A tu per tu con...
“Ho accettato con entusiasmo l’invito degli amici pugliesi a ripubblicare in un unico volume i miei scritti su Sturzo, De Gasperi e Moro, cioè sui tre grandi protagonisti del popolarismo italiano, per due ragioni essenziali: innanzitutto, perchè con la scomparsa, da oltre dieci anni, della Democrazia Cristiana -cioè del partito che ha cercato, seppur con alterna fortuna, di interpretare i valori del popolarismo- v’è il rischio che questi ultimi vengano dispersi oppure utilizzati solo episodicamente nonostante la loro viva e sorprendente attualità.
Se a ciò si aggiunge la circostanza che i partiti e gli uomini che oggi si richiamano alla Democrazia Cristiana sono spesso portati a riprodurre di quest’ultima non tanto le virtù quanto i difetti, diventa necessario avviare un processo di ricostruzione seria e documentata di quella che è stata una grande storia, cominciando dal contributo decisivo di uomini come Sturzo, De Gasperi e Moro. Il pericolo, infatti, è che in presenza del comportamento non sempre esaltante di certi tardi epigoni, si diffonda nell’opinione democratica del Paese la convinzione che la scomparsa della Democrazia Cristiana abbia rappresentato, tutto sommato, un evento positivo, cioè una sorta di liberazione da antiche e croniche degenerazioni della lotta politica italiana, come il trasformismo ed il clientelismo, la doppiezza e l’opportunismo”. Questo itinerario culturale ormai consolidato mi conduce nuovamente a Brescia: dopo Milano, è la città lombarda in cui vanto il maggior numero di legami “intellettuali” che queste pagine hanno già riannodato grazie alle autorevoli conversazioni con Emanuele Severino e Luciano Corradini: con l’interlocutore di questa domenica ho rapporti personali e politici dal luglio del 1996, anno in cui ricopriva il prestigioso incarico di Vice-Presidente del Parlamento Europeo. Quando lo risento per concordare questa conversazione mi accoglie con un bel “che sorpresa, il sole della Calabria: che c’è di nuovo?” Sandro Fontana, nato a Marcheno -provincia di Brescia, appunto- nel 1936, può vantare a pieno titolo un doppio primato: non solo è stato personalità di primissimo piano della Democrazia Cristiana, che ha servito grazie ad autorevoli incarichi, ma è -soprattutto (ed è in questa veste che comunicherò oggi con lui)- uno dei più autorevoli studiosi nazionali ed europei del pensiero popolare e della cultura cattolica dall’Ottocento ad oggi. Docente di Storia Contemporanea all’Università di Brescia, si occupa delle linee evolutive del cattolicesimo italiano ed europeo, studiando a fondo le ideologie contemporanee: ha scritto saggi di Francois Lamennais, Ventura, Leone XIII, Niccolò Tommaseo, Carlo Cattaneo, Romolo Murri, Piero Gobetti, Luigi Sturzo, Achille Grandi, Alcide De Gasperi e Aldo Moro;come notista politico, commentatore ed editorialista ha collaborato e collabora a riviste quali Il Ponte, Humanitas, Il Politico, Terza Fase e Panorama ed ai quotidiani Il Giorno, Corriere della Sera e Libero. Un complesso percorso culturale, esegetico e -ovviamente- didattico, che è approdato in La controrivoluzione cattolica. 1820-1830 (Edizioni Morcelliana, 1968), Oltre il riformismo (Marsilio Editori, 1973), I cattolici e l’unità sindacale: 1943-1947 (Il Mulino, 1978), Autonomia della cultura e cultura delle autonomie (Il Mulino, 1980), L’identità minacciata (Sugarco, 1986), Il destino politico dei cattolici: dall’unità alla diaspora (Mondadori, 1995), Il futuro dell’Europa: le sue radici cristiane (Marsilio, 1996), La riscossa dei lombardi, 1929-1959 (Mondadori, 1998), La grande menzogna, (Marsilio, 2001), I grandi protagonisti del popolarsimo italiano, Editrice Rotas, 2005), Il ritorno della sovranità popolare (Editrice Rotas, 2007). Dicevo dell’impegno diretto in politica: Sandro Fontana, eletto nel 1970 consigliere regionale, è stato per dieci anni Assessore alla Cultura ed agli Enti Locali della Regione Lombardia: chi, come me, scrive su un quotidiano calabrese non può non ricordare che quelli erano gli anni dello strettissimo rapporto tra l’allora presidente lambardo Piero Bassetti ed il suo collega calabrese Antonio Guarasci: anni fecondi, caratterizzati da un fortissimo scambio culturale ed istituzionale che sarebbero serviti a gettare le basi per quel rapporto privilegiato instauratosi nel tempo, solo in parte interrotto con la prematura scomparsa del nostro primo ed indimenticabile presidente;dal 1980 al 1992, Fontana è stato membro della Direzione Centrale del partito sino a ricoprire l’incarico di Vicesegretario nazionale nel biennio 1985-86. Senatore nel collegio di Fermo nel 1987 e 1992, è stato per un quadriennio il Direttore del quotidiano ufficiale della Democrazia Cristiana, Il Popolo. Ministro per l’Università e la Ricerca Scientifica e Tecnologica nel primo Governo Amato, nel 1994 è stato tra i