A tu per tu con...
Lo confido subito: la conversazione di questa settimana è estremamente “partigiana”. Anzi proprio “di parte”, utilizzando un termine caro ai politologi. Luciano Corradini non è solo una delle massime autorità in tema di Pedagogia, di educazione giovanile, di cultura della legalità e senso delle istituzioni: per me è, da un buon ventennio, un esempio fulgido di cultura morale, di assoluta disponibilità umana ed accademica, un interlocutore amabile cui affidare dubbi, perplessità, interrogativi.
Ho frequentato -durante la mia permanenza universitaria milanese- la sua casa di Via Tadino 15, una parallela del commerciale e trafficato Corso Buenos Aires, in cui aveva (ed ha) sede la casa Editrice Mursia ed il centro fondato dall’indimenticabile Padre Davide Maria Turoldo; un elegante palazzo di fine ‘800, dove il celebre Studio d’Arte Moderna Marconi regalava momenti di esaltante cultura e non era difficile imbattersi lungo le scale con un certo Roberto Vecchioni, è stato il mio “rifugio” per un numero imprecisato di occasioni, quando i corsi in quel della Cattolica erano all’inizio, gli esami ancora lontani dal venire ed un mondo tutto nuovo mi si parava innanzi. E Praia non è mai stata così vicina, pur a mille e più chilometri di distanza, a casa Corradini, con la sua splendida famiglia, loro che alla Calabria sono legati da sempre -il professore vanta anche una cittadinanza onoraria- anche per la fraterna amicizia con Giuseppe Serio, con lui instancabile animatore delle imperdibili occasioni di studio e ricerca offerte dalla Fondazione Gianfrancesco Serio. Nativo di Reggio Emilia, classe 1935, Luciano Corradini dopo la maturità classica e la Laurea in Filosofia alla Cattolica di Milano con due autentici Maestri del pensiero come Sofia Vanni Rovighi e Gustavo Bontadini, ha iniziato l’insegnamento in diverse scuole secondarie, conseguendo anche il perfezionamento in Filosofia Neoscolastica; Storia e Filosofia al Liceo Scientifico di Carpi e poi al Magistrale della città natale furono le prime cattedre, per passare ben presto al più prestigioso insegnamento universitario: Parma, Cosenza, Cattolica di Brescia, Statale di Milano: in quest’ultimo Ateneo ottenne l’assistentato ordinario nel 1978, per divenire Straordinario nel 1980 ed Ordinario tre anni dopo di Pedagogia, la sua materia. Chiamato al Ministero della Pubblica Istruzione come Vicepresidente del Consiglio Nazionale ed alla Facoltà di Magistero della Sapienza di Roma nel 1991 come successore di un altro maestro come Mauro Laeng, Corradini ha continuato il suo insegnamento di Pedagogia Generale nella Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre, concludendolo nel 2003. Tra le mani ho il suo “curriculum” scientifico: faccio fatica a seguirlo, tanto appare articolato in volumi, libri a cura, voci per enciclopedie e dizionari, ricerche, atti di convegni, incarichi di altissimo livello: ha fatto parte di associazioni, delegazioni e di comitati ministeriali ed internazionali in sede di Unione Europea e Consiglio D’Europa; presso l’Ufficio Studi del Ministero della Pubblica Istruzione ha promosso e coordinato, dal 1989 al 1996, il Progetto Giovani 1993, il Progetto Ragazzi 2000 ed il progetto Genitori; ha presieduto, durante l’esperienza da Sottosegretario di Stato, il Comitato tecnico-scientifico previsto dalla legge contro le tossicodipendenze ed il Comitato di studio incaricato di riscrivere i programmi di Educazione Civica. E’ stato presidente nazionale dell’Associazione Italiana Docenti Universitari, dell’Associazione per la Riduzione del Debito Pubblico e -soprattutto- dal 1966 dell’Unione Cattolica Insegnanti Medi, alla cui esperienza ha dedicato uno dei suoi ultimi volumi. Sterminata, neanche a dirlo, la sua pubblicistica: ricordo, almeno, La difficile convivenza. Dalla scuola di Stato alla scuola della comunità (La Scuola, Brescia, 1975), Democrazia scolastica (La Scuola, Brescia, 1976), La comunità incompiuta (Vita e Pensiero, Milano, 1979), Educare nella scuola. Cultura, comunità, curricolo, (La Scuola, Brescia, 1983), La scuola e i giovani verso il 2000 (Giunti e Lisciani, Teramo, 1987),Vivere senza guerra. La pace nella ricerca universitaria (Guerini e Associati, Milano 1989), Essere scuola nel cantiere dell’educazione (Seam, Roma 1995), Pedagogia: ricerca e formazione. Saggi in onore di Mauro Laeng (Seam, Roma, 2000), Educazione alla convivenza civile. Educare, istruire, formare nella scuola italiana (Armando, Roma, 2003), Pedagogia e cultura per educare. Saggi in onore di Giuseppe Serio (Pellegrini, Cosenza, 2006). Sapevo del suo spessore: ora fa onore a queste pagine averlo gradito interlocutore, lui sincero