A tu per tu con...
Non occorre molto per comprendere lo spessore culturale di Massimo Teodori: una semplice visita al suo sito-internet (www.massimoteodori.it) dà l’idea delle innumerevoli attività culturali, di studio, ricerca, impegno politico che caratterizzano la vita di questo autorevole docente universitario, fine commentatore politico, penna raffinata che sin dal primo incontro colpisce per la disponibilità e la cordialità: doti, queste, che contribuiscono a rendere ancora più gradevole lo scambio di opinioni.
E lo dico senza riserve, perché ho avuto l’onore di presentare ben due tra le sue innumerevoli pubblicazioni: “Benedetti Americani” (era il 31 agosto del 2003) e “L’Europa non è l’America” (il 24 agosto del 2004, in quest’occasione insieme all’internazionalista -calabrese di nascita e salernitano d’adozione- Massimo Panebianco). Due esperienze di ampio spessore culturale, di autorevole rigore scientifico, considerato che non si tratta solo di un osservatore di fatti a “stelle e strisce”: Teodori, infatti, è Ordinario di Storia e Istituzioni degli Stati Uniti alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Perugia, dopo aver insegnato alla Luiss di Roma, alla John Hopkins University di Bologna, alla University of California di Berkeley, all’Harvard University di Cambridge ed alla Columbia University di New York. Come dire: uno che il pensiero politico americano lo conosce fin troppo bene ed è per questo che risulta ricercatissimo durante ogni pubblico dibattito che abbia come argomento l’America. Cosa che sa bene la firma di questa intervista che lo ha rincorso in lungo ed in largo, tra un’intervista alla Cnn ed un’apparizione a “Porta a Porta” o una diretta radiofonica a “Zapping” di Aldo Forbice, proprio durante le recenti elezioni americane di “medio termine” tenutesi nei primi giorni di novembre: ma sapevo che la sua promessa di concedermi un quarto d’ora non sarebbe andata a vuoto… E ricordo come ora quella prima presentazione di fine estate 2003: mi presentai timidamente, con al seguito una valigetta stile assennato-studente-universitario, piena zeppa di ogni sorta di appunti, tra cui spuntavano una copia del suo “Il sistema politico americano”, una copia de “Il Giornale” del 16 febbraio 2003 con il suo articolo di commento alla marcia della pace del 15 marzo di quell’anno -“Sotto la folla il nulla”- ed il numero 19 agosto-settembre 2003 di Liberal (rivista di cui sono stato e sono tutt’ora un vorace lettore) con gli interventi di Ferdinando Adornato, Michael Novak, dell’amico fedele Giampiero Mughini e di Teodori, appunto. Di quella serata, unitamente a quella dell’anno dopo, restano due preziosi libri autografati, alcuni flash fotografici che fanno bella mostra di sé sulle pareti del mio studio ed il ricordo di aver presentato ad una platea attenta e partecipe, un autorevole esperto di cose americane. Sempre dal suo sito apprendo che soffre di “mal d’inchiostro”, ma questo l’avevo capito: “ha scritto un certo numero di libri di storia e politica, forse troppi e talvolta inutili, dopo aver pubblicato negli anni Sessanta un accurato saggio su Architettura e città in Gran Bretagna: il caso più interessante è, tuttavia, l’apparizione nel 1969 negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna di <>, un piccolo best seller, definito dal New York Times <>” . Per non parlare della più complessiva attività giornalistica che lo ha visto negli anni ’70 fondare e dirigere le riviste “La prova radicale” e “Argomenti radicali”, per proseguire su “L’Astrolabio”, il settimanale di Ferruccio Parri ed Ernesto Rossi e -più di recente- “Liberal”, “Biblioteca della Libertà”, “Ideazione”, “Prima Comunicazione”, “Epoca”, “Panorama”, “Il Mondo”;dal 1992 è editorialista de “L’Indipendente” di Vittorio Feltri, “Il Messaggero” di Giulio Anselmi, “La Voce” di Indro Montanelli ed “Il Giornale” di Maurizio Belpietro. Senza dimenticare la robusta attività politica che lo fa annoverare tra i fondatori del primo (nel 1955) e del secondo (nel 1962) Partito Radicale, raggruppamento del quale è stato per almeno trent’anni uno dei principali esponenti liberal-democratici: sotto quest’insegna è stato Deputato e Senatore tra il 1979 ed il 1992, distinguendosi all’interno di importanti Commissioni d’inchiesta di cui ha fatto parte, la “Sindona” la “P2”, l’“Antimafia” e quella “Stragi e terrorismo”. Proprio nel ’92, Teodori diede vita alla “Lista Referendum” capeggiata dal professor Massimo Severo Giannini, con la