A tu per tu con...

Questa giovane rubrica sta iniziando a conquistarsi i suoi meritati spazi: qualche giorno fa, dopo aver inviato le canoniche richieste di contatti a buona parte delle più importanti case editrici nazionali -per poi conversare con gli autori maggiormente rappresentativi o di più recente pubblicazione- mi arriva una gradita e-mail dalla fiorentina Vallecchi. La cordiale responsabile dell’ufficio stampa, Sebastiana Gangemi, mi contatta per aderire alla richiesta di questo quotidiano e mi invia alcuni titoli con i riferimenti dei rispettivi autori. Il prossimo settembre, saranno ben 104 gli anni di vita di questa casa editrice, fondata da Attilio Vallecchi che apportò un “contributo decisivo alla nascita dell’editoria italiana moderna e a quella temperie culturale che promosse la Firenze del primo ‘900 tra le capitali intellettuali d’Europa”, come tengono a sottolineare dalla sede di Via Maragliano.

Un catalogo moderno, al passo con i tempi che presenta firme di casa nostra ed autori internazionali, all’interno di eleganti vesti tipografiche che s’impongono subito alla vista del lettore. Marilena Lucente è una quarantenne dottoressa di ricerca in Pedagogia che ha condotto numerose ricerche sul rapporto tra cinema, televisione ed immaginario giovanile: autrice di saggi e testi di narrativa, da qualche giorno è in libreria con “Graffiti animati. I cartoon da emozioni a gadget” all’interno della collana Con/Testi. La contatto immediatamente e ne viene fuori una lunga conversazione su questo saggio “che si legge come un romanzo, una passeggiata lungo cento anni di storia dell’animazione, intercettando vie maestre e luoghi meno convenzionali, per raccontare come, anche attraverso i cartoon, noi stessi siamo diventati racconti, ospitando i personaggi della fantasia nei nostri spazi di vita ed arricchendo il nostro tempo con quello che scorre dentro gli schermi”. L’estrema disponibilità dell’autrice fa il resto, non foss’altro che da esperta di sistemi educativi e di nuovi mezzi di comunicazione, non può che trovarsi a suo agio durante una conversazione per la stampa. “All’indomani della laurea in lettere, ho iniziato ad occuparmi subito del rapporto tra letteratura e cinema, analizzando quest’ultimo come momento centrale dell’elaborazione dell’immaginario: ho compiuto numerose richieste su tutti i generi di prodotti audiovisivi -dai videoclip ai cartoni animati- per cercare di capire come questi riuscissero ad interagire non solo sulla nostra parte ludica e ricreativa ma anche sulla nostra stessa vita di tutti i giorni, quasi li prendessimo in prestito.” Pugliese di nascita, romana di studi, Marilena Lucente vive oggi a Caserta, “città di transiti”, come ama definirla: insegna negli istituti superiori dopo una lunga esperienza anche nelle scuole primarie, realtà che sicuramente deve averla interessata alquanto al fine di approfondire i suoi studi in materia. Se ho ben capito, il mondo adolescenziale, della gioventù, il rapporto figli-genitori, l’influenza dei media sullo sviluppo della persona rappresentano il centro dei tuoi interessi. “Come negarlo… Come noi -il noi lo riferisco, in questa sede, agli insegnanti- viviamo di libri, ricerche, lezioni, così i ragazzi hanno un mondo fatto di fumetti, di cartoni animati, di giocattoli, film e quant’altro affolla l’immaginario visivo al mondo d’oggi. Immaginiamo una grande parete di televisori accesi: tutti, in contemporanea, trasmettono i cartoon che si possono vedere in una giornata, in una settimana, in un mese: serie tv, videocassette di vecchi film, contenuti speciali in dvd. Un mondo di storie costruite con le immagini, i suoni, le parole: un mondo che racconta mondi, con euforia ed ironia, impeto e furore, allegria e tenerezza. Immaginiamo ancora che davanti a questi schermi ci sono gli adulti. Con uno sguardo veloce si soffermano su un monitor, passano ad un altro e poi ad un altro ancora ed in una manciata di secondi hanno già formulato giudizi netti, taglienti, precisi. Sanno cos’è giusto far vedere ai bambini e cosa no. Alcuni andranno in altri televisori a raccontarlo, si scaglieranno con giusta veemenza contro la gioventù teleintronata, confezioneranno opportune reprimende contro i singoli programmi, contro la deleteria passività dello sguardo, la paralisi delle menti, l’overdose catodica. Altri adulti saranno sopraffatti da nostalgie e ricordi divertiti. Stacco: adesso gli spettatori sono i bambini. Sguardo incantato, volti rapiti, coinvolti, interessati, divertiti: entrano nel futuro a bordo di astronavi, si infilano in una piramide di tremila anni fa, fanno un salto nel west stralunato e surreale. E poi ancora, una passeggiata in un paese lontano, proprio mentre cadono petali di ciliegi in fiore. I cartoon avvolgono l’infanzia e l’adolescenza in una trama fantastica e ormai planetaria, creano