A volte ritornano. Di Reggio Calabria ho un ricordo vivissimo: sebbene la mia residenza vi rimase collocata tra il 1969 ed il 1976, la Città dello Stretto -nella quale torno annualmente- entra nella cerchia dei ricordi più intimi e personali: lì ho imparato a nuotare, prima in piscina poi nel mare della Fata Morgana;lì ho avuto i primi reali contatti con “sorella neve”, quella dell’Aspromonte. Ho praticamente vissuto in quell’Aeroporto dello Stretto -il Tito Minniti- tra divise pavesate di aquile aeronautiche, telescriventi, cuffie e microfoni, aerei ed elicotteri.

In prima elementare ci insegnarono che un tale Gabriele D’Annunzio aveva definito il suo lungomare come “il più bel chilometro d’Italia”. A Reggio iniziò la mia passione epidermica per quella squadra di calcio le cui strisce verticali bianco-nere seguo come un “sogno che continua”, citando il mio fedele amico Giampiero Mughini.
Quarant’anni fa non ero ancora nato: in questi giorni -quarant’anni dopo- mi capita tra le mani un testo del corso di Sociologia dei Movimenti Collettivi, disciplina che mi sta appassionando non poco. L’autore è un brillante Ordinario di Sociologia Politica che risponde al nome di Enzo Bova: insegna all’Università della Calabria e nel 1995 pubblica per la Rubbettino di Soveria Mannelli, “Reggio Calabria. La città implosiva”. Scatta il lungo flash-back, perché oggetto di quella ricerca “è il tentativo di rileggere la storia del movimento di rivolta degli anni 1970-71 come un evento ad impatto non circoscrivibile al periodo storico in cui esso si è manifestato nella sua forma più visibile e partecipata, ma piuttosto come frattura storicamente non ancora sanata tra società civile, società politica ed istituzioni”. Prefato da Pietro Fantozzi, uno dei massimi sociologi politici contemporanei, il testo di Bova “ripercorre la storia del movimento di rivolta esploso a Reggio Calabria all’inizio degli anni ’70, analizzando le conseguenze sociali di quell’esperienza di partecipazione popolare: e la ricerca evidenzia come nel corso degli anni successivi alla rivolta, il confronto tra movimento ed istituzioni si sia concluso con una sconfitta che ha accomunato entrambe le parti. La crisi delle istituzioni e la crisi del movimento hanno portato ad una città privata di efficaci meccanismi di regolazione sociale…”. Nel leggere oggi queste pagine dense di ricerca socio-politica -mai disgiunte dal forte legame affettivo dell’autore per la sua città natale- faccio mio il suo incipit, quando ricorda che “sono inevitabilmente tornati alla memoria episodi e volti che hanno concorso a costruire la mia identità”. Sottoscrivo appieno per la “mia” Reggio… 


L’Eco di Basilicata. Anno VIII n. 4
Egidio Lorito

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