“Così come il primo vagito testimonia l’inizio della vita terrena del neonato, non scorderò mai la reazione traumatica e liberatoria che contrassegnò il mio ingresso nella vita dell’Italia trapiantata in Egitto. Avevo quattro anni. Era il settembre del 1956…”. Sono i primi ricordi che riaffiorano dalla recente pubblicazione che Magdi Allam, vicedirettore ad personam del “Corriere della Sera”, ha dedicato all’Italia, sua seconda patria. In “Io amo l’Italia. Ma gli italiani la amano?” (Mondadori), Allam, grazie ad una lucida analisi storico-culturale che -francamente- ha dell’incredibile se paragonata a tanta supponenza, sufficienza, autoreferenzialità tipiche di casa nostra, urla a gran voce il suo amore incondizionato per il nostro Paese, visto come “la Terra promessa”: “il matrimonio con l’Italia, voluto con tutto me stesso, si realizzò nel tempo con l’adesione spirituale ad un insieme di valori, ad un modello di vita, a persone, suoni, colori e profumi. La metamorfosi si era già consumata prima che quell’aereo dell’Alitalia atterrasse a Roma: dentro di me tifavo Italia con tutto me stesso (…)”.

Un libro denso di amore, dunque, che trasuda colmo nel corso di tutte le oltre trecento pagine che ho avuto la fortuna di presentare, in una bella sera di luglio, dinnanzi a quasi duecento attenti spettatori che gremivano quella piccola agorà marateota che risponde al nome di Piazzetta Pietra del Sole. Tutti incuriositi per questa figura all’apparenza fragile ed indifesa che per l’estremo coraggio delle proprie idee è costretta da tre anni ad una vita blindata dopo che i vertici dell’organizzazione terroristica palestinese Hamas lo hanno letteralmente condannato a morte: si Magdi Allam è stato fatto oggetto di una fatwa, di quel responso giuridico islamico che nel linguaggio occidentale equivale ad una sentenza di condanna a morte. Sono stato seduto, per un paio d’ore, accanto ad un giornalista nel mirino del terrorismo fondamentalista ed integralista: quella piazzetta brulicava dei suoi angeli custodi ed Allam ci ha conquistato ed affascinato, soprattutto per la franchezza delle sue affermazioni: “proprio perché tanto amata, l’Italia di oggi mi riempie di amarezza ed inquietudine: di fronte alla minaccia montante del terrorismo islamico e del proselitismo integralista, il “nostro” Paese sembra incapace di reagire con la dovuta decisione”. Finalmente qualcuno che dice ciò che pensa e lo scrive pure: altro che supponenza, superficialità, autoreferenzialità italiche. Soprattutto se il colore della pelle non è proprio come il nostro. Anche a costo di una fatwa!

Eco di Basilicata anno V° n. 15-
Egidio Lorito

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