Paesaggi che non ti aspetti. Tra le emergenze ambientali che fanno della mediterranea penisola calabrese un paradosso paesaggistico, per dirla con Guido Piovene, i nostri lettori non possono mancare l’appuntamento con due singolari casi. Il primo lo incontriamo letteralmente arroccato nelle zone più impensabili del Parco Nazionale del Pollino, proprio dove Basilicata e Calabria si stringono la mano, nella parte più centrale, selvaggia ed affascinante del proprio confine geografico. Questo primo gigante si è meritato un posto di primissimo piano nell’immaginario collettivo: è un segno della natura che oltre un secolo fa iniziò a stimolare la ricerca scientifica e ad eccitare poeti e narratori, scrittore e descrittori.
Può essere riduttivo definire “albero” il Pino Loricato, non foss’altro che ci troviamo di fronte ad un vero e proprio relitto botanico, giunto sul Pollino -versante lucano e calabrese, poco importa- dalla regione balcanica e adattatosi a climi del tutto differenti, da quelli roventi delle estati mediterranee ai rigidi inverni occidentali. La sua storia è iniziata nella notte dei tempi ed oggi la riscopriamo proprio ammirandone il suo fiero portamento, anche negli esemplari di quasi mille anni, capaci di sfidare il tempo, gli uomini, la Storia… Nel frattempo è diventato il simbolo del Parco: sornione e pacioso, se ne sta dove pochissimi riuscirebbero a sopravvivere, quasi a voler continuare a sorvegliare, muta sentinella, questo tratto di Storia locale. Anche quella di quei quattro delinquenti che il 19 ottobre del 1993 diedero alle fiamme il celebre esemplare che domina-va “La Grande Porta del Pollino”… Il secondo monumento arboreo lo incontriamo una settantina di chilometri più a Sud, nel cuore del Parco Nazionale della Sila, dove la Calabria delle grandi foreste in quota offre il meglio di sé. Siamo all’ombra di un gigante buono, il Pino Laricio: l’intero altopiano ne è disseminato, ma la massima concentrazione la troviamo in un piccolo villaggio dal nome evocativo: Croce di Magàra. Qui, in una sorta di giardino della Storia, ad una quota media di 1400 metri, s’incontrano 56 esemplari di questo longilineo pino che, tra un diametro di quasi 2 metri ed un’altezza anche di 40, incantano coloro che li ammirano almeno dal 1620, anno in cui il proprietario del fondo ideò un ricovero di pini nelle vicinanze della propria filanda e della casa di famiglia. Quei pini, nel frattempo cresciuti, hanno raggiunto proporzioni improbabili, tanto da essere conosciuti come “ I Giganti del Fallistro”. Quando il vento sibila tra questi tronchi alti e rettilinei, quando le chiome oppongono resistenza agli agenti atmosferici -una bufera invernale o una pioggia primaverile- proprio ai piedi di questi giganti buoni, non è difficile sentirsi protetti da una natura che ha assunto sembianze al limite del poetico. Eccoli i “Giganti di Calabria” -e di Lucania, ovviamente- creature al limite del reale, signori incontrastati del cuore più paradossale ma magicamente reale di una terra che, nel bene e nel male, rappresenta -laddove non sia stato definitivamente distrutto- quel paesaggio mediterraneo che appare sempre più immagine di contrasti. Mai risolti, sempre attuali, complessi più che mai. Come il Mediterraneo, che li ospita dalla notte dei tempi… L’Eco di Basilicata, Calabria, Campania anno X n. 19- 15 ottobre 2010 Egidio Lorito