A tu per tu con...

Malaffare ed intrecci politico-mafìosi, ritardi infrastrutturali e atavica arretratezza, mentalità gretta e sudditanza psicologica, per una volta, non sono protagonisti. Il centro della narrazione, questa volta, è la Calabria magica e seducente fatta di mare e colline, di tramonti ed albe, di usanze femminili e tipi maschili: finalmente, un romanzo -interamente ambientato in Calabria- ci regala una doppia prospettiva, interiore ed esteriore, legata a paesaggi e personaggi, tutta protesa intorno ad un universo narrativo che ha conquistato i lettori della scorsa estate, contribuendo ad irradiare un’immagine diversa della Calabria, fuori dai tanti stereotipi che ne fanno la terra di un certo degrado, non solo geo-fisico.

Manuela Stefani è nata a Milano e lavora come capo servizio nella redazione di Airone -la prestigiosa rivista che fa capo al Gruppo di Urbano Cairo- nota da un venticinquennio al grande pubblico per i puntuali reportage alla scoperta della natura;rivista che -è bene sottolinearlo- da sempre riserva un trattamento del tutto particolare alla terra di Calabria omaggiata -praticamente in tutte le sue emergenze ambientali- in articoli mensili e numeri speciali, nei quali spettacolari scatti fotografici, dettagliati servizi giornalistici e rigore scientifico degli interventi creano un mix tutto particolare al servizio esclusivo di sua maestà la natura.
Ho conosciuto Manuela Stefani la scorsa estate durante il tour promozionale del suo primo romanzo “La casa degli ulivi” (Mondadori, 2006) e mi fece un certo effetto presentare un’autrice milanese che parlava della Calabria la dove di questa terra non s’intravedevano che le prime luci della costa tirrenica: ricordo, al di là delle suggestioni manifestate dalla narrazione del libro, una persona disponibilissima a concedersi -innanzi al rilassato pubblico estivo- alle domande di un giovane collega che -dalla Calabria- fa il suo piccolo dovere quotidiano di calabrese, per raccontare quanto di buono non è stato ancora cancellato da una quotidianità che -lo sottolineo sempre con forza- distorce il senso di questa terra. Il nostro rapporto professionale si è intensificato in questi mesi e queste righe ne sono il giusto coronamento: “ho frequentato il liceo classico e sono laureata in Lingue e Letterature Straniere: per un brevissimo tempo sono stata interprete, attività che ho abbandonato per il giornalismo, la professione di oggi e la passione di sempre! Iniziai nel 1983, sin dalla prima assunzione ad Airone, realtà editoriale in cui ho iniziato la lunga gavetta, occupandomi, all’inizio, praticamente di tutto, per poi indirizzare il mio interesse verso i viaggi e le emergenze ambientali in tutto il mondo: reportage, servizi scientifici, pagine culturali sono stati il mio pane quotidiano per lunghi anni che mi hanno messo a confronto con le più disparate facce in fatto di natura. La redazione è stata il mio banco di prova, assieme alla divulgazione scientifica che ha caratterizzato la rivista soprattutto nei primi anni, con l’approfondimento delle scienze della terra: e così, geologia e vulcanologia sono diventati i settori che mi hanno visto protagonista da tutto il mondo, spesso con veri e propri salti nel passato, in Indonesia come negli Stati Uniti, alle Hawaii, come in Islanda -che è una terra meravigliosa da questo punto di vista- in Giappone, senza dimenticare l’Italia del Vesuvio e dell’Etna”. Hai focalizzato, quindi, la tua attenzione sul giornalismo scientifico e divulgativo… “Esatto: non parlerei tanto di ambientalismo -che ha una visione più spiccatamente politica, legata alla gestione del territorio- perchè ho privilegiato l’aspetto puramente scientifico, divulgativo, anche grazie alla linea editoriale che da sempre caratterizza Airone: il Gruppo Cairo Editore, attualmente proprietario della testata -anche se il nome che risulta sulla copertina rimanda ancora all’Editoriale Giorgio Mondadori- si caratterizza per la naturale prosecuzione dei dettami della prima uscita, nell’ormai lontano 1981: in oltre venticinque anni sia la scena sociale italiana che quella editoriale sono effettivamente mutate ed Airone ha attraversato una lunga maturazione, un forte aggiornamento, pur mantenendo la sua caratteristica principale diretta al rigore scientifico, allo stile divulgativo;solo così la rivista è stata in grado di raggiungere una fascia più ampia possibile di lettori, dai giovani delle scuole, alle famiglie sino al ricercatore universitario. Direi che dopo l’entrata in scena di Urbano Cairo, nel 1999, si è avuta un’ulteriore modernizzazione della rivista, rinnovata graficamente, che è riuscita a mantenersi fedele alle tematiche degli esordi: naturalistiche, geografiche, antropologiche, ambientalistiche, culturali cercando di esprimersi in uno stile più snello, con l’utilizzo di