E’ la grande assente dal dibattito sociale contemporaneo. Anni di disimpegno civico, soprattutto nelle regioni meridionali, di carenza di azioni propositive, di preoccupante ascesa della chiusura sociale che trasforma la vita pubblica in sempre più ristretti circoli elitari hanno trasformato la società italiana in una preoccupante società dell’anonimato, protesa solo all’interesse personale o a quello di ristrette elìtes che sembrano vivere su torri d’avorio avulse dal contesto moderno.
Ce ne rendiamo conto anche nei momenti di richiamo politico, come le elezioni: un tempo folle oceaniche si muovevano al seguito dei leader di partito e dei propri candidati, alla spasmodica ricerca del consenso; oggi, un sistema elettorale speriamo al tramonto, è riuscito a trasformare gli agoni elettorali in sterili passerelle, i candidati in pedine prescelti e gli elettori in ininfluenti agenti decisori. Tutto ciò ha portato ad un impoverimento dell’opinione pubblica, intesa come prodotto pubblico di una soggettività comune che dovrebbe essere in perenne stato di allerta, intervenire ogni dove: insomma, rappresentare il fermento di una moderna società della comunicazione come quella in cui, piaccia o meno, viviamo. Invece, capita tutto il contrario. Anni fa, all’interno di una mia ricerca monografica -Informazione e libertà- scrissi a chiare lettere che “se non si vuole incorrere nel pericolo dell’indifferenza e della strumentalizzazione del consenso, assistendo al pericoloso agire di vere e proprie lobbies dell’informazione che tendono ad escludere i cittadini dalla vita reale di una comunità, si deve imboccare la via di un’informazione intesa come servizio pubblico, anche se svolto da privati, capace di suscitare dibattiti collettivi sui veri problemi e di canalizzare la diversità di opinioni in un confronto democratico, favorendo il formarsi di autentiche correnti di opinione pubblica”. Ancor oggi, dopo quasi dieci anni quel mio esordio accademico, mi chiedo cosa sia effettivamente cambiato: e con molta amarezza devo constatare che nulla -almeno nelle nostre realtà provinciali- è andato in quel senso. Cerchiamo l’opinione pubblica? Non troviamo altro che le solite sterili argomentazioni dei “signori” (si fa per dire…) di paese che lontani dal creare un vero dibattito cittadino, finiscono per “far sentire la loro” solo nei periodi elettorali, quando, facendo leva sul carisma del proprio nome (sic!) e della propria posizione professionale (doppio sic!!), sono stramaledettamente convinti di poter influenzare un’intera comunità, una fetta di Provincia e così via. Con buona pace di Habermas e della Scuola di Francoforte!
Eco di Basilicata. Anno VII n. 11- 2008 - 15-06-2008
Egidio Lorito www.egidioloritocommunications.com