amico della Calabria per la quale non ha mai fatto mancare consigli e suggerimenti, durante le sue visite da autorevole pedagogista come da semplice turista nel suo buen retiro… Luciano, parto proprio da Praia a Mare, da quel Convegno Internazionale su “Diritti Umani, presente e futuro dell’uomo” organizzato dalla Fondazione Serio nel 1984…: “sono passati ventitre anni ed il tema è sempre affascinante: in quell’occasione, sostenni a chiare lettere che occorreva sia un’esigenza giustificativa, volta ad identificare, a fondare questi diritti ed a promuovere il consenso intorno al loro riconoscimento che un’esigenza esecutiva, volta ad orientare gli atteggiamenti e i comportamenti in direzione dei diritti medesimi. Il duplice problema si pone per tutti i Paesi e per tutte le culture, avendo una dimensione antropologica: l’elaborazione dell’uguaglianza e della diversità della continuità e della rottura dell’unità e della pluralità -in una parola delle varie forme di conflitto che arricchiscono ed ostacolano l’esistenza degli uomini- ha costituito da sempre il nodo problematico fondamentale della convivenza e quindi della sopravvivenza dell’umanità sul Pianeta. I temi trattati nei convegni di Praia a Mare sono fra loro profondamente connessi, anche se le connessioni concettuali, linguistiche, psicologiche dovrebbero essere meglio messe in luce, in vista di un’iniziativa scolastica generalizzabile: impegno politico, libertà, pace, giustizia, diritti umani, sviluppo, non sono soltanto parole, ma non diventano idee-forza per la società e la scuola se non diventano prima concetti chiari e se non si studia una strategia per integrarle organicamente ed efficacemente nei curricula scolastici; non si tratta di procedere con la logica del tutto o niente, non si tratta di sconvolgere l’istituzione scolastica, ma di cogliere le nervature storiche, normative, programmatiche, sociali, secondo una prospettiva nuova…”. Quando da un cinquantennio si frequenta il mondo della scuola da ogni prospettiva possibile ed immaginabile; quando si è insegnato a generazioni di allievi, quando si sono elaborate dottrine e le si sono messe anche in pratica (Corradini è stato Sottosegretario di Stato alla Pubblica Istruzione all’epoca del Governo presieduto da Lamberto Dini: era il 1995); quando la produzione scientifica ha assunto dimensioni enciclopediche, è allora normale che del pianeta-scuola si abbia una conoscenza estremamente profonda: “il complesso dei tentativi falliti o solo parzialmente riusciti di cui è caratterizzato il semisecolare processo di riforma della scuola, in particolare della secondaria superiore e della formazione professionale, ha generato disagi, frustrazioni, incertezze e per lo più sfiducia sulla possibilità di sortirne effetti insieme tra docenti, studenti, genitori, tra istituzioni, forze politiche, sindacali, associative e culturali che a vario titolo si occupano di scuola e di formazione. Dopo i 55 Governi della Repubblica succedutisi dal primo luglio del 1946 ad oggi, con i relativi 32 Ministri dell’Istruzione, tocca di nuovo ad un governo di centro-sinistra, guidato da Romano Prodi, con Ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, riprendere in mano la Tela di Penelope, dopo il quinquennale governo della Casa delle Libertà, guidato da Silvio Berlusconi con Ministro Moratti: quel governo di centro-destra, godendo di un’ampia maggioranza, non si è dato molta pena per ottenere dal mondo della scuola contributi e consensi, ma è riuscito a portare a casa -come si dice in gergo politico- una legge delega e i decreti relativi all’intero sistema educativo di istruzione e formazione. Sicchè oggi, buona parte del Paese si trova nell’incertezza e nel disagio, quando non nello scetticismo, circa la bontà delle soluzioni adottate e di quelle adottabili…”. Luciano, seguo la Tua attività da molto tempo e Ti sei sempre battuto per l’educazione ad una nuova cittadinanza! “I conduttori televisivi delle trasmissioni sportive usano la moviola per fermare qualche fotogramma e per discutere di situazioni concrete e non solo di astratte teorie o d’impressioni personali. Si potrebbe utilizzare almeno in parte un metodo analogo per le questioni sociali, giuridiche e politiche, ricorrendo non solo ai libri di storia e alle antologie, ma ai giornali, ai rotocalchi, alle immagini televisive, che non è impossibile riprodurre in classe, ma che possono comunque essere in qualche modo evocate e commentate, per indurre da quelle bisogni, problemi, conflitti, ma anche idee, principi e prospettive di lavoro. Per educare ad una nuova cittadinanza, come amo ripetere, occorre rinforzare il dato formativo personale che