legami, amicizie, scambi: tra compagni di classe -stesso zainetto, baratti di cards, ripetizioni di gesti e di battute- e tra spettatori di tutto il mondo. Ecco, bambini e adulti davanti la televisione: il mio lavoro è partito esattamente da questo punto di osservazione, ovvero dal desiderio di comprendere cosa accadeva quando andavano in onda i cartoni animati. Ovviamente, prima di tutto, bisognava vederli i cartoon, per capire di che cosa erano fatti esattamente. E’ iniziata la schedatura delle serie, l’analisi dei palinsesti delle tv pubbliche e private, la lettura dei libri”. L’immaginazione e la successiva analisi empirica sembrano essere i campi d’azione preferiti dell’autrice che partendo proprio da ricerche sul campo -la sua attività di insegnamento- può così provare se le teorie scientifiche hanno un fondamento. Nella tua pubblicazione troneggiano I Simpson come esempio eclatante del singolare itinerario da te intrapreso attraverso i cartoni animati: “questa serie è esemplare per il tema delle mie ricerche. Per la prima volta nella storia della tv americana, un cartoon è stato confezionato per essere trasmesso in prima serata, come inserto di un talk show: per la prima volta un cartoon, un genere pensato e destinato esclusivamente all’infanzia, si rivolge al pubblico adulto. Una rivoluzione grafica, tematica e linguistica a cui l’inedita collocazione nel palinsesto televisivo ha dato piena visibilità. Pelle gialla, occhi sporgenti, capigliature fantastiche, contorno nero di evidente marca fumettistica, con il disegno -nella costruzione fisionomica dei protagonisti- che appare quasi irreale. Reali e concrete sono, invece, le esperienze vissute da questa famiglia: la casa, il lavoro, i figli, i parenti, la delinquenza, le feste, le malattie; un groviglio di eventi e di problemi affrontati senza sentimentalismi e senza filtri morali. Dentro e fuori lo schermo, la mostruosità del quotidiano alligna a casa Simpson come nelle migliori famiglie dei più affezionati telespettatori per realizzare un gioco di sguardi seriale che si intensifica puntata dopo puntata. Anche in Italia l’episodio numero uno dei Simpson è stato trasmesso in prima serata: 1° ottobre 1991, Canale 5, all’interno di Paperissima, raccoglitore di gag, gaffes ed errori in formato videoamatoriale”. A proposito di questa fortunata serie hai parlato di “lezioni di vita”: insomma “poco” cartoni, “molto” animati? “ Alcool (puro), bambini (terribili), cartoon (violenti), disperazione (casalinga): l’elenco alfabetico dei temi affrontati nei Simpson potrebbe continuare. In ogni caso, roba poco raccomandabile, soprattutto per l’animazione, solitamente in viaggio lungo la carreggiata del fiabesco e del fantastico. La gamma dei temi affrontati è vastissima: dall’abbandono dei cani in estate al maltrattamento degli anziani, dall’uso delle armi da parte dei privati alle baby gang, dalla polemica contro il sistema bipartitico americano all’omosessualità. Sostando nella cronaca, il cartoon mette in scena l’America e le sue salde, radicate, istituzioni, prima di tutto la famiglia. Tra le quattro mura domestiche nascono, esplodono e si ricompongono i conflitti che riguardano, di volta in volta, personaggi diversi. Insomma, intorno alla famiglia Simpson si muove il mondo intero: basta dare uno sguardo alla planimetria di Springfield, punteggiata di luoghi apparentemente tranquilli: villette a schiera, i negozietti, la scuola, la chiesetta, piccole industrie, le due torri della centrale nucleare e un reticolo di strade che tutto collega ed unisce. Siamo nel cuore della provincia yankee”. “Una risata vi seppellirà. Conigli, gatti e topi: tutti insieme appassionatamente”! “Bella storia, questa. I cartoni Warner nascono negli anni ’30 e dichiarano subitaneamente la loro identità: sono nati per far ridere. Come? Saccheggiando l’intero repertorio delle slapstick, quei brevi filmati che hanno costellato la storia del cinema comico dagli anni ’10 agli anni ’30, tra corse, inseguimenti, torte in faccia ed acrobazie. Piccoli universi narrativi agitati dal vento dell’allegria e dell’irriverenza, luoghi comuni rovesciati come guanti, impossibile quieto vivere. Slap come schiaffo, stick come bastone, ovvero l’antica tradizione della commedia dell’arte italiana trapiantata in Inghilterra. E così sullo schermo comparivano, per la prima volta, Charlie Chaplin, Stanlio e Ollio, Buster Keaton e tanti altri. Poi, nel 1927, l’invenzione del sonoro: l’immagine, da sola, non basta più, il cinema non è più una questione di soli occhi e le lapstick smarriscono la loro forza espressiva: il pubblico smette di seguirle con il candido divertimento di un tempo”. America a più non posso, dunque. E in Italia cosa accade? “La storia dell’animazione italiana è fatta anche -e direi soprattutto- di cartoon raccontati più che disegnati, sognati più che realizzati: