A tu per tu con...

“Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa (…)”. L’appuntamento di questa settimana parte dalla lettura dell’art. 99 della nostra Carta Costituzionale: si parla del Cnel, ovvero di un organo ausiliario collegiale a rilievo costituzionale voluto all’epoca dal Costituente con funzioni di iniziativa legislativa, consultiva e di stimolo dell’attività di Parlamento, Governo e Regioni nelle materie riguardanti l’economia ed il lavoro.

Parto da questo breve excursus storico-giuridico perché l’ospite di questa settimana è proprio il vice presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, Giuseppe Acocella: campano -avellinese di nascita e salernitano di adozione, Acocella è Professore Ordinario di Etica Sociale e già presidente del Corso di Laurea in Scienze del Servizio Sociale nell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Accetta più che volentieri la mia richiesta di conversare con i nostri lettori: pesano la mia quinquennale frequentazione e -soprattutto- il fatto che Acocella sia un esperto di comunicazione per essere, tra l’altro, membro dei comitati scientifici di due autorevoli riviste di settore come “Desk”, house organ dell’Università Suor Orsola Benincasa e dell’Unione Cattolica Stampa Italiana e “Matrix”, organo della Fondazione Sichelgaita. “Rivendico con fierezza ed orgoglio il fatto di essere stato, in Italia, il primo professore ordinario di Etica Sociale, disciplina che nasce nell’ambito delle scienze morali che nel nostro Paese aveva in qualche modo avuto una stagione di sviluppo all’interno delle Università c.d. ecclesiastiche, mentre nel mondo anglosassone poteva vantare già una lunghissima storia accademica e tradizione di studi, con grandi debiti nell’ambito della Filosofia del Diritto. Il mio percorso attorno all’etica sociale si è sviluppato come ricerca propria della modernità: in pratica, il pensiero moderno e contemporaneo si sono sviluppati avendo perso un riferimento condiviso come quello che garantiva la fase pre-moderna: da qui, l’etica sociale rappresenta la necessità di indagare i fondamenti etici della convivenza sociale e dello stesso ordinamento. E parlo sia di quello sociale che di quello più specificamente giuridico. Le mie ricerche sono partite dalla riflessione filosofico-giuridica operata da Giuseppe Capograssi (1889-1956): crisi del diritto e lotta per il diritto, quest’ultima intesa come lotta contro l’arbitrio, condotta non solo sul campo del diritto quanto anche su quello dell’etica. Capograssi è stato un illustre docente di Filosofia del Diritto e Giudice della Corte costituzionale: “cattolico filosofo”, piuttosto che “ filosofo cattolico” -come amo ricordarlo- che fu tra gli estensori del Codice di Camaldoli: personalità forte che esercitò influenza sui costituenti cattolici tanto da essere tra i fondatori dell’Unione dei Giuristi Cattolici Italiani: nel dibattito che accompagnò la nascita dell’associazione, sostenne le posizioni di un personalismo fortemente ispirato allo storicismo ed alieno da chiusure. Amava ricordare che “noi cattolici siamo povera gente, come tutti del resto, come tutta questa povera umanità, ma noi lo siamo di più e perché sappiamo che questa indigenza è costitutiva della natura umana e perché sperimentiamo la sproporzione tra le cose credute e sperate e la vita così lontana da esse che noi viviamo”: fu un filosofo sensibile ad indagare le ragioni profonde dell’esistenza (“il filosofo è colui che ha il solitario compito di raccogliere le lezioni segrete della vita e di esprimerle”), pervenendo ad una concezione antintellettualistica che riconosceva i propri autori in Agostino D’Ippona, Blaise Pascal, Giambattista Vico, Antonio Rosmini, Maurice Blondel, Léon Ollé-Laprune, pur manifestando altresì grande attenzione per il pensiero, oltre che di Kant e di Hegel, di Benedetto Croce”. Allievo di Fulvio Tessitore (“Acocella colloca una decisa opzione per lo storicismo, che suggerisce di investigare in tutte le sue possibili manifestazioni, anche in quelle apparentemente incompatibili con la rigorosa filosofia dello storicismo”) e di Pietro Piovani (“a sua volta discepolo di Capograssi…”), Giuseppe Acocella impersona, dunque, la ricerca sul filone etico-giuridico prendendo le mosse da studi caratterizzati da una grande tradizione storica: autore di monografie e saggi sui problemi dello Stato contemporaneo e sulla crisi del diritto, sulla storia delle idee e del pensiero etico-politico, sulla storia dei movimenti sociali e la loro dinamica, sulla bioetica e sull’etica applicata, ha svolto e svolge un’intensa attività pubblicistica: basti citare Etica professionale e deontologia sociale. (con Filomena Ferrara e Angela Graziano, Aracne