, nella consapevolezza che ognuno di noi “percorrendo quei sentieri” e quelle rotte, sarà in grado di percepire sempre “una comunione di spiriti, un inspiegabile, intimo e segreto travaso d’anime” (Bevilacqua 1999).
La Buona Neve - n. 35 - 1 Gennaio 2009
Egidio Lorito - www.egidioloritocommunications.com