Durante la mia decennale attività pubblicistica, ho sempre lasciato un posto al sole alle vicende politiche. Un po’ per studi e ricerche professionali, un po’ per un innato interesse alla materia, al di là di schieramenti e collocazioni partitiche. Ad un mese esatto dal nuovo appuntamento elettorale, la campagna elettorale inizia ad entrare nel vivo: non mi scandalizzo più di tanto se i toni si fanno sempre più forti, se basta una dichiarazione di un leader o di un candidato ad innescare il classico fuoco di fila: agenzie stampa, smentite, nuovi comunicati, segreterie politiche in subbuglio, attacchi e veti incrociati. Tutto fa parte del gioco dell’agone politico, durante il quale il livello del “politicamente corretto” si alza in maniera sensibile: se uno è stato “fascista” o “comunista” e non lo rinnega; se un altro consiglia di sposare un suo rampollo per mettersi economicamente apposto, sono le classiche sfumature di uno scontro sempre più duro nell’avvicinarsi della data elettorale.
Ma ci vogliamo scandalizzare in Italia quando poi in America -ovvero in una delle più antiche democrazia del mondo- non c’è appuntamento elettorale che, guarda caso, non sia colorito dal solito scandalo a “luci rosse”, con l’importante politico di turno costretto a confessare la scappatella con la signorina “d’alto bordo”? In questa fase, tutte le forze e tutti i candidati sono validi e eleggibili per i propri elettori, non c’è dubbio. Il problema è -semmai- di natura più spiccatamente politologica, cioè di scienza politica: investe, soprattutto, il sistema elettorale, il modo con cui noi cittadini siamo chiamati ad esprimere il consenso che nonostante sia un diritto politico di importanza incommensurabile, sfugge ancora ai più. Il problema è poi semplice: ci propinano un listone su base regionale con 22 nomi alla Camera e una decina al Senato: ai primissimi posti i soliti nomi e volti della politica locale, i boss della preferenza, tanto per intenderci. Quei nomi che annoverano padri, figli ed ora anche nipoti. Quelli che, dopo le augurabili opzioni del capo-lista o del secondo big, si giocheranno la conquista dello scranno parlamentare. Non so in Basilicata, ma qui in Calabria se volessi rintracciare un qualche volto nuovo, sarei costretto a scorrere la lista addirittura oltre il quindicesimo posto. Certo, c’è il classico “spirito di servizio” con cui molti affrontano la campagna elettorale: ma alla fine per chi andremo a votare? Semplice: per i soliti volti della politica, quelli radicati da decenni nelle nostre pubbliche amministrazioni ai quali -solo- è da imputare lo sfascio dell’Italia contemporanea. Come dire: continueremo ad avallare decisioni prese altrove! Buon voto!
Eco di Basilicata. Anno VII n. 6/2008 - 15-03-2008
Egidio Lorito www.egidioloritocommunications.com