A tu per tu con...
Ricordo la sua presentazione, in una dolce sera di fine agosto 2006, come uno degli appuntamenti più stimolanti, istrionici e surreali che mi siano mai capitati da quando ho iniziato a coordinare e moderare autori invitati a presentare loro ultime pubblicazioni letterarie. Andrea illustrava il suo “Ho fatto giardino” (Mondadori, 2006) ad una platea che dopo aver riflettuto -durante i precedenti incontri- sui temi della bellezza, della pace, dell’avventura, dell’armonia, dell’attualità, della serenità e della maturità, poteva ora godersi un poliedrico autore, di recente magistralmente definito “vero, contraddittore, cinico, romantico, ribelle, eroe, mito, modello: in una parola, genio”.
Romanzo, questo, ultimo di una serie iniziata con “Lazzaro, vieni fuori (Feltrinelli 1992), Il vizio dell’agnello (‘94), Il senso della frase (‘95), Io, non io, neanche lui (’96), Un saluto ai ricci (Il Minotauro, 96 con Silvia Noto), Il conto dell’ultima cena Mondadori ’98, E chi porta le cicogne EL ‘99, L’assenza dell’assenzio, Mondadori ‘99, Il dente del pregiudizio 2000, Fuggevole turchese ‘01, Sangue di yogurt ‘02, Nonostante Clizia ‘03, L’ultimo dei neuroni ’05. Personalità multiforme, capace di passare dal serio all’ironico nel giro di una battuta, Andrea G. Pinketts è uno dei più noti esponenti della letteratura noir italiana: milanese, classe 1961, madre trentina e padre irlandese, molto noto anche al pubblico televisivo, ha passato l’ultimo ventennio a collezionare amici e nemici per la pelle -come ama ricordare- grazie ad una prodigiosa carriera umana e letteraria come scrittore e giornalista investigativo che lo ha portato a condurre scottanti inchieste per numerose riviste, infiltrandosi anche in svariate realtà criminali. Noti i suoi reportage per riviste quali “Esquire” e “Panorama” grazie ai quali ha contribuito addirittura all’arresto di un buon numero di camorristi che avevano eletto la cittadina di Cattolica centro di loschi affari lungo la Riviera romagnola;per non parlare delle sue inchieste che portarono all’incriminazione degli adepti della setta dei Bambini di Satana a Bologna ed alla cattura di Luigi Chiatti, il mostro di Foligno. Mica bruscolini, insomma, come ama ricordare la pubblicistica che ha unanimemente eletto Pinketts moderna icona di un genere, il noir appunto, che sembra attirare un sempre crescente pubblico di ogni età. Lo raggiungo telefonicamente durante le ultime festività natalizie nella sua casa di Milano, salutato con grande affetto da sua madre e dai “rumori” canini del suo simpatico amico a quattro zampe. Allora, Andrea, quando nasci come scrittore noir? “Come lettore, da giovanissimo, ero appassionato di questo genere: nei racconti di Edgar A. Poe, piuttosto che in quelli di Mark Twain e persino nei “Misteri della giungla nera” di Emilio Salgari, ritrovavo il fascino innegabile verso il mistero: da bambino, leggendo i racconti di Tom Sayer scoprivo, come lui, quegli elementi, sospesi tra il mistero e l’umorismo che, nell’evoluzione sia umana che letteraria, avrebbero caratterizzato non solo la mia scrittura a venire, quanto quella continua indagine sulla scoperta della vita. Insomma, la mia attuale parabola letteraria ha iniziato ad innalzarsi contemporaneamente all’incedere degli anni!”. E prima ancora di entrare nei meandri del mistero e del giornalismo investigativo, Pinketts si è letteralmente tuffato nel mondo della cronaca nera, iniziando “a fare” il giornalista a diciotto anni: “che tempi! Era la fine degli anni Settanta e lavoravo per conto dell’agenzia investigativa Liverani di Milano: avevamo il compito di seguire i fotografi chiamati a precipitarsi sul luogo di un delitto;eravamo sintonizzati sulle frequenze-radio di Polizia e Carabinieri, cercando di arrivare prima delle forze dell’ordine: molte volte capitava proprio a noi di scoprire un cadavere o di immortalare un killer sulla scena del crimine. E che scena… Poi la mia agenzia vendeva i pezzi ai quotidiani: sono passato -con un volo pindarico- ad Onda Tv dove intervistavo le vallette: erano gli anni ‘80, quelli della prima televisione patinata, tutta lustrini e paillettes e sulle televisioni private impazzavano starlette di ogni sorta. Ora, mentre i redattori e le prime firme intervistavano i grandi nomi della televisione di quel periodo, come Corrado, vera star mediatica, io -che ero giovanissimo ed alle prime armi- ero relegato al compito di intervistare le vallette di quel varietà o di quel gioco a premi e ti confesso che la cosa non mi dispiaceva affatto, tanto che poi passavo dal ruolo di intervistatore a quello, ben più personale, di fidanzato di molte di loro: era un vero spasso… Il