A tu per tu con...
“Provo a raccontarti cosa sia la bellezza. Non sembra molto difficile: questa parola si trova così spesso nel nostro vocabolario che sarebbe strano non conoscere il suo significato. Eppure… Capita spesso di non vedere ciò che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, così ci dimentichiamo il senso di vocaboli che usiamo abitualmente. Se, poi, ci avviciniamo al mondo dell’arte, ci accorgiamo come la parola <"bellezza">-che dovrebbe essere fondamentale in un giudizio estetico- sia quasi sparita, sia considerata un concetto senza senso. Hai mai sentito dire da una persona, con l’aria colta e raffinata, che un quadro moderno è bello?
Dirà: è interessante! Come se il giudizio che esprime una riflessione su ciò che è bello o brutto fosse banale”. Inizia così “Le promesse della bellezza (2006, € 16.00) l’ultimo nato in casa Mondadori a firma di Stefano Zecchi, l’autorevole Ordinario di Estetica all’Università degli Studi di Milano, personaggio molto noto al grande pubblico per le numerose apparizioni televisive caratterizzate da rigore scientifico, amore per l’arte, competenza nel settore che lo vede -tra l’altro- presidente dell’Accademia delle Belle Arti di Brera, sempre a Milano.
Il punto di partenza di questo ennesimo tassello della sua ricerca è chiaro: fin dalle origini della nostra civiltà, l’energia creativa della bellezza è stata il motore dell’esistenza umana, ha suscitato desideri e passioni, sollecitato azioni e pensieri. Eppure, mai come oggi, la forza della bellezza sembra offuscata da molte ambiguità e da una certa confusione sul suo significato e valore: se affermiamo che un corpo, un paesaggio, un’opera d’arte sono <>si corre il più delle volte il rischio di essere giudicati banali o addirittura presuntuosi;e sempre più spesso la parola bellezza appare un concetto vuoto legato all’effimero, all’esteriorità, alle ultime tendenze della moda e privato di ogni fondamento etico e di verità. Cos’è la bellezza? Qual è -oggi- il suo valore? Vale solo il dato estetico, l’impatto che un viso, un corpo, un paesaggio, un’opera d’arte creano ai nostri sensi, o c’è qualcosa di molto più profondo? Sono queste le domande che rivolgo di getto all’ospite di questa puntata di “A tu per tu con…”: forse numerose, forse d’istinto, sfruttando la possibilità di quest’intervista per allungare il più possibile la conversazione con uno degli intellettuali più fini del nostro panorama culturale. “Intanto c’è da premettere che l’insegnamento che svolgo, quello di Estetica, è legato ad una forte connotazione filosofica e -quindi- a temi inerenti alla filosofia dell’arte, alla musica, alla letteratura, alla pittura;in secondo luogo esiste un forte discorso legato all’attualità, con la conseguenza che tutto il mondo della comunicazione può essere -anzi è- coinvolto in questo tipo di ricerca, tant’è vero che ho lavorato anche ad un libro sulla televisione, pubblicato nel 2005, dal titolo emblematico di “L’uomo è ciò che guarda” (Mondadori), e questo consente di allargare il discorso anche sull’attualità, sulla contemporaneità, che gioca un ruolo non secondario sui fattori estetici”. Va subito al cuore del problema Stefano Zecchi, veneziano, classe 1945, allievo in Filosofia Teoretica del filosofo anconetano Enzo Paci (1911-1976) -uno dei più autorevoli rappresentanti dell’esistenzialismo italiano, fondatore della rivista “Aut-aut”- con cui si laureò discutendo una tesi sul pensiero di Husserl e dopo un periodo di specializzazione presso l’Archivio Husserl di Lovanio ed in alcune università tedesche, ha insegnato a Verona e Padova. Oggi i suoi ambiti di studio e ricerca sono la fenomenologia husserliana ed il suo sviluppo nel dibattito contemporaneo, la tradizione goetheana e romantica legata alle nozioni di mito, simbolo, bellezza, cultura, il rapporto arte-scienza tra Settecento e Ottocento;la riflessione contemporanea sulle questioni legate alla decadenza, al nichilismo, alla tecnica, alla globalizzazione;il rapporto tra estetica e teologia. La sua ricca pubblicistica vanta titoli che il grande pubblico ha conosciuto in questi ultimi anni quali -tutti editi da Mondadori- i saggi Sillabario del nuovo millennio (1993), Il brutto e il bello (1995), L’artista armato (1998), Capire l’arte (1999), ed i romanzi Estasi (1993), Sensualità (1995, Premio Bancarella 1996), L’incantesimo (1997), Fedeltà (2001), Amata per caso (2003). Il singolare itinerario di Zecchi lungo le pagine della sua ultima pubblicazione viene intrapreso attraverso un dialogo immaginario con un lettore con