Editore, 2005), Per una filosofia politica dell’Italia civile (Rubbettino, 2004), Del diritto delle genti e delle sue trasformazioni. Momenti di storia dell’etica sociale e politica (Arc en Ciel, 2003), Etica sociale (Guida 2003), Le tavole della legge. Educazione, società, Stato nell’etica civile di Aristide Gabelli (Liguori 2000), Storia della Cisl (Edizioni del Lavoro, 2000), Elementi di bioetica sociale. Verso quale mondo nuovo (Esi, 1998), Idee per un’etica sociale. Note in margine al pensiero di Pietro Piovani (Rubbettino, 1997), L’etica sociale di Giuseppe Capograssi (Esi, 1992), Dall’arte della politica alla scienza del governo. Il pensiero politico di Ruggero Borghi (Morano, 1988), De Sanctis e il Mezzogiorno (Di Mauro, 1983), Sturzo e il sindacato. Mezzo secolo di storia del sindacalismo nel pensiero politico di Luigi Sturzo (Lavoro, 1983). Pesa, evidentemente, la formazione universitaria (da Salerno, Ateneo da cui prese il via la prestigiosa carriera del nostro interlocutore, a Catania ed a Napoli) sulla Tua attività di ricerca, approdata oggi in seno ad un organo di rilievo costituzionale… “nella mia ricerca, un posto di primissimo piano l’hanno avuta i movimenti sociali e le loro dinamiche, per dirla alla Vico: ho cercato di conciliare una forte tensione teorica, da studioso, con temi più marcatamente pratici, economici e sociali in particolare, con particolare riguardo al mondo del lavoro: uno sguardo all’etica dell’economia per pervenire ad un forte impegno sindacale, sino alla nomina a vice presidente del Cnel, che credo -rappresenti- il miglior luogo di sperimentazione di tanti anni di riflessione teorica. Tra legislazione ascendente e discendente, ho cercato di porre l’attenzione proprio sui temi economici e del lavoro, cercando di riflettere non solo sull’attività legislativa interna al nostro Stato quanto su quella, molto più recente ed attuale, in ambito comunitario”. Nel 2004, per i tipi della calabrese Rubbettino, hai dato alle stampe un libro dal titolo emblematico “Per una filosofia politica dell’Italia civile”… “sostenevo che la filosofia politica sviluppatasi lungo quasi un secolo e mezzo -nel periodo che va dalla cultura napoletana degli ultimi decenni che precedono l’unità italiana e giunge, attraverso la maturazione post-unitaria e la crisi dello stato liberale, a delineare il nerbo delle idee sociali fondative della cultura civile italiana degli anni del secondo Novecento- costituisce l’alveo entro il quale è andata maturando l’etica civile dell’Italia nuova. Come ha scritto Fulvio Tessitore nella Presentazione, “si tratta di prendere atto di un progressivo, portentoso processo di evoluzioni e modificazioni i cui vari momenti, non affidati a movimenti palingenetici, sono quelli, per dir solo di alcuni, della pluralità degli ordinamenti giuridici, della moltiplicazione delle fonti del diritto, dell’avvento del sociale e delle sue forme organizzative (accanto ed oltre lo Stato), riconosciuti quali nuovi soggetti di diritto e nuove fonti di normazione (dai partiti, ai sindacati, all’associazionismo)”. I saggi raccolti nel volume cui hai fatto cenno, ripercorrono l’itinerario che -incontrando il pensiero di Cusani, De Sanctis, Imbriani, Bonghi, Gabelli, Sturzo, Gobetti, Amendola, Rosselli, Ferrero, Capograssi, per non dire d’altri- ha forgiato la filosofia civile e l’etica sociale dell’Italia contemporanea. La filosofia politica che il pensiero italiano ha elaborato, si è dovuta confrontare con un problema di fondo, ovvero come fondare non sulla forza ma su principi eticamente condivisi, le scelte che danno coesione ad una nazione. Il pensiero italiano, napoletano in particolare, è stato proprio chiamato ad affrontare questo problema di fondazione della filosofia civile: tutti quei problemi della vita civile che hanno bisogno di trovare un punto fondativo che non sia effetto di una decisione di una maggioranza, di procedure predeterminate, di norme imposte, quanto -invece- di un principio etico. Un’etica non immobile, irrazionale, astorica, ma un’etica profondamente immersa nella storia e nella dinamica sociale: fu proprio Capograssi, nel 1922, a scrivere un saggio interessantissimo, “Riflessioni sull’autorità e la sua crisi”, in cui discuteva della società a lui contemporanea, dei problemi della democrazia, di come fondarla: il tutto sempre in rapporto costante con la persona umana. Ebbene, il personalismo capograssiano presenta una cifra originale, per cui l’individuo è nel mondo sociale in costante relazione con la vita delle istituzioni, cui è dedicata costantemente la riflessione di questo autore;esse non celano o mortificano l’individuo, perché sono da queste intese come organismi etici collettivi, che