Da qualche giorno in libreria, per i tipi della Rubbettino Editore, l’ultimo libro di Francesco Bevilacqua, “Il Parco Nazionale del Pollino, guida storico-naturalistica ed escursionistica”, si candida a divenire la pubblicazione più completa sulla grande area protetta al confine tra Calabria e Basilicata. Utile strumento per orientarsi tra le meraviglie del Parco nazionale -da non confondersi con la cosiddetta “Mini-guida al Parco” edita giusto qualche mese fa dall’ente e realizzata sempre dallo stesso Bevilacqua- il libro è il diciottesimo scritto dall’autore che sul proprio sito (www.francescobevilacqua.com) ripercorre anche la sua lunga carriera di scrittore e pubblicista, iniziata nel 1991, insieme alle migliaia di chilometri macinati lungo i sentieri della natura calabrese.
Durante gli ultimi 23 anni, Francesco Bevilacqua ci ha regalato imperdibili volumi di grande formato, anche fotografici, dedicati ai paesaggi ed alla natura della Calabria (monti, coste, foreste), contributi alla conoscenza del rapporto tra uomini e luoghi, guide agli altri parchi calabresi (Sila, Aspromonte, Serre, Reventino, montagne di Calabria nel loro insieme) e, da ultimi, sempre per la Rubbettino, ricerche complete come “Calabria, viaggi e paesaggi”, “Montagne di Calabria”, “Genius Loci” e “Sulle tracce di Norman Douglas”. Insomma: non c’è angolo della variegata natura calabrese che il nostro non abbia posto sotto la sua preziosa lente d’ingrandimento; non c’è sentiero su cui non abbia lasciato traccia, quella colta e raffinata che ne fa -senza dubbio- il più autorevole conoscitore ed interprete del paesaggio naturale di una penisola che da sola rappresenta, al tempo stesso, un mirabile spaccato dello stesso paesaggio italiano. Questo nuovo libro (l’ottavo della collana “Gli Scarabei”, diretta dallo stesso Bevilacqua per la prestigiosa editrice di Soveria Mannelli) è la prima guida completa all’intero Parco Nazionale del Pollino, ovvero a tutto il suo vastissimo territorio di oltre 180.000 ettari, che va dalle aree collinari poste alla sinistra idrografica del Fiume Sinni in Basilicata, a nord, sino al Gruppo di Montea che si affaccia sulla costa tirrenica calabra, a sud. Una varietà di ambienti, una quantità di bellezze naturali, una diversificazione di paesaggi, una straordinaria biodiversità che comprende specie di flora e fauna autoctone e rare, che giustificano le 700 pagine del volume e le 650 fotografie a colori scattate dallo stesso autore, i 152 itinerari escursionistici dettagliatamente descritti e raggruppati in 13 distinte sotto-aree per facilitarne l’individuazione, la grande carta topografica acclusa al volume, i lunghi capitoli dedicati alla storia del parco, alla sua geografia, alla flora ed alla fauna, le utili appendici informative. Nella prefazione, Fulco Pratesi, decano dell’ambientalismo italiano, definisce il libro di Bevilacqua “un’opera completa, affascinante e bella … un sublimato di decenni di passione, ricerche e soprattutto escursioni”. Il libro, infatti, è frutto di 34 anni di peregrinazioni pedestri tra i vari gruppi montuosi che compongono l’attuale territorio del parco, ma anche di letture, studi, ricerche e di azioni volte alla tutela del territorio sino alla istituzione del parco stesso. Bevilacqua, infatti, è stato responsabile regionale del WWF Calabria per quasi vent’anni, proprio nel periodo caldo della contrapposizione tra i fautori dell’area protetta e chi voleva invece che si creasse nel cuore del Pollino un grande comprensorio sciistico con strade, villaggi turistici ed impianti di risalita. Il libro viene a colmare, dunque, una lacuna nella pubblicistica sul Parco Nazionale del Pollino, che pure annoverava altri volumi come, ad esempio, quelli storici e pionieristici di Giorgio Braschi ed altri due dello stesso Bevilacqua, editi da Il Coscile e dedicati, il primo al cosiddetto “cuore” del parco ossia al sottogruppo del Pollino propriamente detto, il secondo a tutto l’Orsomarso. Con la sua nuova opera, invece è l’intero territorio del