Ucsi/Unisob Editori, Roma/Napoli 2013, p.201, € 15.00
“Da qualche anno, Giancarlo Zizola insegnava Legislazione ed etica dei media all’interno del corso di Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education dell’Università di Padova. Anche se oneroso, quest’impegno gli piaceva. Gli dava soddisfazione il fatto di essere stato chiamato a insegnare nella stessa Università in cui, da giovane, aveva studiato e aveva cominciato a realizzare la sua passione per il giornalismo, grazie al giornale degli studenti. Inoltre, l’essere chiamato a insegnare coronava il suo percorso professionale, di giornalista che cerca non soltanto di trovare, selezionare e pubblicare le notizie, ma anche di approfondirle e collocarle in cornici interpretative adeguate, estraendone il senso”.
Giancarlo Zizola (1936-2011) è stato uno dei più colti, autorevoli ed eticamente orientati giornalisti del panorama contemporaneo nazionale: scrittore e giornalista specializzato in questioni religiose, vaticanista di antica e solida formazione giuridica -aveva seguito, giovanissimo, il Concilio Vaticano II- attento studioso di realtà storico-sociali ben lontane da quelle del suo Veneto -da quarant’anni si rifugiava regolarmente nel suo buen retiro sulla costa tirrenica settentrionale della Calabria, non certo per sfuggire dal mondo, ma per contribuire a comprendere il mondo della stessa Calabria- Zizola ha rappresentato, soprattutto per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo, un punto fermo nella cultura giornalistica italiana degli ultimi decenni. Quella non solo colta e scientificamente indirizzata, ma -soprattutto- eticamente orientata, ammantata di tali e tanti spunti critici e di riflessione da risultare autorevole e dall’a scontata citazione. Ecco perchè, a due anni dalla sua prematura scomparsa, ritorna prepotente il senso della sua ricerca complessiva che è stata storica e giuridica, sociale ed economica. Ed etica, chiaramente. Ecco perché la recente pubblicazione di un’opera postuma legata al tema dell’etica nel giornalismo, nella comunicazione, nell’informazione non potrà lasciare indifferenti i cultori della materia come tutti coloro che quotidianamente si avvicinano a questa professione -il giornalismo- le cui regole sempre più spesso vengono travolte -e stravolte- in nome delle pressioni del mercato che, in questo campo, significano semplicemente numero di copie vendute o share televisivo raggiunto.
Sarà anche per questo che la curatrice del volume, Paola Springhetti -giornalista di origine trentine addetta alla comunicazione per il Centro di servizio del volontariato del Lazio, docente di giornalismo all’Università Pontificia Salesiana e di legislazione ed Etica dei media all’Università di Padova e membro del Consiglio nazionale dell’Unione Cattolica della stampa italiana- offre del saggio non solo una connotazione fortemente culturale -nel senso di testo da cui si può difficilmente prescindere, soprattutto per le nuove generazioni- quanto intimamente affettiva, visto che era toccato proprio a lei curare la struttura definitiva del saggio, al fine di pubblicarlo. “Abbiamo iniziato, ma non abbiamo fatto in tempo a finire. Questo libro, quindi, non è concluso: alla fine, mi sono limitata a una lettura redazionale dei suoi testi. Credo però che sia un libro importante, perché contiene una interpretazione del sistema dei media che pone molte domande, oltre a una proposta etica con cui è necessario confrontarsi”.
Le pagine del volume, racchiuse in capitoli omogenei (Per una informazione eticamente sostenibile; media e democrazia. Dinamiche di transizione; Media, minori e soggetti deboli; Per uno jus gentium della comunicazione globale; La fabbrica degli stereotipi e dell’ostilità; Riflessioni per una regolamentazione dei media) ci restituiscono, in pratica, il punto di arrivo (purtroppo incompleto…) di un cinquantennio di analisi, ricerche, dibattiti, tutti tesi ad evidenziare come ci si trovi sostanzialmente immersi in una “società dell’informazione. Oppure società della comunicazione. Questo genitivo ricorre abitualmente per definire il mondo in cui abbiamo la ventura di vivere. Vuol dire in modo sintetico che la vita di molte centinaia di milioni di esseri umani è avvolta, sin dalla nascita, in una rete di strutture multimediali destinate a formare, ad un grado di consapevolezza diseguale, il corpo tecnologico di ogni cittadino planetario”.
Ad introdurre il volume postumo, Andrea Melodia, dal 2012 presidente dell’Ucsi e docente di Teorie e tecniche del linguaggio radiotelevisivo nel corso di laurea in Scienza delle comunicazioni della Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma che partendo dal suo personale incontro con l’autore, traccia lo stato dell’arte: “ Lo conobbi a partire dal 2001, quando mi chiese -ero da poco entrato nel gruppo dirigente Ucsi, trascinato da Emilio Rossi- di collaborare alla stesura di un documento di analisi sulla trasmissione “Il grande fratello”, che ormai imperversava. Il suo modo di lavorare era semplice: per prima cosa bisognava conoscere, capire, immergersi nei meccanismi di un fenomeno. Poi affrontare gli elementi raccolti con il proprio bagaglio umano e professionale; e solo alla fine giudicare motivatamente. Le regole base del buon giornalismo”. Di etica e regole deontologiche soprattutto in una prospettiva professionale, Zizola si era sempre occupato, facendone non solo il faro della propria ricerca scientifica, quanto una delle ragioni stesse della propria vita: una tensione umana e culturale che si notava emergere traboccante ad ogni incontro, ad ogni intervista, ad ogni semplice chiacchierata, anche su temi non spiccatamente giornalistici. Ma questo era il principio informatore della sua vita e risponde a verità che “(…) il nome di Giancarlo Zizola, per noi dell’Ucsi, resta legato a un marchio e a una battaglia, quella per l’affermazione della Mediaetica. Una battaglia che forse Giancarlo ha perso in vita, perché è difficile pensare che la qualità della comunicazione italiana, pur in presenza di poche isole di eccellenza, non sia mediaticamente peggiorata nell’ultimo decennio (…)”.
Zizola lo sosteneva con forza, chiamando tutti ad una condivisione di responsabilità -giornalisti, comunicatori, destinatari del messaggio- perchè “(…) aumenta a dismisura la responsabilità di ognuno, nel destino del mondo intero. Ci rende tutti corresponsabili. Anche noi, infatti, siamo partecipi a vario titolo e nei modi più diversi di un processo culturale, divenuto eticamente e politicamente nevralgico: quello che assegna ai media un potere gigantesco di influenzare l’intera società umana, anzitutto forgiando i modelli di pensiero e di comportamento di vaste masse di cittadini (…)”.
Se è difficile scommettere sul risultato di questa partita ormai giunta a tempi supplementari dal finale imprevedibile, almeno potremmo scommettere sull’impegno personale di ognuno di noi. Sarebbe la risposta migliore all’invito di un intellettuale. Eticamente orientato…