partecipazione -tra gli altri- di Ernesto Galli della Loggia, Marcello Pera e Federico Zeri: quell’iniziativa viene ancor oggi considerata come il primo esperimento di “politica nuova” proprio al tramonto della c.d. Prima Repubblica. Insomma, “La Provincia Cosentina”arriverà sulla scrivania di uno dei più autorevoli intellettuali, politologi e giornalisti contemporanei! Allora, Professor Teodori, come vede l’attuale fase di vita della superpotenza americana? “L’America, chiaramente, sta vivendo un periodo di forte assestamento, che dura dal giorno successivo l’11 settembre 2001: ovvero dall’indomani di un evento, quello dell’attacco terroristico al World Trade Center, che per la prima volta, dal 1812, ha visto questo Paese-Continente protagonista di un attacco portato direttamente entro i propri confini;è cambiata inevitabilmente la vita stessa di questo popolo, proprio perché non si può più contare su quel sentire di inviolabilità che ha accompagnato a lungo la storia e la maniera di vivere di questo Paese. E tutto ciò con la non trascurabile conseguenza che anche lo stesso sistema legislativo si è dovuto adeguare al cambiamento: le leggi volte ad assicurare maggiore sicurezza sociale, come ad esempio il “Patriot Act”, hanno conseguentemente ristretto tutta una serie di libertà costituzionali, dai trasporti alla comunicazione, alla libertà di movimento, perché il primo obiettivo, all’indomani dell’attentato, era quello di mettere il Paese sotto sicurezza. Si capisce bene che gli Stati Uniti si sono trovati ad affrontare una situazione del tutto nuova, storicamente nuova. Tutto è cambiato!” Qualche settimana fa, si sono svolte le tanto attese elezioni di “medio termine”: al di là del dato numerico, com’è cambiato il rapporto tra il popolo americano ed il Presidente George Bush? “Il cambiamento avvenuto con questo appuntamento elettorale, molto atteso da cittadini ed osservatori politici, è fisiologico, nel senso che prima di queste elezioni non solo vi era una presidenza repubblicana ed un Congresso -Senato e Camera dei Rappresentanti- saldamente in mano al Partito Repubblicano, ma anche la Corte Suprema e la maggior parte -28 su 50- dei governatorati, erano appannaggio del partito dei Whig, dei repubblicani, appunto. Con l’appuntamento dei primi di novembre, vi è stato un riequilibrio delle forze in campo, anzi il netto passaggio ai Democratici del controllo del due Camere ed il riequilibrio di tutto il potere nei singoli Stati. Siccome tutto il sistema politico americano di basa sul c.d. principio dei checks and balances, ovvero dei pesi e contrappesi- su quello che si chiama governo diviso, siamo tornati ad una situazione piuttosto normale, che vuole il potere suddiviso praticamente a metà, invece che pendente tutto da una stessa parte: oggi il Presidente è Repubblicano, il Congresso è Democratico. Ora, rispetto all’anormalità del potere in mano ad un solo partito, siamo tornati ad una situazione di normalita”. A proposito di “Benedetti Americani. Dall’Alleanza atlantica alla guerra contro il terrorismo” (Mondadori 2003), la tesi di Teodori era chiara e netta: “gli Stati Uniti sono stati riscoperti nel mondo prima per la tragedia dell’ 11 settembre e poi per la guerra contro il terrorismo fondamentalista islamico e i suoi sostenitori, che ha avuto un primo capitolo in Afghanistan e un secondo, più pesante, in Iraq. A causa degli interventi militari, l’immagine americana si è andata deteriorando presso l’opinione pubblica internazionale, con un’impennata quando il Presidente Gorge W. Bush ha fatto ricorso alla forza per defenestrare il despota Saddam Hussein in modo tale che non nocesse più alla popolazione irachena ed interrompesse la sua azione destabilizzatrice in Medio Oriente e nel mondo. E’ così aumentata in notevole dismisura l’ostilità verso gli Stati Uniti anche nel nostro Paese, dove è stata fomentata dalle correnti illiberali della sinistra e del mondo cattolico. Con Benedetti Americani, intendo argomentare la tesi secondo cui la tradizionale alleanza con gli Stati Uniti è stata felice per l’Italia e gli italiani (…)”. Nel successivo “L’Europa non è l’America. L’Occidente di fronte al terrorismo” (Mondadori, 2004), Teodori -che si definiva un “filoamericano tutt’altro che euroscettico”- si proponeva di rispondere ad alcuni quesiti fondamentali nell’attuale scenario mondiale: “potrà l’Europa diventare quel che è oggi l’America nel mondo, una superpotenza che fa il bello e il cattivo tempo? E’ vero