Con la scomparsa dell’autorevole vaticanista, la Calabria perde uno dei suoi maggiori conoscitori
La recentissima notizia della scomparsa di Giancarlo Zizola, decano dei vaticanisti italiani, attualmente in forza a “La Repubblica”, non può che lasciare un velo di tristezza in quanti lo hanno conosciuto ed apprezzato, soprattutto in Calabria.
Sono passati sedici anni dal mio incontro con Giancarlo Zizola, ma una cosa non sembra proprio essere mutata: l’amore per la Calabria che, oggi come allora, mi colpiva in questo giornalista, scrittore, docente universitario del quale gli studi e le ricerche sui temi dell’ecumenismo, del rapporto tra Cristianesimo ed Islam e della storia contemporanea, valgono come dottrina consolidata, tanto sono connotati da quel valore di autorevolezza e di rigore scientifico. Come le sue pubblicazioni: tra saggi e articoli -per non parlare degli interventi radiofonici e televisivi- a Zizola dobbiamo una sterminata pubblicistica che ne fa uno dei più autorevoli rappresentanti sia del contemporaneo universo massmediologico che del suo specifico settore di specializzazione, ovvero i temi vaticani.
Potevo vantare, con Zizola, una frequentazione fitta, da quel primo incontro durante i “Venerdì Mediterranei” di Cittadella del Capo nell’estate del 1995 , quando un distinto signore dal riconoscibilissimo accento veneto mi si materializzò tra le possenti mura e torri di guardia di uno dei più singolari luoghi della costa tirrenica calabrese: dalle conversazioni sui temi calabresi al suo indimenticabile intervento nel corso della presentazione del mio “Tracce di Calabria”, con al fianco autorevoli intellettuali quali Francesco Sisinni, Genevieve Makaping, Mimmo Sancineto e Michele Borrelli. In quell’occasione venne fuori l’amore e la profonda conoscenza della terra di Calabria, perché non affrontò, nel corso del suo autorevole intervento, tematiche legate alla grande politica vaticana: affrontò, molto più semplicemente, la Calabria per come la conosceva, per come la studiava e la sapeva apprezzare, cogliendone i lati anche più difficili da apprezzare per un non calabrese. Era il 24 agosto del 2005 e di quella serata ricorderò per sempre l’affetto che mostrò per l’autore di quelle pagine, alle quali -evidentemente- affidava un valore non circoscritto alla pura lettura. Lo intervistai più volte, in seguito, sino alla presenza nel corso della I^ edizione della rassegna culturale “Praia, a mare con…” quando intervenne a presentare il testo di Papa Ratzinger: quella volta giocava in casa ed il numeroso pubblico estivo potè toccare con mano il suo enorme spessore culturale sulla materia papale ed ecclesiastica. Insomma, ho avuto l’onore di conoscere non solo l’uomo ma -soprattutto- lo studioso Zizola, la cui parabola scientifica avrà un posto sempre saldo anche nella mia biblioteca ideale.
Una parabola umana e professionale, la sua, che lo ha portato a scrivere per l’Avvenire d’Italia, Il Messaggero, Il Giorno, L’Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, La Repubblica, oltre che -all’estero- per le prestigiose Informations Catholiques Internationales e per Le Monde Diplomatique;a fondare il Centro Culturale per l’Informazione Religiosa;ad insegnare Etica della Comunicazione a Padova ed a pubblicare decine di volumi in campo giuridico, politico, etico-sociale e comunicativo. Ne avrà viste tante dal 1961, anno in cui approda a questo -innovativo per l’epoca- settore di specializzazione del giornalismo, puntando subito il taccuino sul “Vaticano, ultima monarchia assoluta d’Occidente, sospeso fra modernità e tradizione” come era solito definire lo Stato oltre Tevere.
Nel tempo, quell’inconfondibile inflessione veneta si era colorita di modi di dire del tutto calabresi che prendevano forma nel corso delle nostre lunghe conversazioni telefoniche o in riva al Tirreno della sua Cittadella del Capo dove, nella magnifica baia di Contrada Zilletta, aveva da tempo stabilito il suo buen retiro.
In quell’affascinante angolo di Calabria tirrenica, con i monti dell’Orsomarso a far da corona alla costa alta e frastagliata -ai piedi della quale mi narrava di lunghe nuotate- forse ho avuto la fortuna di conoscere il Giancarlo Zizola più umanamente vicino alla nostra terra, che conosceva incredibilmente meglio di molti nostri corregionali. E non parlo della nostra millenaria Storia. Parlo di quelle drammatiche vicende, molto più vicine alla nostra quotidianità, che come un cancro sembrano essersi impadronite di larga parte del suo territorio. Ne parlava e lo vedevo realmente rammaricato per una Calabria irrimediabilmente persa: quella di Guido Piovene e Giuseppe Berto, altri due illustri veneti che, prima di lui, l’avevano narrata, descritta e difesa oltre ogni immaginazione. Era la Calabria che metaforicamente appariva nel suo recente romanzo “La sera dei girasoli”, nel quale sosteneva che nella nostra terra avremmo dovuto semplicemente aumentare la politica degli innesti virtuosi, gli unici capaci di farci scrollare di dosso decenni di malaffare e di ignoranza sociale.
Ora, non potrò fare a meno di citare, nelle mie dissertazioni sulla Calabria, anche quest’altro intellettuale veneto che parlava della penisola calabra con la stessa competenza con cui affrontava il più spinoso dei temi legati al vaticanismo;che, ammirando il luminoso orizzonte dalla “sua” Cittadella del Capo, mi ricordava la grande lezione di Fernand Braudel sul Mediterraneo e su quell’<<idea geopolitica della complessità>>che mi affascinò una sera del luglio del 1995, quando un distinto signore dal riconoscibilissimo accento veneto mi si materializzò tra le possenti mura e torri di guardia di uno dei più singolari luoghi della costa tirrenica calabrese…
Un saluto, caro Giancarlo!