Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2013, p.239, € 18.00
“Interrogarsi sulle relazioni fra le letterature e le scienze sociali porta, in linea di massima, a porsi la questione della verità, investe la domanda del come e del fino a che punto sia possibile cogliere, concettualizzare, esprimere in modo adeguato la realtà, o meglio, le realtà che ci circondano. Realtà, tuttavia, fatte contemporaneamente di dimensioni materiali e simboliche, realtà sempre portatrici di contraddizioni, di ambivalenze e di incongruenze logiche (…)”.
Nuovo interessante capitolo della collana di Ossidiana, il laboratorio di scienze sociali attivo nel Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria: gli studiosi del gruppo che fa capo al sociologo Paolo Jedlowski, da oltre un decennio affidano riflessioni ed interrogativi a questioni riguardanti la teoria sociale e gli studi culturali, con una specifica vocazione comparatistica e con un’attenzione particolare per la descrizione e la comprensione dei processi di mutamento che attraversano la vita quotidiana degli uomini e delle donne che vivono oggi nel Mediterraneo ed in Europa. Dopo le riflessioni sul concetto di sfera pubblica, dell’interazione, dei luoghi migranti, delle atmosfere locali e proseguendo una feconda linea riflessiva sul rapporto tra la letteratura e le scienze sociali che portò, nel 2010, alla pubblicazione del volume dal nome assolutamente evocativo di “Incontri tra le righe” , gli studiosi hanno inteso allargare “(…) lo sguardo a un campo disciplinare più vasto: se nel primo volume l’attenzione era focalizzata soprattutto sui nessi con la sociologia, questa volta il dibattito coinvolge oltre che la sociologia, la storiografia, la filosofia del diritto, l’islamologia, l’antropologia, le lingue e le letterature e, infine, il mestiere stesso del “passatore”: il libraio-editore, colui che crea ponti tra le varie forme di conoscenza (…)”.
A curare la pubblicazione due ricercatrici di punta del gruppo di Ossidiana: la sociologa Renate Siebert, allieva, a Francoforte, di Adorno, già ordinario presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’ateneo calabrese ed autrice di fondamentali contributi in tema di trasformazione della soggettività attraverso le donne, di rapporto maschile-femminile nella vita privata e nel pubblico, di mafia e donne, ma anche di maschile mafioso, di rapporto tra mafie e totalitarismi, di razzismo, di donne e l’Islam;e la collega Sonia Floriani, ricercatrice presso lo stesso Dipartimento nel quale insegna una materia affascinante e più che mai attuale come la Sociologia della Cultura. “(…) Gli autori e le autrici -sostengono le due curatrici- hanno profili intellettuali molto diversi fra di loro e interessi di studio altrettanto diversi;eppure, leggendo di seguito i contributi, non si rimane disorientati (…). Il respiro di libertà e di profondità che la forma narrativa e, in generale, la letteratura infondono ai saperi può essere interpretato come una sorta di correttivo permanente, un invito a guardare oltre, a rendersi sempre conto che il mondo non è unidimensionale, che sullo sfondo di ciò che appare si staglia sempre anche la tensione fra ciò che è e ciò che potrebbe essere, fra ciò che è esplicito e ciò che è latente. Racconti di varia natura arricchiscono i saperi e le conoscenze;racconti biografici e autobiografici, teatrali, esoterici, memoriali, fantastici, utopici, catartici (…)”.
Il parterre dei contributors è di primo piano: c’è un antropologo come Vito Teti che coltiva i suoi interessi scientifici in tema di antropologia del viaggio, di emigrazione, di etnografia e di abbandono ed una filosofa del diritto e della politica come Anna Jellamo che, oltre ai temi classici delle sue materie di insegnamento, da tempo ha avviato una riflessione sul pensiero giuridico greco, il tutto tra letteratura classica e diritto contemporaneo;c’è un islamologo come Alberto Ventura, indirizzato verso uno studio comprensivo dei molteplici aspetti del mondo musulmano;c’è Caterina Pastura, membro del comitato di redazione della casa editrice Mesogea per la quale si occupa di pubblicare e tradurre le opere di autori contemporanei di lingua francese nel Mediterraneo;c’è Monica Massari, sociologa dell’Università Federico II di Napoli, i cui attuali interessi di ricerca spaziano dai processi di costruzione sociale dell’alterità e delle differenze sul piano culturale e religioso alle nuove forme di razzismo e discriminazione;c’è Lanfranco Caminiti, scrittore siciliano di storie e saggi che vive in Calabria;c’è Francesca Viscone, docente nelle scuole superiori e giornalista, attiva sul fronte dell’analisi del fenomeno mafioso in Calabria;c’è Vittorio Beonio Brocchieri, storico, che s’interessa di storia economica e sociale dell’età moderna e di processi di mondializzazione e globalizzazione;e c’è, infine, un contributo di Gabriella Turnaturi, professore Alma Mater dell’Università di Bologna, che viene intervistata anche sulla sua storica analisi del rapporto tra la letteratura e la sociologia.