che gli europei hanno un complesso di superiorità, ma anche d’inferiorità, di fronte agli americani? Ha senso parlare di un’Europa alternativa all’America? E’ ancora possibile un comune avvenire atlantico? I fondamentalisti islamici metteranno in ginocchio l’Occidente? Come si potrà vincere la guerra al terrorismo? Con questo pamphlet intendo dare una risposta argomentata agli interrogativi che vengono sollevati in un momento drammatico per il Vecchio continente ed il Nuovo mondo, entrambi sotto l’attacco del terrorismo (…) La mia tesi è che l’handicap sfavorevole dell’Unione Europea è connaturato ai suoi caratteri originari: l’incapacità dell’Europa di pesare nel mondo, come la sua demografia, la sua economia e la sua storia consentirebbero, non deriva soltanto dalla mancanza di una politica estera e di difesa, come si è soliti ripetere. Sta piuttosto nel modo in cui l’Europa unita si è sviluppata, nel cronico rifiuto di leadership, nella mancanza di democrazia e nell’assenza di quella missione -mito?- che conferisce a popolazioni così disparate, identità, appartenenza e speranza (…)” Professore, oltre che del sistema politico, Lei è anche un attento conoscitore della società americana, dello stile di vita americano: c’è una costante che la caratterizza? “Dall’inizio degli anni ’60, in concomitanza con le presidenze Kennedy e Johnson, si è inaugurato un ventennio caratterizzato dal potere in mano alle correnti liberal, con una leggera maggioranza politica della componente Democratica nei due rami del Congresso, e questo status politico è durato praticamente sino all’elezione di Ronald Reagan, nel 1980;da quel momento, con la supremazia Repubblicana, cioè della componete conservatrice, si è passati ad una diversa visione della società: nel campo della politica interna -economica soprattutto- si è assistiti ad un drastico taglio della pressione fiscale, mentre in politica estera si è assistiti al c.d. confrontation, prima con l’ex impero sovietico e poi con la società islamica. Nella storia americana, si assiste -in pratica- al susseguirsi di periodi conservatori a periodi più marcatamente progressisti, come ad una specie di moto del pendolo: un’oscillazione che caratterizza da sempre non solo le istituzioni politiche ma anche la stessa società americana, che poi è il riflesso dell’agire politico-istituzionale e tutta questa continua alternanza è, da sempre, oggetto di studio da parte degli scienziati della politica”. Veniamo all’Italia: Lei vanta un corposo curriculum politico che le garantisce un privilegiato punto di osservazione. Dove sta andando l’Italia? “E’ difficile dare una risposta sintetica sul destino del nostro Paese: si sperava -francamente- che con l’avvento della c.d. Seconda Repubblica, il nostro Paese abbandonasse del tutto il vecchio sistema politico fatto di apparati burocratici, di logiche di spartizione del potere e di tutti quei mille risvolti che hanno avvelenato la politica italiana dell’ultimo cinquantennio: tutto ciò non è avvenuto, ed il processo di modernizzazione dell’Italia appare più un desiderio per il futuro che una realtà su cui poter contare oggi!” L’ultima pubblicazione di Teodori, “Laici. L’imbroglio italiano” (Marsilio, 2006) analizza un punto fermo dell’attuale scenario politico nazionale: “è davvero in atto un’offensiva tradizionalista, dai tratti clericali, che impedisce in Italia l’adozione delle riforme civili dei moderni Paesi occidentali? In questo libro, scritto con l’occhio dello storico e la verve del polemista laico, ripercorro le ultime tappe dell’antimodernismo antiliberale: fecondazione assistita, coppie di fatto, bioetica, aborto, terrorismo, radici cristiane, Stato e Chiesa. Ma la responsabilità del ritorno ad un fosco passato non è di Papa Ratzinger e del cardinal Ruini che fanno aggressivamente il loro mestiere: è piuttosto di quei politici che nel centro-desta e nel centro-sinistra abdicano alla loro autonomia e inseguono la Chiesa per ottenere i favori. L’imbroglio italiano non sta, dunque, nella vecchia divisione politica tra il cattolico ed il laico, in cui ciascuno rispettava le ragioni altrui: sta, invece, nella crociata neo-tradizionalista guidata dagli atei devoti, dai laici pentiti e dai liberali bigotti che, sulla scorta delle direttive pastorali, pretendono di stabilire cos’è il nuovo liberalismo e la sana laicità, mentre si adoperano per imporre un nuovo oscurantismo”.
La Provincia Cosentina - “A tu per tu con …” n. 7
Egidio Lorito, 22-11-2006