Con le sue pubblicazioni, da un ventennio, continua ad alzare il velo su quello scrigno di segreti per gli occhi ed il cuore rappresentato dalla natura calabrese: riesce, come pochissimi, a rappresentare al meglio l’immenso patrimonio paesaggistico-ambientale della Calabria, regalando al sempre più numeroso pubblico di lettori vere e proprie immagini in diretta dall’estrema penisola della già “bella” Italia. Sarà possibile apprezzare la tematica paesaggistica che Francesco Bevilacqua porta avanti da alcuni lustri solo dopo aver ammirato le sontuose immagini di questa terra, tutte tratte dallo sterminato archivio personale dell’autore; solo dopo aver riflettuto sui pensieri dei tanti “viaggiatori” che dalla notte dei tempi hanno frequentato la Calabria; solo dopo aver metabolizzato l’ “essere” e l’“avere” di questo estremo lembo d’Italia, fino ad interiorizzarne ogni aspetto geografico come ogni problematica socio-culturale.
Solo dopo aver riflettuto a lungo sulla tradizione storica che fa della Calabria la terra in cui alcune delle più importanti civiltà della Storia si sono incontrate e scontrate, solo dopo questo -e molto altro ancora- il nostro autore può anche permettersi di giungere ad una sorta di “sintesi” interiore, ad una riflessione filosofica, ad una ricerca del “genio dei luoghi”, dello spirito, del nume tutelare dei siti che ha attraversato e continua a fare con la competenza scientifica e culturale che la pubblicistica non può non riconoscergli. Francesco Bevilacqua vive e lavora in Calabria: avvocato civilista ed amministrativista, attivo nel volontariato ambientalista, promotore in prima persona di azioni a tutela e denuncia in favore delle bellezze naturali della Calabria, è impegnato fattivamente per far conoscere la natura e il paesaggio di una delle più belle e sconosciute regioni del Mediterraneo; il tutto tradotto in scritti e fotografie celebri testate come Airone, Bell’Italia, Alp, Oasis, Panorama, Rivista del Cai, Trekking, Ulisse, Quark, Dove, Gente Viaggi, Calabria, Paese Sera, Gazzetta del Sud e -soprattutto- in 14 libri dedicati ai parchi, alle bellezze naturali, ai paesaggi della Calabria e -più in generale- al rapporto tra uomo e natura. Insomma, una pubblicistica in cui il lettore troverà l’essenza della natura calabrese.
Bevilacqua continua ha raccontare, da ogni possibile angolazione, una Calabria ammirata dall’osservatorio più che privilegiato di chi la ricerca la conduce esclusivamente sul campo, tale da concedere alla sua “opera omnia” molte ragioni basilari: innanzitutto i 28.000 chilometri a piedi che ha percorso nel corso dell’ultimo trentennio in Calabria; poi le “avide” letture di tutti i testi disponibili di viaggiatori, descrittori, e narratori, dal ‘500 ai nostri giorni, che ha accompagnato il suo peregrinare in natura; ancora, l’impegno di volontario ambientale profuso con il W.W.F., con Italia Nostra, con il Club Alpino Italiano, ed ancora con il Fondo per l’Ambiente Italiano, per impedire scempi, istituire parchi, proteggere luoghi di particolare interesse naturalistico e paesaggistico. Solo così sarà possibile comprendere la genesi di quest’opera che non è -è bene sottolinearlo- il classico testo di ammirazione per il paesaggio calabrese ormai già ampiamente sondato in tutte le sue pieghe.
Questa volta, dall’alto di una fortissima presa di coscienza, Bevilacqua aggiunge un tocco “filosofico” ai suoi ragionamenti “in natura”, perché -ormai- ama definirsi “cercatore di luoghi dimenticati”. Descrive il suo modo di viaggiare come “una forma di travaso tra la mia anima e l’anima dei luoghi”. Ed alla fine, i suoi mezzi di trasporto prediletti -le gambe e l’istinto- risultano affinati da questa trentennale frequentazione di monti e valli, coste assolate e corsi d’acqua, laghi e cascate, colline e praterie… “<<Nullus Locus sine Genio>>: questa frase di Servio (retore latino vissuto tra il IV ed il V secolo d.C.) tratta dal Commento all’Eneide (5, 95), risulterebbe incomprensibile alla maggior parte degli odierni lettori, salvo che a qualche specialista di mitologia latina. Eppure essa diceva ai suoi contemporanei una cosa che per loro era ovvia: <<nessun luogo è senza genio>>. Laddove per Genio s’intende lo spirito, il nume tutelare del luogo stesso. (…) Non esiste, infatti, nella nostra cultura, un’idea che coincida con quella del Genius Loci. Oltretutto, per la cultura latina il genio non l’avevano solo i luoghi, ma anche le persone. Il Genio, insomma, era il compagno soprannaturale di ciascuna anima (…)”. Parte da questa semplice dichiarazione d’intenti per guidarci, attraverso un’ottantina di godibilissime pagine, in un itinerario che questa volta non è soltanto paesaggistico-ambientale: il nostro moderno esploratore non si rifà più solo a cime innevate, orridi e strapiombi, sterminate foreste nel cuore del Mediterraneo, laghi e plaghe assolate; non ci consegna l’ennesimo affresco scintillante della natura calabrese, pur sempre affascinante nella sua visione d’insieme. Questa volta Bevilacqua supera la barriera del mondo poetico e filosofico, cercando di ritornare alle radici ed alle ragioni della sua stessa ricerca culturale: li ha chiamati tutti a raccolta i grandi pensatori dell’anima, legandoli intimamente anche alla natura calabrese -James Hillman, Mircea Eliade, Roberto Calasso, Heinrich Heine, Christian Norberg-Schultz, Eugenio Turri, Franco La Cecla, Rosario Assunto, Pierre Hadot, Raffaele Milani, Marc Augé, Paolo D’Angelo, Nuto Revelli, Enrico Camarani, Annibale Salsa, Remo Bodei, Vito Teti, Fernand Braudel, Maurice Aymard, Alain De Botton, Ralph Waldo, Vernon Lee, Attilio Brilli, Dino Buzzati, Robert Pogue Harrison, Carl Gustav Jung, Ezra Pound, Thomas Eliot, William Wordsworth, Rainer Maria Rilke, Pablo Neruda, Henry David Thorueau: un tributo dovuto a chi, prima o dopo, continua a parlare di Calabria fuori dagli schemi ordinari.
Assieme a loro, Bevilacqua è riuscito a legare uno spicchio della natura di Calabria ad un pensiero, ad una riflessione sui luoghi perduti: “(…) Guardare oltre il velo vuol dire, insomma, cercare Dafne in un alloro, sentirsi nel mare come nel proprio Principio, lasciare che il proprio cuore danzi con le giunchiglie, morire per non dimenticar le stelle, ritenersi figlio del bosco cileno, accettare che il sole, al tramonto, posi un raggio di luce dorata sulla nostra spalla e ci conduca a casa”. Anche nella tanto bistrattata Calabria: che desiderio!
Francesco Bevilacqua, Genius Loci. Il dio dei luoghi perduti, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (CZ) 2010, pp. 86, € 8,00.
Apollinea. n. 5 Sett.-Ott. 2010 Egidio Lorito