forme di schematizzazione per una facile lettura, senza rinunciare all’approfondimento ed alla spettacolarità delle immagini, storico punto di forza della pubblicazione. Poi c’è il pubblico dei lettori, ed il target è medio-alto e lo dimostra lo stesso prezzo di copertina;entriamo nella problematica dei costi di produzione di una rivista come la nostra, che rappresenta -effettivamente- uno scoglio che non tutti possono affrontare ecco, allora, il forte utilizzo delle campagne di abbonamento che permettono, a scuole e comunità di vario genere, di ricevere la rivista grazie ad offerte vantaggiose”. Manuela, ci hai condotto, con la Casa degli ulivi, in una Calabria “romantica ed innocente”: quando ti è scoppiata la passione per questa terra? “Sono partita dalla bellezza di questa Regione che ho avuto modo di conoscere all’inizio degli anni ’80, per ragioni familiari: mi sono innamorata della spettacolarità di un territorio che non smette mai di sorprendere ed affascinare;certo, non nascondo che per la tua terra provo spesso rabbia, soprattutto quando vedo il territorio trattato non proprio come dovrebbe essere, con tutte le eccezioni, fortunatamente, che ancora oggi posso cogliere! All’epoca, giovanissima, ebbi l’occasione di frequentarla quotidianamente perché ero sposata con un calabrese: ero diventata una di voi! Capisci bene: l’ho vissuta dall’interno;ero entrata in una famiglia calabrese, avevo conosciuto la mentalità, gli stili di vita, il bello ed il brutto, le caratteristiche umane e sociali, la conflittualità e la passione, come in tutte le forme della convivenza. Il crotonese era la mia casa… Purtroppo le vicende familiari mi hanno portato ad un netto allontanamento dalla tua terra e con la fine del mio matrimonio, per ben undici anni, non avevo avuto l’occasione di ritornarvi: ora, dopo questa lunga parentesi di assenza -trascorsa anche a concepire e partorire “La casa degli ulivi”- il mio ritorno in Calabria è avvenuto nel modo più intimo possibile;sono ritornata tra voi, lungo quella costa, in quella terra che giovanissima mi aveva in parte accolto in parte rifiutata, con questo libro tra le mani, oggetto di grande attenzione anche da parte delle istituzioni locali”. Ecco “La casa degli ulivi”, agitata dalle vicende di tre donne che si muovono in un universo finalmente libero da tutti quei preconcetti che spesso relegano, soprattutto alle nostre latitudini, la condizione femminile ad un ruolo subordinato e secondario: i personaggi che abitano la vicenda sono inventati, non certo i luoghi, anche se alcuni dettagli sono, evidentemente, frutto della fantasia della Stefani: un’inserzione letta per caso sulle pagine del Corriere della Sera, reclamizza “La casa degli ulivi”, un’antica masseria situata nel cuore del Marchesato;siamo a Strongoli, antica fortificazione brezia edificata in prossimità di un colonia magnogreca, probabilmente l’antica Petelia di cui parlano le fonti storiche, alleata dei Romani, al punto da essere rasa al suolo da Annibale durante le guerre puniche. Qui la costa ellenica della Calabria, tra Punta Alice, Capo Colonna, Capo Cimiti e Capo Rizzuto, si caratterizza per grandi archi sabbiosi: Cirò Marina e Crotone sono i due insediamenti più popolosi, mentre alle spalle di questo centinaio di chilometri di costa, luccicano una miriade di centri posizionati tra le ultime propaggini della Sila ed il mare e Strongoli è uno di questi. Anna è una quarantenne milanese immalinconita da una vita solitaria e senza emozioni: legge l’inserzione, ne rimane incuriosita e decide che sarà proprio in questo angolo di Calabria che andrà a trascorrere un lungo periodo di riposo con intenzioni dichiarate e segrete speranze: riposare, visitare luoghi che non ha mai visto, incontrare persone che vivono in un modo del tutto diverso dal suo, con la speranza di trovare qualcosa (o qualcuno?) di nuovo che illumini la monotonia di giorni sin troppo uguali. “In cielo non c’era una nuvola. Azzurro come solo i cieli meridionali possono essere, faceva da sfondo alle foglie delicate dei rami d'ulivo, pettinate da una brezza sottile. Dovevano essere questi movimenti minimi a farle chiudere gli occhi. Guardò l’orologio. Le otto. Erano passate un paio d'ore da quando aveva deciso di fermarsi per interrompere un viaggio durato una vita. Il pomeriggio era finito, ma il sole non dava tregua. Aveva guidato per più di dodici ore senza vedere una macchia d’ombra sull’asfalto. Milano, Bologna, Firenze, Roma. Poi Napoli, Salerno e giù ancora, fino a Sibari. Era uscita qui dall'autostrada e aveva preso la Statale 106 che costeggia il litorale jonico calabrese. Dopo una sfilza di paesi mai sentiti nominare, aveva letto il cartello che indicava la destinazione finale del suo viaggio. La strada piegava a destra, lasciando indietro il mare…”. Eccola la masseria, ecco finalmente “La