fondatori del Centro Cristiano Democratico per essere eletto -il 12 giugno di quell’anno- parlamentare europeo e nominato -come detto- Vicepresidente della massima assise continentale. Tra l’altro è anche presidente della Fondazione Biblioteca Archivio “Luigi Micheletti” di Brescia, uno dei centri culturali più autorevoli della Lombardia e dell’intera penisola. Allora, Sandro, dritti al cuore della tua ricerca: l’impegno dei cattolici in politica! “Per quel che riguarda la tua domanda, la suddividerei in due momenti: da un lato l’impegno contenuto nel secolo XIX, durante il quale il popolarismo, pur affondando le proprie radici culturali in una società pre-industriale, nasce e si sviluppa contestualmente ai primi processi di industrializzazione ed appare fin dall’inizio fortemente condizionato da questi. Si è trattato di processi storici ben definiti che nel nostro Paese hanno avuto un andamento significativo: in concreto, mentre procede, dopo le misure protezionistiche del 1887, un certo tipo di industrializzazione promossa dall’alto, l’antica protesta cattolica contro lo stato liberale si identifica via via con i ceti sociali che vengono brutalmente emarginati da quel processo e che nella loro istintiva ed operosa ricerca di strumenti difensivi (assistenziali, sindacali, creditizi, corporativistici) creano le premesse sociali, economiche e culturali per costruire un modello alternativo di industrializzazione e di modernizzazione dell’intero Paese: un modello, cioè, non più di tipo autarchico e protezionistico -basato sul sostegno dello Stato e sull’economia di guerra- ma di tipo liberistico ed aperto alla concorrenza internazionale, non circoscritto a ceti medio-alti borghesi, né concentrato solo in alcune “isole” geografiche o grandi industrie, ma diffuso sull’intero territorio nazionale e promosso da ceti medio-bassi popolari. Spostandoci, invece, al giorno d’oggi -per analizzare cioè come è mutato l’impegno dei cattolici in politica- non posso non richiamare un importante contributo dato di recente da Savino Pezzotta, in un libro proprio dedicato all’argomento della tua domanda, pubblicato dall’ Editrice La Scuola di Brescia: ebbene, in questo saggio ci sono tutte le tematiche che dovrebbero da un lato caratterizzare l’impegno dei cattolici, e dall’altro evidenziare le modalità, oggi, in un sistema bipolare, di tale rapporto, nel quale sono chiamati a far sentire la propria voce”. A questo proposito, un paio d’anni fa hai pubblicato un saggio proprio dedicato a Sturzo, De Gasperi e Moro, ovvero ai grandi protagonisti del popolarismo italiano… “Già, i capisaldi del pensiero politico cattolico! Nonostante differenze storiche, il pensiero di De Gasperi e di Moro non si discosta molto da quello di Sturzo, in particolare per quanto riguarda i rapporti tra partito e mondo cattolico, tra partito e sviluppo complessivo della società, tra partito e compiti dello Stato. La concezione del ruolo nazionale e democratico del movimento politico dei cattolici, l’esigenza di difendere la libertà della Chiesa nell’ambito di tutte le libertà, la necessità di conciliare l’ispirazione cristiana e popolare del partito con i valori della tradizione laica e liberale, l’esigenza di spezzare il blocco “protezionistico e corporativo” per integrare l’economia italiana in quella europea e mondiale e per liberare nuove energie popolari da inserire nei processi produttivi, tutto ciò ricorre con alterna intensità ed urgenza nel pensiero e nei programmi politici tanto di Sturzo quanto di De Gasperi e Moro. Questi tre autori sono assolutamente moderni, anzi oserei dire, attuali, per il semplice fatto che, come cattolici, hanno contribuito a realizzare la democrazia nel nostro Paese! Hanno cioè controllato e guidato lo sviluppo democratico in Italia: Luigi Sturzo, da parte sua, ha contribuito a far compiere uno sforzo lucido e generoso per passare dal partito-apparato (costruito negli anni Cinquanta per contrastare l’azione totalitaria ed avvolgente dei partiti leninisti) al partito-sintesi elaborato dal popolarismo;da qui, ad esempio, la scelta dell’incompatibilità tra cariche governative e cariche di partito, per marcare la differenza tra la parte ed il tutto, tra le scelte parziali e quelle generali. Ma dove le intuizioni e le idee del popolarismo hanno rivelato la maggiore fecondità e lungimiranza è nel campo della politica internazionale ed europea: già nell’appello “ai liberi e forti”, nato in risposta all’immane tragedia europea della Grande Guerra, Sturzo s’era posto con forza il problema di un “nuovo ordine internazionale” ed aveva auspicato che la Società delle Nazioni fosse dotata di un reale potere di intervento. Per il popolarismo, infatti, non può esistere pace senza diritto e non esiste diritto senza pace. Per quanto riguarda De Gasperi, l’uomo di Trento era ben consapevole del ruolo che