Odradek. Edizioni Roma, 2007, pp.320, € 22,00

Per ragioni di studio accademica, ho tra le mani un testo che sicuramente lascerà una traccia insostituibile nella mia coscienza di libero pensatore ed altrettanto libero scrittore: “Storia del dissenso sovietico” di Marco Clementi (Odradek Edizioni, Roma 2007) “è la storia dell’incompatibilità del rapporto tra intellettuali e potere in Urss. La ricerca ricostruisce i principali punti di conflitto tra Stato e letteratura in generale e tra realtà politica del socialismo reale e intelligencija in particolare”.

Leggendo oggi queste corpose pagine, non può non balzare agli occhi la drammatica condizione in cui vennero a trovarsi coloro che osarono opporsi al potere nell’ ex impero sovietico, in un periodo di tempo compreso almeno tra il 1953 -anno della scomparsa di Stalin- ed il 1991 -anno del celebre “Golpe di agosto”.  Se, infatti, la realtà post-rivoluzionaria era riuscita ad attirare le attenzioni di molti intellettuali interni ed esterni e la stessa rivoluzione bolscevica appariva come l’inizio di un nuovo periodo proprio per artisti, poeti, scrittori ed intellettuali in genere, tutto mutò drammaticamente all’indomani della morte del dittatore sovietico, quando una bestiale violenza -resa possibile dall’abbraccio mortale tra Pcus e Kgb- iniziò a stritolare ogni forma di libertà di pensiero. E così, da Anna Achmatova a Josif Brodskij, da Vladimir Pomerancev a Boris Pasternak, da Andrei Sinjavskij a Vladimir Majakoskj, da Jurij Galanskov ad Aleksandr Ginsgurg, da Larisa Bogoraz a Aleksej Kosternin, da Valerij Calidze a Julij Daniel, da Petr Grigorenko ad Andrei Amal’rik, Anatolij Kuznecov, Vladimir Bukosvskij Valentin Moroz e Leonid Pljusc, sino alle icone planetarie del dissenso che rispondono ai nomi di Aleksadr Solzenicyn, Andrej Sacharov ed Helena Bonner, le pagine di questo prezioso volume ripercorrono le drammatiche vicende umane e culturali di una generazione di “dissidenti” che misero in gioco la propria vita per non farsi piegare dall’ottusità, dalla violenza, dall’aberrante negazione di ogni forma di diritto umano e civile messa in pratica dal regime comunista. “In nome di Dio, procedete liberamente alla traduzione ed alla stampa del libro. Le idee non nascono per venire nascoste o soffocate sul nascere, ma per essere comunicate agli altri”, implorava Pasternak al giovane editore Giangiacomo Feltrinelli a proposito de “Il dottor Zivago”. In Italia -anno 2009- c’è ancora “qualcuno” che parla di assenza di libertà di pensiero: vergogna!  

L’Eco di Basilicata. Anno IX n. 12 - 15 giugno 2009
Egidio Lorito - www.egidioloritocommunications.com

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