Spero vivamente che questa mia ulteriore “pillola riflessiva” sia letta, riflettuta ed elaborata soprattutto da chi ha responsabilità pubbliche e politico-amministrative. E, perché no, anche da chi dovesse sentirsi in un certo senso “attaccato” o “additato” da osservazioni che vado elaborando da tempo, anche in consessi ben distanti dalla terra dove questo foglio svolge la sua preziosa funzione informativa e formativa. Credo sia finalmente arrivato il tempo che le tante “intelligenze” che calpestano il suolo di quest’area calabro-lucana inizino a prendere coscienza del tema, sviluppando l’inevitabile dibattito.
Tempo fa -8 ottobre ultimo scorso- una riflessione di un fine intellettuale che risponde al nome di Vittorio Macioce colpì non poco la mia attenzione: “Le riforme mancate nel Paese bloccato dai privilegi” era il titolo dell’analisi pubblicata su “Il Giornale”: poteva trattarsi anche di un quotidiano ben lontano dalle mie “letture” e non avrei avuto difficoltà a farne oggetto di attenzione, anche perché -convincimenti ideologici o posizioni giornalistiche a parte- per un giornalista culturalmente “aperto” come mi ritengo essere, non avrebbe fatto differenza.
Ebbene, sottolineava Macioce che “qui si stanno bruciando gli ultimi sogni. Quando lo raccontano sociologi e statistiche è quasi sempre troppo tardi. Questa è comunque la fotografia sociale dell’Italia. Il 44% degli architetti è figlio di architetti, il 42% di avvocati e notai è figlio di avvocati e notai; il 40 % dei farmacisti è, chiaramente, figlio di farmacista. La lista può continuare a lungo, in questo gioco di caste chiuse. E’ l’odore di un Paese che sa di caste chiuse, sprofondato in una sorta di nuovo medioevo, dove nulla cambia, senza mobilità sociale, ascensori bloccati, corporazioni e servi della gleba (…)”. Macioce prendeva spunto da una recente analisi della Fondazione Italia Futura che fa capo a Luca Cordero di Montezemolo: quella fotografia ci restituisce l’immagine allarmante di un Paese -somma di tanti paesi- in cui sta iniziando realmente difficile farsi strada nel mondo del lavoro in generale ed in quello delle libere professioni in particolare, dove ancora vige una mentalità che giustamente è stata definita “medievale”, ma che mi permetto anche di retrodatare nella Storia al periodo “cavernicolo”, con la classica immagine dell’uomo primitivo attaccato al suo “osso”. Davvero chi ha studiato seriamente e duramente dalla fatidica “prima elementare” sino al più recente traguardo scientifico, solo perché non organico ad una delle tante “caste chiuse”, deve continuare a sopportare la realtà di vedersi sorpassato da chi, anche con studi inferiori, continua a trovarsi autostrade spalancate sul proprio futuro professionale ed economico? Soprattutto economico? Qui c’è veramente da indignarsi ed invece di continuare -ad esempio- ad assistere al solito annuale balletto di candidature elettorali -anch’esse dettate da logiche di casta e non di meritocrazia…- sarebbe il caso di riflettere sull’argomento, soprattutto nel territorio dove questo foglio svolge il suo compito. Basta discutere solo di “veline” e trans”, di “vip” e “nani e ballerine”!
Spero di essere riuscito ad innescare la polemica. Attendo risposte…
L’Eco di Basilicata, Calabria, Campania - anno IX n. 21 – 01 dicembre 2009
Egidio Lorito - www.egidioloritocommunications.com