tempo passava ed anche la mia carriera: ero diventato critico cinematografico al festival di Montecatini, quello del Super 8, dove veramente ne vedevi di tutti i colori, cinema sperimentale su tutto. Insomma, ho sempre vissuto con le mie vite parallele: nel frattempo ero istruttore di kendo, lavoravo in un’agenzia pubblicitaria come copy, facevo il fotomodello -nel 1986 sono stato il testimonial per una celebre campagna pubblicitaria di Giorgio Armani- e -soprattutto- continuavo a scrivere;nel 1984 vinsi il primo dei miei tre Mystfest, il Festival del Mistero e della letteratura di genere che si tiene ogni anno a Cattolica, senza mai abbandonare il progetto che poi sarebbe divenuto il mio primo romanzo”. Ma quest’estate ho presentato Andrea Pinketts o Lazzaro Santandrea? Ed ora intervisto l’autore di romanzi in bilico tra il noir ed il grottesco o l’incallito ed arguto investigatore privato? La domanda è più che mai attuale, visto che la parabola professionale ed umana del simpatico quarantacinquenne milanese non può assolutamente essere letta se non in stretta comparazione con quella del personaggio protagonista dei suoi romanzi: “già, Lazzaro! In quest’ultimo caso che lo vede protagonista, il momento è indubbiamente periglioso e difficile: Lazzaro Santandrea si trova a varcare la soglia dei fatidici 26 anni -sarebbero quaranta ma, essendo nato quattordicenne, la fatidica soglia lui la supera a 26. Bisogna confessare che non è con spirito ottimista che il nostro eroe affronta questo momento gravido di insidie: tutto il funambolico universo che gli gravita intorno manda questi messaggi di decadimento: il suo locale preferito -il Trottoir- è stato chiuso, il cane che condivideva con la gagliarda mamma ormai pascola nelle praterie celesti, amici, pards e compari di avventure emigrano e si dileguano, intristiscono. In una Milano sempre più grigia, sempre più ripiegata su sé stessa, l’unica cosa che sembra tener desta la curiosità della gente è il mito della bumba, la leggendaria sostanza illegale in grado di mandarti fuori di testa sul serio. Finchè una mattina, sul finire delle vacanze natalizie più desolanti della storia, la fidanzata di Lazzaro (ricca ex tossica) viene trovata uccisa: a questo punto, il nostro eroe decide che è arrivato il momento di “fare giardino”: ebbene, per quei pochissimi tra i lettori che ancora inspiegabilmente non lo sapessero, “giardino” era stata la geniale combinazione pokeristica -rigorosamente di fantasia- grazie alla quale Lazzaro era riuscito, inventandosi su due piedi regole inesistenti, a ribaltare le sorti di una disastrosa partita con dei ricchi giapponesi in Costa Azzurra. Per Lazzaro gli anni passano, ma la ferrea determinazione di non piegarsi alla mestizia, all’ingiustizia e ad altre cose che finiscono per “zia”, resta”. Anche nel nostro caso, fare giardino significherà ribaltare una situazione che ti vede perdente usando molta fantasia, una bella camionata di grinta e quella capacità di ironia totale che hanno fatto dei libri del nostro Andrea una sorta di leggenda metropolitana, urbana ed extraurbana: si tratta, nell’ultimo caso, di un romanzo pirotecnico ed al contempo durissimo, ambientato tra Milano e Saint Tropez, con tanto di corse di paralitici in carrozzella, cavie umane, folletti malvagi sfidati dall’eroe-Lazzaro, che rifiuta di sottostare alle leggi dell’età e che -invece di invecchiare, rimbambinisce e ringiovanisce. Andrea, ormai vivi con Lazzaro una vita simbiotica! “Altro che simbiosi… Io sono praticamente Lazzaro Santandrea: questo geniale investigatore possiede i miei ricordi, la mia memoria, si è impadronito del mio passato ma alla fine è un personaggio autobiografico, praticamente il mio alter-ego. Il bello è che tutti e due hanno la stessa opinione reciproca: sono perfettamente uguali ed alla fine arrivano sempre a scontrasi. Lazzaro si avvicina all’idea di giustizia con un approccio praticamente <>senza mai cadere nel moralismo: non è un moralista, né tantomeno un moralizzatore: vive secondo una sua particolarissima visione della vita, non dà lezioni perché vive da emarginato e ricorda in modo impressionante personaggi tipo Il grande Lebowski o Il grande Gatsby”. Pinketts qualche anno fa, salì agli onori della cronaca giudiziaria per aver contribuito -forse uno dei pochi casi di cittadino al servizio della Giustizia!