In questo sempre più strano Paese che si chiama Italia, ormai non fa quasi più notizia che uno scrittore o un giornalista debba vivere sotto-scorta perché con le proprie idee, tradotte in libri, possa aver dato fastidio a qualcuno o qualcosa. Questo tipo di vita -anzi, di non vita- sembrava essere appannaggio esclusivo (!) di Magistrati impegnati in prima fila a contrastare la criminalità organizzata: ma in questo caso c’è almeno l’attenuante che si tratti di soggetti-organi dello Stato chiamati a svolgere il proprio ruolo istituzionale e costituzionale.
Nel caso di intellettuali, no: Magdi Allam, vicedirettore del Corriere della Sera, da alcuni anni vive questa condizione di “protezione ravvicinata” perché i suoi libri, i suoi articoli, i suoi intereventi non devono proprio essere andati giù ad un gruppetto di fondamentalisti islamici che tempo fa, per vendicarsi, gli spedì una bella “fatwa”, condannandolo a morte. A Roberto Saviano, ventisettenne giornalista e scrittore nativo di Casal di Principe, nel casertano, autore del successo editoriale “Gomorra. Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra”, è successa praticamente la stessa cosa: il suo libro, vincitore della 77esima edizione del Premio Viareggio-Repaci, è uno sconvolgente reportage sull’universo di una della forze occulte che tengono in scacco la parte meridionale di questo strano Paese che si chiama Italia. Ebbene, il giovane Saviano -perché alla sua età ci vuole un coraggio pazzesco per mettere nero su bianco un romanzo visionario e iperrealistico come il suo- da un paio di settimane vive in questa nuova condizione che egli esperti del settore chiamano “protezione ravvicinata”: ovvero, d’ora in avanti, ogni istante di vita sarà segnato dalla presenza rassicurante dei difensori dello Stato, Carabinieri sicuramente. Si verifica, con perfetto tempismo, quanto il compianto Enzo Siciliano disse di Saviano e del suo libro: “ricordiamoci che questo non è solo un bel libro: questo ragazzo rischia la vita” . Ora, considerato che conosco personalmente giovani Magistrati e colleghi giornalisti che hanno dovuto, negli anni, subire la sorte di condividere la propria esistenza con un bel gruppo di angeli custodi -a loro volta esposti al rischio personale di vita- posso ben comprendere lo stato d’animo di questo coraggioso ragazzo campano che ha scelto di travasare per iscritto le nefandezze di questa organizzazione criminale. Lo scorso 21 agosto lo presentai in quel di Maratea: chiusi l’intervento con l’augurio che la sua attività giornalistica non seguisse le sorti di quella toccata a Giancarlo Siani e Walter Tobagi. Sono con lui.
Eco di Basilicata anno V° n. 20
Egidio Lorito