cui esplora -utilizzando un linguaggio semplice ed efficace- i principali ambiti nei quali si affronta il tema della bellezza: il corpo umano, la natura, l’arte: ne nasce un viaggio nel tempo, dall’antichità ai nostri giorni, in cui Zecchi ci accompagna attraverso le molteplici forme in cui il bello è stato pensato, raccontato, esaltato, ma anche irriso e dissacrato, all’interno di un costante confronto con grandi filosofi, scrittori ed artisti di ogni epoca storica. Ecco comparire Platone e Tommaso Moro, Darwin e Freud, Shakespeare e Stendhal, Rubens e Picasso, Leon Battista Alberti e Frank Lloyd Wright. Cos’è la bellezza per Stefano Zecchi? “Naturalmente il tema è complesso e rispondere alla Sua domanda richiederebbe aprire una serie infinita di variabili: posso, comunque, cercare di riassumere il senso di questa richiesta ricordando di essermi avvicinato al tema della bellezza sin dall’inizio dei miei studi universitari, legati soprattutto alla fenomenologia, che mi consentivano di affrontare la realtà dal punto di vista dell’apparire, del manifestarsi”. Efficace lo strumento dialogico utilizzato nell’ultimo libro! “Effettivamente mi è parso uno strumento diretto ed immediato per arrivare al pubblico, soprattutto a chi segue i miei articoli, le mie rubriche, le mie conferenze, le mie lezioni universitarie: il tema affrontato, proprio perché filosoficamente fondato, non è certo di grande facilità comunicativa e così lo strumento del dialogo mi ha permesso di giungere immediatamente laddove mi ero prefisso. In questo modo mi è stato anche facile creare un rapporto con il lettore immaginario, coinvolgerlo il più possibile in questa ricerca: si è trattato di un espediente per avvicinare il lettore, visto che quest’ultimo cercava di avvicinarsi a me”. Sbaglierebbe questo “lettore” se pensasse a Stefano Zecchi, filosofo dell’estetica -estetologo come si usa dire oggi- chiuso in una sorte di torre eburnea, circondato da pile di libri, a meditare sui massimi sistemi, a scrivere dotti saggi: e non solo per le sue continue apparizioni televisive che ne fanno uno dei personaggi più conosciuti nei palinsesti televisivi. Zecchi è un intellettuale calato nella realtà in cui vive: lo dimostra -soprattutto- il suo impegno politico-amministrativo che lo ha visto assessore alla Cultura del Comune di Milano durante gli anni di Gabriele Albertini sindaco: da questa esperienza condotta sul campo, Zecchi ha tratto alcune riflessioni utili anche per queste pagine: “il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini, in riferimento a tematiche quali la tutela del paesaggio, dei beni architettonici e culturali in genere” -mi risponde secco- “è ancora approssimativo, forse perché si pensa che il tema della qualità della vita, del rapporto tra cittadini e città, della nostra esistenza moderna complessiva, non siano ancora argomenti scientificamente elaborati, e perciò stesso lasciati soltanto alla buona volontà di amministratori sensibili e capaci e di cittadini parimenti responsabili. E’abbastanza malinconico vedere che un assessorato alla cultura, nel nostro Paese, sia ancora considerato ai margini delle scelte fondamentali, come se la cultura fosse un ambito separato della vita amministrativa. Ma c’è una piccola speranza, legata al fatto che i cittadini stanno iniziando a rendersi conto di quanto importanti siano questi temi -la cultura, l’ambiente, il paesaggio, la qualità della vita: e questo servirà a ridurre quella sorta di sciatteria che ancora esiste, da parte della Pubblica Amministrazione in senso ampio, verso questi temi”. Nell’ambito dei tre capitoli generali in cui è diviso il testo (Bellezza del corpo, della natura, dell’anima e dell’arte) più una riflessione sul presente (Oltre il nichilismo, la bellezza moderna), sono veramente tanti i temi affrontati da Zecchi: la moda, l’industria della bellezza, la comunicazione di massa, l’emancipazione delle donne, la rivoluzione sessuale, la televisione. Su quest’ultimo argomento, il dialogo con il suo interlocutore diventa quanto mai attuale: “collocata nel soggiorno di famiglia, contornata da sedie e poltrone, centro di un nuovo focolare domestico, la televisione portava la bellezza dentro le case, in un modo molto più intimo, meno spersonalizzante del cinema. Una bella donna, un uomo affascinante che appaiono in casa mentre si mangia o si riposa, sono molto più coinvolgenti, forse anche più conturbanti, che se fossero visti al cinema. Nello stesso tempo, quelle immagini, diventando quotidiane, diffondono un’idea di familiarità della bellezza fisica, della seduzione di un corpo bello che prima -osservate al buio di una sala cinematografica- apparivano molto più distanti, mimetizzate. Il linguaggio televisivo, inoltre, entrava capillarmente tra la gente, indifferente alle differenze culturali ed economiche, favorendo la diffusione di modelli e stili di bellezza, la televisione mostrava belle donne e quelle diventavano la bellezza da desiderare e -possibilmente- da imitare”. Senza dimenticare il tema della politica, anzi della video-politica, come qualcuno ha finemente osservato: Zecchi lega fortemente il successo politico -in politica!