“Uno spettro si aggira per l’Italia: solo questo è rimasto della vittima eccellente del nostro tempo, la cultura. Si è spenta, o a essere ottimisti è in coma, l’idea di pensiero come valore civico e civile, come vero sforzo di comprensione del reale, come libertà”. La tesi presente nell’ultimo lavoro di Pierluigi Battista, “I Conformisti. L’estinzione degli intellettuali d’Italia” (Rizzoli, 2010, € 18,00) è tutta nella sua “Prefazione”: “Gli intellettuali <>, in fondo, sostengono cose molto semplici e lineari: anche per questo non esercitano molta attrazione e suscitano poco entusiasmo.

I conformisti, al contrario, sanno addobbare i loro discorsi con l’enfasi della profondità. Per rendere omaggio a Hitler, Martin Heidegger affascinava l’uditorio universitario di Friburgo indicando all’orizzonte le vette dell’Essere. Per allinearsi alle intimazioni staliniste, Gyorgy Lukàcs scomodava concetti molto impegnativi come la <<distruzione della ragione>>(…). Gli irregolari, che sono spiriti irrequieti e caparbi, amano invece dare risposte chiare agli interrogativi che generalmente i conformisti sono inclini a disertare (…)”. E così, da Orwell ad Hemingway e Malraux, da Salvemini e Camus, da Bernanos a Simone Weil, “Pigi” Battista ci guida all’interno di un’affollata galleria di intellettuali, definiti “irregolari”, assolutamente anticonformisti, spiriti liberi, non soggiogati o soggiogabili, non assolutamente recludibili in riserve culturali eccessivamente partigiane. Afferma, Battista, di Bernanos e Weil che “tradirono la loro appartenenza per non tradire sè stessi”. Inviato ed editorialista romano del quotidiano di Via Solferino, di cui è stato vicedirettore dal 2004 al 2009, Battista ha condotto su RaiUno il programma di approfondimento “Batti e ribatti” e su La7 tre edizioni della trasmissione “Altra storia”. Irregolarità ed anticonformismo rappresentano il tema conduttore delle riflessioni di questo pacato giornalista e commentatore che i lettori del settimanale di costume ed attualità “Magazine” possono gustarsi da un anno e mezzo: “l’epoca che viviamo è del tutto diversa, per fortuna. L’irregolarità culturale non espone più a ostracismi e discriminazioni, sebbene il conformismo sia più confortevole perché facilita la vita di relazione, rinsalda lo spirito di gruppo ed alimenta il calore di un’accogliente comunità (…) L’unica pena che l’irregolare è costretto a subire non è la marginalizzazione coatta: è lo sconforto”. Sottoscrivo appieno e non per una mia conformazione automatica alla tesi del nostro: accade nella nostra vita quotidiana, soprattutto per chi battaglia per idee e valori che mai e poi mai baratteremo. “In Italia, in particolare, si acutizza lo scoramento per un simulacro di guerra civile inscenato ogni giorno da chi crede che il bipolarismo politico si traduca immediatamente in bipolarismo culturale e si sublimi in un bipolarismo antropologico. Come se davvero esistessero due blocchi omogenei, uno di destra e uno di sinistra. Come se davvero esistessero due distinti tipi umani, il tipo di destra e il tipo di sinistra. Non è vero, non esistono. Ma in Italia sono quindici anni che il dibattito culturale è abbagliato da questa finzione classificatoria (…)”. Ormai tutto è classificato: ma per le idee e la cultura lo spazio di libertà esiste ancora. Per fortuna…   

L’Eco di Basilicata, Calabria, Campania  
anno X n. 13- 01 luglio 2010                                                                                                                                                                                                                             Egidio Lorito

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