La Storia si gioca sui simboli e ne ricorderemo molti fino alla fatidica data del 9 novembre. Intanto ritorno con la memoria a quel 4 giugno 1989: non avevo neanche vent’anni ma seguivo da almeno cinque le vicende “politiche” italiane ed internazionali. Quello sconosciuto studente che solo e disarmato si oppone alla fila dei carri armati, rappresenta una delle immagini più forti che la nostra umanità abbia mai “visto”, destinata a rimanere immortalata in un’ideale galleria dei ricordi collettivi.

Dal 15 aprile di quell’anno, gli studenti cinesi avevano iniziato a vivacizzare il dibattito politico nei confronti di un Partito Comunista Cinese sempre più chiuso ad ogni forma di ingerenza interna ed esterna: se Zhao Ziyang, Segretario Generale, era favorevole ad una linea più “morbida”, il Primo Ministro Li Peng propagandava l’idea che quei manifestanti -studenti, intellettuali, operai della Repubblica Popolare Cinese- fossero manipolati dalle potenze straniere, quelle occidentali su tutte. Il capo del Governo s’incontrò con il potentissimo Deng Xiaoping che sebbene si fosse ritirato da tutte le più alte cariche politiche -eccetto la presidenza della potente Commissione Militare- rimaneva l’uomo più influente della vita politica cinese. La protesta popolare montava sempre di più sino alla visita del Segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, quel Mihail Gorbacev che non avrebbe tardato a divenire uno degli artefici della svolta del 1989: per quei giovani cinesi fu il simbolo delle invocate riforme politiche, contro il conservatorismo dell’omologo partito cinese. La protesta era ormai esplosa, tanto che Piazza Tien An Men divenne il luogo di incontro di migliaia di dimostranti provenienti da ogni angolo di questo Paese-Continente. Fu proprio Deng a decretare la legge marziale, mai proclamata nella storia della Repubblica Cinese, eccezion fatta per il martoriato Tibet: anzi, arrivò ad ordinare alle truppe di usare la forza, di sparare ad altezza d’uomo! Ancora oggi, dopo venti anni, nessuno sa con esattezza quanti furono i morti -anzi, i massacrati- per la libertà: il governo cinese parlò di 200 civili e 100 soldati, la Cia di 400-800 vittime, la Croce Rossa di 2600 morti e 30.000 feriti, sino ai 15.000 morti divenuti quasi ufficiali: per non parlare delle vittime della successiva repressione, mai arrestatasi. Le notizie arrivavano nel nostro Occidente grazie a coraggiosi giornalisti. Deng Xiaoping si scusò affermando che era riuscito a “salvare” il Comunismo: abbasso il Comunismo, ovviamente…     L’Eco di Basilicata. Anno IX n. 11 - 01 giugno 2009
Egidio Lorito - www.egidioloritocommunications.com

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