- alla bellezza: “bellezza e successo diventano un binomio indissolubile anche per l’uomo che, in questa circostanza, è proprio lui adesso a rincorrere il modello femminile. Il divismo della bellezza maschile, che si diffonde nella società, imitando quello delle donne, raggiunge anche la sfera della politica, fino ai più alti livelli del potere, cosa questa ancora preclusa al sesso femminile. All’improvviso, infatti, si scoprì che la bellezza poteva dare ad un candidato politico un vantaggio immediato e imprevisto. Fu il primo dibattito televisivo tra Kennedy e Nixon a dimostrare che anche il suo aspetto fisico rappresentava una considerevole opportunità per catturare il voto degli elettori: dapprima, gli esperti di comunicazione del candidato democratico temettero proprio il contrario, e cioè che l’immagine giovanile e bella di Kennedy potesse giocare a suo sfavore. Poteva infatti suggerire l’idea dell’inesperienza o, anche, della superficialità della persona. Le analisi del dibattito tra i due candidati alla Casa Bianca, mostrarono invece che ormai la bellezza aveva oltrepassato anche i tradizionali recinti della politica, inaugurando un nuovo modo di affrontare le sfide elettorali. L’immagine di Kennedy non tardò a fare scuola”. Ad un fine osservatore della bellezza non poteva sfuggire il tema della natura: ed anche qui il dialogo tra Zecchi ed con il suo interlocutore si fa intenso: “ti sei mai chiesto perché guardando dalla costa il mare che si perde all’orizzonte, oppure contemplando da un picco montuoso un ghiacciaio che si estende fino al confine del cielo non possiamo non ammirarne la bellezza, affascinati da tanto splendore? Non è il caso che tu faccia dell’ironia dicendo che ti piace il mare e non la montagna, anche perché non è questione di ironia, quanto del solito errore che abbiamo già preso in considerazione parlando della bellezza del corpo: devi tenere separato il gusto personale da ciò che è bello;quindi, pur preferendo trascorrere le tue vacanze al mare, ammetterai che ti sarà capitato di rimanere incantato di fronte ad un ghiacciaio immacolato con quei suoi crepacci che in lontananza si tingono d’azzurro. Insomma, anche se il gusto ti porta a preferire il mare, non potrai negare la bellezza di un ghiacciaio di montagna”. Affrontando il tema della “bellezza dell’anima e dell’arte”, Lei ha sottolineato che il problema della bellezza si pone in modo diverso da quello del gusto: “ esattamente! Quando si afferma: <>, si pronuncia un giudizio con il quale s’intende oltrepassare la semplice sensazione (il piacevole, il gradevole) per formulare un pensiero. Il piacevole fa riferimento al sentimento, alla sensazione;il bello ad un ragionamento. E quando siamo in presenza di un’affermazione che pronuncia un giudizio si ciò che è bello, abbiamo a che fare con un significato che si esprime attraverso una riflessione, non una sensazione. La nostra vita non è soltanto materia che si sviluppa e decade, è anche creatività, progetto, utopia. La bellezza appartiene a questa dimensione non materiale della vita, che ha una propria idealità non circoscrivibile e limitabile al mondo soggettivo”. Professore, Lei sostiene che occorre costruire un progetto futuro di bellezza che colga “l’eterno nella finitezza della vita”! “E’ un tema profondo che ho ripreso in queste pagine: saper vedere le cose che cambiano, nonostante l’idea di fondo sia sempre la stessa, ovvero far germogliare la radice della bellezza, far emergere la spiritualità come vera essenza nella materialità della forma. Questo per dare sempre più forza al principio che l’idea della bellezza è sempre presente nella storia culturale della nostra civiltà, ed al contempo si presenta attraverso forme diverse. Una bellezza che ci restituisca la capacità di sognare e di essere autenticamente uomini, che ci prometta di tornare ad immaginare nuovi mondi possibili”.
La Provincia Cosentina “A tu per tu con…” n. 11
Egidio Lorito, 13/01/2007