Edizioni Scientifiche calabresi, Gruppo Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli-Rende (CS), € 23,00

“La nozione di rappresentanza viene qui colta mediante l’approccio interdisciplinare, per consentire l’individuazione della sua struttura duale, senza tralasciare, inoltre, quegli elementi teoretici e fondativi che ne disegnano l’orizzonte di riferimento da cui, certo, non si può prescindere. Sia i processi di globalizzazione in atto, sia l’irruzione di nuovi interessi e valori, hanno fatto sì che lo Stato moderno, entro cui la nozione di rappresentanza aveva per lungo tempo soggiornato, fosse messo in forte tensione, tanto da esserne dichiarata la morte (…)”.

Va subito al cuore “interdisciplinare” della ricerca il direttore della collana ”Teoria e Prassi del Diritto”, quasi a voler anticipare i temi che faranno da sfondo alla nuova pubblicazione che segna un percorso accademico denso e prestigioso.   
Gian Pietro Calabrò è Ordinario di Filosofia del Diritto e di Teoria Generale del Diritto e dello Stato presso il Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza dell’Università della Calabria, di cui è Presidente: autore di diverse monografie e contributi, tra cui Valori supremi e legalità costituzionale, Diritto alla sicurezza e crisi dello Stato costituzionale, da oltre trent’anni porta avanti, nella sua terra di Calabria, una meritoria attività non solo scientifica e di ricerca, ma anche di promozione di centri di cultura e sviluppo della legalità che hanno avuto il merito di attirare l’attenzione di studenti, colleghi docenti e centri di ricerca su una realtà accademica dinamica e produttiva come quella che si è andata sviluppando, nello stesso periodo, all’interno dei “cubi” dell’Università della Calabria. Prima la direzione della Scuola Superiore di Formazione in Studi Sociali e Politici “Antonio Guarasci” e, successivamente, l’ideazione e direzione del Master universitario in “Diritti Umani e Legalità” tenuto presso lo stesso Ateneo di Arcavacata, non sono altro che effetti “collaterali” di questa disciplinarietà di cui il docente parla nella sua presentazione che divide con l’altra attenta autrice del testo. Paola Barbara Helzel, ricercatrice, insegna Teoria dei Diritti Umani e Biogiuridica presso l’Università della Calabria: studiosa di Hannah Arendt, ha affrontato il tema della cittadinanza in una prospettiva normativa nel volume Il diritto ad avere diritti. Per una teoria normativa della cittadinanza, curando anche la traduzione italiana del volume La violenza e l’ordine di A. D’ors. Occupandosi anche del pensiero giuridico e politico di Hans Jonas e Hans Kelsen, ha permesso di evidenziare il ruolo che la radice ebraica svolge nel pensiero giuridico e politico contemporaneo.
I due curatori hanno guidato un gruppo composito di specialisti dell’argomento, allo scopo di mettere in risalto “(…) l’intera esperienza del costituzionalismo contemporaneo, la cui crisi sembra essere sempre più conclamata. Gli eventi di natura nazionale ed internazionale che in queste ore accadono nel nostro orizzonte politico e sociale fanno fibrillare le vecchie categorie giuridiche (…)”. E di questo gruppo fanno parte Fabrizio Luciani, Associato di Diritto Amministrativo presso lo stesso Corso di Laurea in Giurisprudenza, che ha evidenziato significativi percorsi tra “potere pubblico e poteri privati”, non mancando di far emergere gli stessi “paradossi della libertà”. Più precisamente, Luciani analizza “le dinamiche del potere tra rappresentanza politica e autonomia privata”, il tutto riprendendo la sempre valida teoria per la quale “nella sua dimensione sociale, attinente all’azione dell’uomo nella società, il <<potere>> indica la capacità di un soggetto (o di un gruppo) di esercitare un <<dominio>> su altri soggetti (o gruppi) per conseguire obiettivi determinati (…)”. A dare respiro transnazionale all’opera, il contributo di Consuelo Martinez Sicluna y Sepulveda, Profesora titular de Derecho Natural y Filosofìa del Derecho nell’Università Complutense de Madrid: un contributo reso in lingua madre, sicuramente adatto ad offrire una visione europea del diritto, in una fase -come quella contemporanea- in cui il diritto stesso si apre sempre di più a prospettive extra-nazionali. Particolare anche il tema del saggio, “La crisi de la legidimidad: de la geometria legal a la democrazia deliberativa”, che parte da chiari riferimenti classici, quali Sant’Agostino e la sua celebre “Ciudad de Dios” e Cicerone, strenuo difensore della struttura politica incarnata nell’opera “Sobre la Repubblica”: quest’ultima intesa come un obiettivo, un orizzonte finale, un ordine naturale delle cose, rafforzato dalla stessa volontà umana di vivere in comunità. A concludere, il contributo di Marcello Piazza, Associato di Diritto Costituzionale nell’Ateneo calabrese il cui taglio costituzionalistico -“La democrazia rappresentativa nella Costituzione italiana- fa sentire il proprio peso nell’economia dell’opera, partendo dall’analisi sull’epoca moderna e contemporanea. “(…) Durante la fase storica intermedia -in Occidente- tra l’accentramento dei poteri supremi nella figura del re e la maturazione del principio di sovranità popolare, la rappresentanza politica riposa sull’idea di sovranità nazionale, dove l’interesse generale non sarebbe affatto una somma degli interessi particolari che agitano la società, sopravanzandoli in vista di bisogni superiori (…)”.
E proprio sulla difficoltà nel dare un significato unitario al concetto della “rappresentanza” interviene il saggio di Paola Helzel che parla, chiaramente, di contraddizioni: ne “Le aporie della rappresentanza nella teoria politica di Hannah Arendt”, la ricercatrice sembra individuare la causa del problema quando sottolinea che “(…) probabilmente la complessità del problema è insita proprio nella radice del rapporto tra rappresentanti e rappresentati, ovvero nella responsabilità che hanno gli eletti verso gli elettori, fermo restando il limite della rappresentanza c.d. politica (…)”. Avrà pesato anche la “passione” che la Helzel nutre per il maggior filosofo femminile dell’Occidente europeo, ma non possiamo non chiedercelo: “Perché proprio Hannah Arendt? Perché conditio per quam  della vita politica, per la nostra filosofa è l’azione, un’azione che non potrà mai essere solitaria, ma dovrà essere sempre fonte di pluralità, ovvero <<completamente dipendente dalla costante presenza degli altri>>. Il contributo colpisce soprattutto perché analizza l’intero pensiero arendtiano, che alla fine giunge  ad una “(…) severa critica alla moderna forma di rappresentanza, in quanto finisce con il <<depoliticizzare>> l’agire umano (…)”.
Crisi della rappresentanza? Sua possibile morte? Gli autori si spingono anche verso queste riflessioni, accorpandovi anche quelle sul tema dell’ ”autorità” per portare luce su un termine che, a loro dire, se posto accanto alla teoria democratica, creerebbe una “stridente contraddizione da rimuovere indignati”.

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