l’attendeva, ovvero avviare l’Italia al confronto con le grandi democrazie occidentali. E l’Italia compì realmente quel grande balzo in avanti che l’avrebbe condotto ad essere una delle grandi potenze internazionali. L’interesse e la sensibilità per le questioni sociali riguardanti la vita dei ceti popolari, che furono sempre al centro dell’azione politica dello statista trentino, vanno comunque fatte risalire al lungo tirocinio nelle attività civili e religiose esercitato durante gli anni decisivi della sua formazione politica: infatti, alla pari di altri leaders del movimento politico dei cattolici italiani, anche De Gasperi ha inaugurato la propria attività politica come organizzatore sindacale, sentendosi partecipe d’una condizione che caratterizzava l’impegno religioso e civile di tutti i cattolici europei all’inizio del ‘900 e che li costringeva ad operare soprattutto nel sociale a fianco dei ceti popolari che venivano brutalmente emarginati nel processo di industrializzazione in atto dall’avvento dello stato borghese accentrato. Infine, di fronte alla complessità ed alla ricchezza della personalità di Aldo Moro, molte sono le difficoltà da superare per evitare giudizi affrettati ed interpretazioni riduttive, rese ancor più particolari dalla forte identificazione tra la dimensione personale e quella politica. La sua cultura e la sua sensibilità umana e religiosa appaiono, infatti, quasi sempre fuse con la militanza politica e fino all’ultimo istante di vita egli seppe conservare intatta questa inscindibile fedeltà alle ragioni, insieme umane e politiche, della propria esistenza terrena. Non è possibile trarre ovviamente conclusioni intorno all’opera complessiva di Aldo Moro senza aggiungere altre tessere importanti ad una vicenda che investe circa quarant’anni di storia nazionale: da quando cioè, nel 1939, venne eletto presidente nazionale della Federazione Universitaria dei Cattolici Italiani fino al giorno della sua tragica scomparsa, quel drammatico 9 maggio 1978!” Nel 2001 hai dato alle stampe La grande menzogna: un bel coraggio! “L’Italia del secondo dopoguerra è forse l’unico caso al mondo nel quale la narrazione delle vicende storiche sia stata affidata per circa mezzo secolo non ai vincitori, bensì a coloro che fin dalle prime elezioni politiche del 1946 hanno ripetutamente perso ogni confronto politico e sono stati tenuti tranquillamente all’opposizione;le cause storiche di quest’ anomalia tutta italiana sono molteplici e sono al centro della ricerca qui dedicata alla “lunga marcia” intrapresa in Italia dal Partito Comunista, il grande sconfitto, per la conquista del potere. Il fatto è che il marxismo-leninismo ha sempre assegnato un ruolo centrale e determinante all’uso sapiente della doppiezza e della menzogna: quando a Ignazio Silone veniva chiesto che cosa l’avesse maggiormente colpito nei comunisti che aveva a lungo frequentato ai vertici del partito, rispondeva: “la loro capacità di menzogna e l’abitudine a non dormire di notte”. In Italia, il movimento comunista non ha conosciuto la sua Bad Godesberg, cioè non ha mai ripudiato il marxismo-leninismo e, in seguito, al crollo del muro, s’è collegato con grande disinvoltura al socialismo europeo dopo aver odiato e combattuto per oltre settant’anni il riformismo e la socialdemocrazia. Solo dopo l’avvento dei post-comunisti al governo, la luce della verità ha cominciato gradualmente a imporsi anche presso coloro che l’hanno sempre oscurata: e ciò non solo perché con la menzogna è facile distruggere l’avversario politico e anche conquistare il potere -però non è possibile governare un Paese complesso come il nostro- ma anche perché dopo aver rovistato per oltre cinque anni negli archivi dei Ministeri degli Interni e della Difesa e dei Servizi Segreti, i nuovi governanti non sono riusciti a trovare -come sostiene da anni Ernesto Galli Della Loggia- una sola prova circa la responsabilità politica e penale dei partiti al potere dal 1945 ad oggi nelle stragi e negli atti di violenza che hanno insanguinato la nostra società”. Piccola nota polemica: se i cosiddetti “politici” calabresi a me più affini mi avessero riservato la decima parte dell’attenzione che questo fine intellettuale lombardo, storico del pensiero cattolico e politico di alto rango mi riserva ad ogni telefonata, ad ogni conversazione, in ogni occasione di incontro, forse avrei potuto aspirare ad una qualche carica elettiva, ad un qualche incarico di partito, o -più semplicemente- ad un ruolo più confacente a tanti anni di impegno e militanza. Ma Sandro Fontana è lombardo, di quella terra che, forse più di ogni altra, apprezza e valorizza le intelligenze calabresi… Intanto, mi tengo strette la sua autorevole conversazione e la stima culturale e personale che nutre nei miei confronti. Poi si vedrà…
La Provincia Cosentina
Egidio Lorito, 09-06-2007