passa attraverso la cittadinanza statuale e mondiale, l’educazione alla legalità che assicuri il passaggio dall’etica pubblica alla democrazia scolastica: questo perché la nuova cittadinanza verso la quale ci stiamo orientando rappresenta un orizzonte di vita ed un livello di convivenza più elevato e più aperto al futuro di ciò a cui invece possiamo andare incontro, se imbocchiamo le strade involutive e contorte dei particolarismi, dei privilegi, del disordine morale, giuridico, politico e amministrativo”. Pedagogia, e geragogia: bell’accostamento! “ gli anziani, diceva il novantenne Aldo Agazzi con un pizzico di civetteria, sono gli altri che hanno la nostra età: è però un fatto che anche il sentirsi giovani e lo studiare i problemi degli altri non ci preserva dall’invecchiare e dall’ammalarci; i gerontologi e i geriatri hanno più dimestichezza con i concetti di cura, di terapia e di assistenza che con quello di educazione. Sono i pediatri, non i geriatri, in medici più abituati a parlare di educazione, a causa dell’età dei loro pazienti e della loro interazione con genitori e insegnanti, a cui si è disposti a riconoscere un primario ruolo educativo. E in effetti, il termine scientifico che si usa per indicare la scienza umana che studia l’educazione, per comprenderne e migliorarne le dinamiche e il concreto esercizio, appunto la pedagogia, evoca il nome del fanciullo -pàis- e non del géron. Sappiamo però tutti che l’etimologia resta ferma, mentre i problemi e le culture camminano: oggi si parla non solo d’infanzia, di adolescenza e di giovinezza, ma anche di adultità, in una più ampia e approfondita considerazione dell’intero ciclo o arco o corso di vita a seconda della concettualizazione che se ne fa, e quindi si parla anche di educazione degli adulti, termine che indica una prassi diffusa, una politica sociale e una disciplina universitaria, sviluppata ormai in una vastissima letteratura internazionale”. In un testo del 1999, “Educazione civica e cultura costituzionale”, scritto a quattro mani con il Tuo collega Giuseppe Refrigeri, hai toccato temi cari a chi osserva lo sviluppo istituzionale di un Paese come l’Italia! “Parlavo del civismo oggi, tra valori, comportamenti ed impegno. Il nostro Paese, a sessant’anni dalla Seconda Guerra Mondiale, è risorto materialmente e moralmente ed è in pace. I valori costituzionali sono penetrati, sia pure parzialmente, nell’ordinamento e nel costume, la democrazia ha tenuto: e tuttavia, non stiamo bene. La Costituzione è poco nota, poco radicata nelle coscienze e poco applicata: la prima parte è impallidita, la seconda è (era) invecchiata; siamo in crisi d’identità e incerti sui diritti e sui doveri che ci caratterizzano. Cittadini e Stato si sono a lungo mancati di rispetto a vicenda e ora il Paese si trova in difficoltà a compiere scelte che siano eque, condivise, efficaci. Insomma Paese reale e Paese legale sono in quotidiano conflitto…” E scommetto che, alla fine, l’educazione e la scuola sono sempre tirate in ballo? “E questo è un paradosso! In primo luogo, un mondo adulto pieno di colpe e di ferite, incapace di risolvere i problemi della convivenza e della moralità, nei diversi campi della produzione, della distribuzione, dell’organizzazione della società, deve però impegnarsi ad educare, a rendere migliore sé stesso e le giovani generazioni. In secondo luogo, una scuola in crisi d’indentità, dichiarata ogni giorno importante e invece convinta di essere marginale e quasi insignificante, deve però affrontare i problemi del passato da ricordare e del futuro da preparare, promuovendo conoscenza, idee, motivazioni, competenze e soprattutto fondate speranze. Poiché non si può sfuggire a questa realtà, diciamo che dobbiamo affrontare due sfide, quella della vita all’educazione e quella dell’educazione alla scuola”. E la globalizzazione! “Economia, sociologia e geografia c’insegnao che la globalizzazione è alimentata da un complesso di interessi, di forze, di tecnologie che non si propongono come tali la “umanizzazione”, se almeno per umanizzazione s’intende la diffusione della cultura dei diritti umani, dello sviluppo solidale, della pace, della giustizia. La filosofia e la pedagogia riflettono su fatti e processi della globalizzazione, mettendone in luce da un lato i rischi di disumanizzazione (prevalenza dei più forti nel mercato globale e abbandono al loro destino dei più poveri, libera diffusione delle ideologie terroristiche e delle forze mafiose), dall’altro le potenzialità di umanizzazione, se non ci si limiterà ad osservare i fenomeni in corso”. Via Tadino 15, a Milano, sembra non essere mai passata…
La Provincia Cosentina
Egidio Lorito, 10-03-2007