idee, sceneggiature, bozzetti che non sono mai stati animati ma che, come fiumi carsici, scorrevano sotto la superficie della nostra cinematografia e qualche volta riuscivano pure ad emergere. Ed allora era un buongiorno per l’Italia: Buongiorno Italia, come il titolo del cartone animato scritto da Zavattini nel 1958, una storia che dal buio dello schermo si animava quando il sole in cammino sostava sulla terra a forma di stivale, un risveglio che rivelava a poco a poco una nazione che voleva uscire dal buio della notte e dalla notte della storia. Brevi indicazioni geografiche -le onde del mare che si infrangono sulle coste, i monti, i laghi- emblematici inserti architettonici -i gatti che si inseguono al Foro Romano, le guglie del Duomo- e le azioni che cadenzano lo svolgersi della giornata, impastando immagini filmiche, letterarie ed artistiche. Poi venne Carosello: è il 3 febbraio del 1957. Una quinta teatrale si apre come un gigantesco portone e, sulle note di una tarantella napoletana, ci si inoltra in un giardino di aranci. Un appuntamento visivo, musicale e sonoro che si ripeterà per vent’anni. Subito dopo il telegiornale, alle venti e cinquanta in punto, per dieci minuti: poche, separate sequenze finali per citare il prodotto reclamizzato e un siparietto per cadenzare le storie”. E la memoria collettiva corre indietro, a quel periodo della storia del nostro Paese: personalmente ricordo l’ultimissima fase di messa in onda, anche se poi ancor oggi ci permettono di rivisitare quel momento di celebrazione nazionale: una vera istituzione, perché, poi, noi bambini andavamo a letto! “E i cartoon arrivano a carosello nel 1958: cartoon nuovi, nuovissimi anzi, che diventano da subito le principali attrattive della trasmissione: Calimero, il Draghetto e Jo Condor inventati da Toni e Nino Pagot che italianizzano Titti e Silvestro, I Pronipoti, ideati da Hanna&Barbera per la tv americana nel 1962. La linea di Osvaldo Cavandoli, Caballero e Carmencita di Armando Testa, quest’ultimo inventore dell’Ippopotamo Blu e di Papilla; e poi, ancora, Salomone Pirata Pacioccone di Guido De Maria; Olivella, Maria Rosa e Susanna tutta panna di Francesco Misseri; Ulisse e l’ombra di Osvaldo Piccardo. Pallina, la vispa Teresa, Sorbolik, il Vigile, Cimabue, Caio Gregorio, il Tacabanda e Capita Trinchetto: tutti di Gino Gavioli. I personaggi animati sono efficaci e resistono all’usura del tempo, sono sempre fedeli a sé stessi. Cartoon semi nuovi: Cocco Bill e Zorry Kid di Jacovitti, tirati fuori dal magico cilindro dei fumetti; l’indianino Unca Dunca, l’Omino Alfa e Buc il Bucaniere ideati da Bruno Bozzetto. I bellissimi personaggi animati disegnati da Pino Pascali: Al Cafone della serie i Gangsters e Salvador El Matador del Televisor. Ma anche cartoon che si affrontano con differenti tecniche di animazione: dalla plastilina modellata per il Fernet Branca della giapponese Fusalo ai modellini di carta ritagliati del Caffè Paulista dello Studio testa. Insomma, l’animazione è per Carosello una miniera di pepite d’oro”. Poi arrivano gli anni Settanta e con essi una nuova ondata di cartoni animati, se non ricordo male… “Le nuvolette -o i ballon- sono quelle dei fumetti che nel corso di quel decennio, in televisione, guadagnano spazio e visibilità: la sigla di testa di “Gulp! Fumetti in tv” introduce il mondo di carta che si anima: eroi di ieri e di oggi, comics e cartoon, fumetti d’autore e rielaborazioni di carosello, processi culturali e linguistici. Tra le avventure di Nick Carter (di Bonvi e De Maria) e la famiglia Spaccabue (di Jacovitti), c’è anche il signor Rossi di Bozzetto; la macchina da presa inquadra i disegni, scorre sopra le vignette e quando un personaggio deve prendere la parola, in assolvenza, compaiono i balloon. Con quella celebre serie per ragazzi, la prima rete Rai cede la staffetta della Tv dei ragazzi alla Rete 2 che, a partire dal 1976, allarga la fascia temporale -dalle 17 alle 20- e diversifica le offerte: rubriche, animazione, sceneggiati e telefilm americani, il tutto alla ricerca di uno spazio intermedio capace di sostituire Carosello e fare da spartiacque fra la televisione dei piccoli e quella degli adulti. Intanto, dal Giappone giunge un fotogramma disegnato al centro dello schermo che mostra un uomo vestito di rosso e nero in fuga sotto una pioggia di stelle: “si trasforma in un raggio missile con circuiti di mille valvole”. I fotogrammi diventano tre, si moltiplicano, diventano nove. “Ufo robot! Ufo robot!”. Eccolo Goldrake, il robot da samurai: da quando ha attraversato l’immaginario televisivo, niente è stato più come prima: storie diverse, nuove modalità narrative e soprattutto questioni mai raccontate nei cartoon: il rischio atomico, la morte, il doppio, l’inquietudine…”. Sono tutti graffiti animati!
La Provincia Cosentina
Egidio Lorito, 21-04-2007

Torna su