concorrono alla realizzazione dell’esperienza comune, la quale sola rende l’azione umana capace di sottrarsi all’egoismo, dunque al male che rinchiude l’azione nell’utilità e l’individuo nella sua singolarità egoista”. A questo punto, la domanda non posso non fartela: sei passato da una corposa ricostruzione teorica delle basi sociali della realtà politica e civile ad un impegno pratico come membro -ed oggi vice presidente- del Cnel: la distanza tra i due piani è notevole? “ Ho ritenuto sempre, proprio sulla scorta degli insegnamenti capograssiani, che l’unica ricerca scientifica possibile sia quella che guarda alla realtà senza fermarsi ad essa: come dire, che bisogna passare dalla comune esperienza per risalire ai valori. Mi sembra che questo particolare storicismo -il tema della lotta contro l’arbitrio, l’etica che strappa continuamente a quest’ultimo sempre maggiori fette di terreno fissando paletti di natura etica- sia l’aspetto più importante della mia indagine. D’altronde, lo stesso diritto non può assolutamente essere inteso in senso generale ed astratto ma come effetto di una sperimentazione continua verso ciò che realizza la verità dell’uomo: persino l’autorità, per Capograssi, era la realizzazione della verità. Questo è il passaggio dalla teoria alla prassi: ovvero che la teoria illumina il cammino, ma è nel cammino della storia che deve trovare le ragioni;non può essere “l’esangue razionalismo cartesiano”, nell’espressione di Capograssi per descrivere la critica di Vico a Cartesio”. Mi ha molto colpito un termine, tratto da un Tuo Volume del 1998: bioetica sociale… “Sono partito sempre dalle riflessioni sociali per arrivare a quelle che più strettamente riguardano la vita: ebbene, se l’etica è il complesso dei comportamenti individuali e collettivi a confronto di una realtà ben precisa, la bioetica sociale è la riflessione che accompagna la vita associata di fronte alle sfide che inevitabilmente il progresso scientifico -che per sua natura non sembra desiderare limiti- comporta a livello della vita quotidiana;e proprio durante gli anni del Totalitarismo, lo stesso Capograssi fu estremamente critico verso l’idea della scienza che si piegava al potere. Ecco l’impostazione odierna: fino a che punto la scienza si può spingere e fino a che livello l’uomo deve essere in grado di tenere ben salde le briglia della ricerca per impedire pericolose derive? Queste sono le riflessioni cui Capograssi dedicò gran parte della sua portentosa e corposa ricerca scientifica praticamente sino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1956: successivamente, la riflessione sui temi etico-sociali e -più recente- bioetici, porteranno la speculazione filosofica a ripercorrere quella stessa strada;basti pensare ad una sua opera del 1955 -“Su alcuni bisogni dell’individuo contemporaneo”- per capire quanto fosse stato preveggente: procreazione assistita, eutanasia ed altre problematiche che ho affrontato in quel testo di una decina di anni devono tutto agli insegnamenti di quell’autorevolissimo pensiero”. Sei un intellettuale campano, meridionale: come vedi il Mezzogiorno d’Italia in quest’attuale fase storica? “Mia aspettavo una domanda sulla riflessione sociale che ho condotto sui ritardi e sui mali dell’Italia meridionale! Già nel 1982, grazie ad un’iniziativa condotta nell’ambito della Cisl, aprimmo le porte di un osservatorio sui fenomeni della criminalità organizzata -camorra, principalmente- iniziando ad indagare sulle ragioni socio-economiche di questa pericolosa forma di devianza umana e socile;oggi, da un osservatorio privilegiato come il Cnel, abbiamo inteso ripresentare una nuova inchiesta sul Sud, sul lavoro che manca, sulla grande pressione della criminalità organizzata ed in genere sul disagio sociale. La carenza di lavoro è il grande dramma del nostro tempo: questa situazione non deve però essere vista come un fatto puramente “contabile”, che rischi di far dimenticare la vera essenza del problema, ovvero il presente ed il futuro di un’intera generazione del nostro Sud. In questo senso, si stiamo impegnando, come Cnel, ad impostare la nuova fase dei flussi monetari comunitari che ci vedranno protagonisti per i prossimi anni, senza dimenticare l’obiettivo di agire su un’ancora forte arretratezza meridionale che non è certo -o soltanto- culturale, ma di mentalità: quella che chiamo “neo-feudalesimo culturale” che caratterizza la vita politica e quella pubblica del Meridione. Ecco la grande sfida che ci attende: con la globalizzazione -intesa come rottura delle frontiere economico-sociali della sovranità nazionale- sempre in agguato…”.
La Provincia Cosentina
Egidio Lorito, 07/04/2007

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