casa degli ulivi”: quando Anna vi mette piede, s’imbatte subito nelle due donne di casa, diametralmente opposte per portamento, comportamento, carattere e per lo stesso modo di approcciare nella conversazione. “Una donna l’aspettava sulla porta: alta, bruna, statuaria. Nè vecchia nè giovane. I panni scuri che aveva indosso facevano pensare a lutti recenti, ma non mortificavano un’ eleganza innata e un antico fascino di madonna nera. Non si mosse quando la vide arrivare ne fece alcun cenno di saluto. Sembrava del tutto indifferente e in attesa. Di cosa, non era dato sapere(…)”. Era Teresa Famularo, altera e distante che vive tormentosamente nel ricordo del suo unico amore scomparso nel nulla giusto trent’anni prima. Completamente diversa dall’altra donna di casa: Angela, bonaria ed estroversa, affabile e sensibile al dialogo, “ben decisa a non lasciarsi sfuggire l’occasione di qualche settimana di chiacchericcio Nell’arco di quella prima cena, le raccontò della casa, acquistata dal padre con i soldi vinti a una lotteria nazionale, della madre, morta di broncopolmonite un inverno interminabile di diciotto anni prima e di tutte le storie del paese, degli uomini che ogni giorno affrontano il mare e delle donne di casa, a spiare onde sempre più alte e barche sempre più lontane”. Anna, dalla natìa Milano, s’imbatte subito in questa realtà ben più lontana dei millequattrocento chilometri che la separavano dalla metropoli lombarda: c’è una vita intera che divide le donne di questa storia: una vita -la sua- fatta di libertà femminile emancipata che contrasta nettamente con quella meridionale, fatta di maschilismo, pregiudizi, misteri. Ma la vita di Anna non sarà più la stessa... La domanda è scontata, Manuela: come hai trovato la Calabria un decennio dopo? “Purtroppo non ho avuto modo di girare quanto avrei voluto, visti gli impegni di redazione e quelli legati al tour promozionale del libro, ma posso assicurarti che quattro giorni sono stati sufficienti per rivedere, soprattutto con la memoria, ciò che avevo abbandonato: un territorio in parte “modernizzato”, adeguato cioè alle esigenze dei tempi nuovi, in parte -e la cosa mi fa rabbia- “brutalizzato”: ho notato che alcuni interventi non sono stati proprio leggeri, soprattutto perché effettuati in un’area caratterizzata da un sistema ecologico molto delicato che certo avrebbe necessitato di altro tipo di approccio; ho, però, constatato con estremo piacere che in questo decennio si è fatta strada, nella mentalità di chi vive da voi, la consapevolezza del valore naturalistico e culturale di questa Regione, per trasformare tutto ciò in una risorsa vitale che non potrà che apportare vantaggi dal punto di vista economico ed antropologico. Certo, c’è molto da fare, perché -e lo ripeto da esperta della materia, oltrechè da innamorata della Calabria- l’ambiente calabrese è estremamente sensibile e delicato perché vario e mai uguale a sé stesso ed allora la politica ambientale dovrà sempre più adeguarsi alle diverse emergenze ambientali che la stessa presenta, sulla costa come tra le bellissime montagne”. Oggi sei una giornalista di punta nel panorama della divulgazione scientifica, oltrechè scrittrice di successo… “il mio presente mi vede felicemente impegnata nella rivista che mi ha, praticamente, cresciuta! Venticinque anni sono una parte non certo secondaria nella vita di una persona e nella mia vita di giornalista sono la base che mi ha permesso di arrivare dove sono oggi: “Airone” mi ha visto esordire poco più che ragazzina, ed oggi mi vede ancora firmare articoli che vedono la natura protagonista assoluta. Accanto al mio lavoro di giornalista c’è la passione per il romanzo, coltivata in segreto, proprio negli anni in cui è maturata la scrittura ambientata nella tua Calabria: una passione coltivata nella sfera privata grazie a cui -un po’ per sfida, un po’ per gioco- sono venute fuori le pagine de “La casa degli ulivi”, che mi hanno consegnato un risultato del tutto inaspettato per un’esordiente e mi fanno sperare di poter ancora scommettere in questo settore. Poi, non ho mai abbandonato la passione per lo sport: ho un passato di un certo rilievo, che mi ha visto campionessa italiana di ginnastica ritmica ai tempi della mia presenza nella squadra nazionale: corro almeno cinquanta minuti al giorno, con tutte le condizioni atmosferiche, cosa che mi ha portato un indubbio vantaggio anche professionale, perché lavorare per una rivista come “Airone” significa viaggiare molto e spostarsi moltissimo in ogni ambiente ed una buona preparazione fisica non può che supportarmi: la mia sportività è un buon investimento di vita che aiuta a mantenere un equilibrio tra il nostro essere interiore e la frenetica vita quotidiana”. 

La Provincia Cosentina;
Egidio Lorito, 11-02-2007

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