- a risolvere drammatici casi che stavano insanguinando il nostro Paese: “già, ti riferisci ad un caso sicuramente unico nel panorama italiano: avendo vinto nel 1991 il premio “Una Remington per la strada” per il giornalismo investigativo, l’anno dopo -provocatoriamente- Gianfranco Micucci, sindaco di Cattolica -realtà che subiva un’incredibile serie di infiltrazioni camorristiche, denunciate alle autorità senza risposte istituzionali (si parlava di estorsioni, sfruttamento della prostituzione, furti e rapine lungo tutta la riviera romagnola)- con una delibera comunale mi nominò nientemeno che “Sceriffo della Città”. Poteva sembrare una provocazione, appunto, una costruzione tutta mediatica per attirare l’attenzione delle istituzioni ufficiali: ebbene, dopo sei mesi di intense indagini, condotte alla Serpico -attraverso vere e proprie infiltrazioni tra gli adepti di quella banda camorristica, con tanto di informatori- riuscii a far operare dalle Forze dell’Ordine ben centosei arresti: insomma sconfissi la camorra in Riviera!” Un giornalismo d’assalto, anzi un giornalismo civico, sempre con quel senso della giustizia che ritroviamo in Lazzaro, allora? “Poiché sono convinto che una vita non basta assolutamente per poter sperimentare tutte le nostre qualità, allora mi sono calato in tanti aspetti della nostra quotidianità: sono stato barbone, per conto della rivista “Esquire”, un mese intero alla Stazione Centrale di Milano nel 1990, per raccontare -dall’interno- la vita infernale di questi derelitti della nostra ricca ed opulenta società: in quell’occasione mi resi conto che l’immagine romantica del clochard, dell’homeless è del tutto falsa, costruita: l’unica cosa che esisteva era la lotta per la sopravvivenza, per la vita, altro che legami solidaristici tra barboni…. Sono stato “vu cumprà”, con tanto di pelle dipinta di nero, ed anche in questo caso ho provato sulla mia -di pelle- cosa vuol dire raccattare pochi spiccioli al giorno, con il pericolo delle vere e propri bande che monopolizzano il territorio;poi ho vestito (o svestito?) i panni del porno-attore al MiSex di Milano, il festival del porno, con il nome di “Udo Kuoio il re della frusta”;poi, cosa di cui vado estremamente orgoglioso- mi sono infiltrato, nel 1996, come rockettaro con tanto di cresta azzurra, tra gli adepti dei “Bambini di Satana” di Bologna e solo dopo la mia inchiesta è venuto fuori il processo al capo di quella setta, Dimitri: chiaramente fui citato come testimone dell’accusa ed anche qui i responsabili di orrendi crimini furono assicurati alla giustizia. Né posso dimenticare il caso di Luigi Chiatti, “il mostro di Foligno”: in quell’occasione, dopo essermi trasferito nella città umbra ed aver suggerito la pista giusta frutto delle mie accurate indagini, indicai agli inquirenti proprio nel Chiatti l’autore probabilissimo del primo omicidio, senza che però fossi stato ascoltato;si seguì, invece, un’altra pista -quella di Spilotro, un mitomane- e vi fu un secondo drammatico omicidio: solo allora gli investigatori riuscirono ad incastrare il vero autore e, forse, senza il mio aiuto, vi sarebbero state altre giovani vittime…”. A questa letteratura impegnata anche sul fronte civico, sono seguiti numerosi riconoscimenti, come -oltre ai tre MystFest- il “Premio Jack London” per la scrittura d’avventura nel 1995, anno in cui Pinketts crea il fumetto trash “Laida Odius” assieme a Maurizio Rozenweig;l’anno dopo, la prima edizione del “Premio Scerbanenco”. Andrea, puoi spiegare ai nostri lettori come nascono i tuoi romanzi? “c’è molta contaminazione, inutile negarlo, perché la letteratura contemporanea e figlia della contaminazione, a differenza di ciò che accadeva un tempo: è la nostra stessa società che vive di una continua contaminazione culturale, che ne rappresenta una sorta di termometro altamente attendibile;il cinema, la televisione, la playstation, la moda, i juke box che spariscono, i bar che chiudono, i fumetti, la pop art. Tutte le forme di vita artistica confluiscono in ciò che scrivo ed in questo molto devo, nella composizione dei miei libri, a William Shakespeare per la sua ineguagliabile capacità di costruire le parole che poi calava -come cerco di fare io stesso- nella realtà in cui viveva”. Il suo essere istrionico nella lingua e nello stile lo si coglie in una espressione riassuntiva di sé: “sono un incrocio tra Fonzie ed Einstein” : “è una definizione autocelebrativa: Einstein perché sono stato definito “un genio” della scrittura e Fonzie perché, in fondo, sono un vero spaccone, sempre della scrittura e Lazzaro è il mio alter ego perfetto che coltiva con successo molti vizi ma che aspira alla massima giustizia realizzabile in terra!”. Lo scorso ottobre, il governo francese lo ha insignito della Medaglia d’Oro per la Letteratura: bella soddisfazione nella terra d’Oltr’Alpe! Ah, dimenticavo: la G. che compare tra il nome ed il cognome, sta per “genio” ovviamente…
La Provincia Cosentina “A tu per tu con…” n. 12 -
Egidio Lorito, 20/01/2007