Parco ad essere radiografato come non mai, con quell’occhio scientifico che caratterizza ogni uscita editoriale di Bevilacqua. E non sorprenderà perché, ora, l’autore definisca il Pollino “il parco dei parchi”, proprio per quella vastità e complessità geografica che ne fanno una grande area protetta che, in realtà, ne racchiude ed unifica diverse. Caratteristica, questa, assolutamente unica in tutta Europa. Un mondo, quello del Parco, fatto -innanzitutto- di forme variegate del paesaggio: panorami sconfinati, vette e crinali alpestri, boschi fitti, alberi monumentali, valli e conche ariose, gole strette ed incassate, canyon, cascate, laghi, monumenti di roccia; ma composto anche da tanti e diversi massicci montuosi, da tante e diverse vallate. E poi i cinquantasei paesi che cingono le sue montagne come un rosario e che se ne stanno, spesso, piccoli e solitari, artigliati come rapaci, su impervi costoni di roccia. Per non parlare di quel mondo, in senso etno-antropologico, che racchiude etnie, linguaggi, tradizioni, usi, costumi, riti millenari. Insomma, un mondo dove il tempo si è fermato. In questo libro l'autore racconta il Pollino in tutte le sue sfaccettature, ne ripercorre la storia plurisecolare, ne descrive le bellezze, indica i percorsi a piedi per raggiungere gli angoli più suggestivi del Parco, accompagna il lettore con consigli pratici, mostra i luoghi in tutte le stagioni dell'anno, con ogni condizione atmosferica: per offrire, a chi voglia visitare e conoscere il Parco, uno strumento ricco e nello stesso tempo agevole. Ma anche per donare, agli stessi residenti, un compendio di memoria e bellezza, su un territorio, un ambiente, una grande comunità di natura e cultura da conservare, proteggere e valorizzare. Francesco Bevilacqua è stato definito dall’urbanista ed ambientalista Pier Luigi Cervellati, nella prefazione a “Genius Loci, il dio dei luoghi perduti” (Rubbettino, 2010), “un rabdomante della bellezza” proprio per questa sua particolare attitudine all’esplorazione di un territorio, quello calabrese (ed ora in parte anche quello lucano), letteralmente sconosciuto ai più sino alla fine degli anni Settanta, per riscoprirne i pregi paesaggistici e le emergenze ambientali. Di sè stesso, Bevilacqua dice di sentirsi un “cercatore”, un inquieto, che, pure, non ama altro che la sua terra d’origine, quel profondo Sud Italia cui ha dedicato tante energie. Il suo è un viaggio lento, a piedi, senza altro mezzo di locomozione se non le gambe. Dice che per godere davvero dei paesaggi non deve esservi nessun mezzo tecnologico tra le gambe, i piedi e la terra: assume a suo precipuo modo di viaggiare, la “stanzialità errante” o il “viaggiar restando”, secondo la definizione dell’etno-antropologo Vito Teti: il farsi abitante dei luoghi anziché turista o visitatore. La parola d’ordine è “ripetuti incontri” con i luoghi, secondo una formula cara a James Hillman, l’autore del famoso “Il codice dell’anima”. Dice di voler curare i meridionali da una malattia epidemica ed endemica, l’ “amnesia dei luoghi”, prodotta dal grave complesso di inferiorità che attanaglia l’antica civiltà contadina del Sud rispetto alla “civiltà” industriale del Nord. Vorrebbe risvegliare la gente da quello che definisce stato di “coma topografico”, un non-legame con i luoghi. Si fa interprete del “Pensiero meridiano” di Albert Camus e di Franco Cassano. Vorrebbe che lo stato di salute dei paesi, delle campagne, delle montagne, della gente si misurasse non attraverso il prodotto interno lordo ma tramite la felicità interna netta. Prescrive a tutti una sola medicina naturale: non l’ha mai brevettata, perché esiste da sempre benché nessuno ne faccia più uso. La chiama, in perfetto stile da greco classico, “oikofilia”, amore per la casa, per la patria, per il paese. Per il paesaggio. C’è da credergli…
Per saperne di più:
Francesco Bevilacqua, Il Parco Nazionale del Pollino. Guida storico-naturalistica ed escusionistica, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2014, pp. 700, € 28,00