La ricerca, come si evince chiaramente dal sottotitolo del testo -“la rappresentazione del reale fra letterature e scienze sociali”- si dipana attraverso le diverse esperienze scientifiche degli autori, tutti evidentemente orientati a cogliere, come sottolineano ancora le curatrici, “(…) la dimensione letteraria capace di svelare nuovi e diversi aspetti del reale: possiamo dire che tutti i testi raccolti in questo volume esprimono un’enfasi positiva circa l’influenza delle contaminazioni letterarie sui vari campi del sapere e della conoscenza”.
E così, Vito Teti nel suo “Antropologia e letteratura fra realtà esotica, realtà endotica e soggettività”, ricorda come “gli studi di antropologia letteraria e della letteratura nella loro forma attuale si occupano, in genere, dell’analisi del testo letterario inteso come specifico strumento di ricerca antropologica” e che “(…) il testo letterario, grazie alla sua capacità di rappresentare e raccontare la realtà, i luoghi, le storie individuali e collettive, si presenta anche come spazio per interpretazioni e riflessioni di tipo sociologico e antropologico (…)”. Nel suo puntuale e tecnico contributo -“La tragedia attica come fonte del diritto”, Anna Jellamo evidenzia come “(…) a differenza della letteratura, il diritto non si occupa dell’universale, del possibile, del verosimile. L’universale gli è concettualmente estraneo, il possibile possiede una vaghezza che non si confà alla sua struttura, il verosimile non si presta ad essere governato secondo il principio della certezza. Il diritto è previsione e regolamentazione dentro un orizzonte spazio-temporale, le infinite possibilità del possibile non rientrano nel raggio della sua azione (…)”. Seguendo questo filone apripista, l’autrice affronta un’interessantissima comparazione tra il mondo greco e quello romano, sui temi del diritto e della giustizia, distinti e distanti anche a livello semantico, per poi approdare all’analisi del “(…) testo tragico come fonte di conoscenza del diritto (…)”.
Mutando coordinate geografiche, il saggio di Alberto Ventura su “Letteratura e sapienza: il racconto iniziatico nella tradizione arabo- persiana” evidenzia come nelle “(…) letterature del mondo islamico abbondano (…) le esperienze religiose, le verità della filosofia o le intuizioni della sapienza vengono spesso comunicate attraverso l’espediente narrativo che sembra essere il più adeguato a esprimere, in modo più o meno diretto e trasparente, concetti difficili a dirsi attraverso la sola logica formale (…)”. Questo perché, l’islamologo sostiene come “nella letteratura religiosa di tutte le tradizioni da sempre un posto di rilievo è occupato da narrazioni a sfondo simbolico o allegorico. Peregrinazioni nell’aldilà, visioni celesti, descrizioni apocalittiche e simbologie mistiche sono tratti comuni alle più svariate esperienze religiose, di Oriente e Occidente (…)”.
Le tematiche care ai cataloghi di libri, all’editoria come passione ed alle singolari esperienze librarie sono al centro, come detto, dell’intervento di Caterina Pastura che sostiene, quasi come programma ideologico, che “i cataloghi di libri non solo strumenti utili, sono testimonianze delle trasformazioni culturali, delle tecniche, dei saperi e dei criteri che determinano le connessioni tra testo scritto, supporto della scrittura e pratiche della lettura. Vere e proprie “biblioteche senza pareti”, i cataloghi attestano e offrono all’interpretazione una storia e una geografia di opere, di vite, di luoghi, di oggetti e persone (…)”.
Tra i suoi molteplici interessi, Sonia Floriani annovera anche gli studi postcoloniali, come nel suo “La narrativa migrante postcoloniale di espressione italiana come fonte per l’analisi sociologica”. Campo di ricerca, quest’ultimo, che inaugura una nuova e feconda corrente: nel suo “Narrative postcoloniali e senso comune”, la ricercatrice sostiene che “(…) gli scrittori e le scrittrici, che possono essere raggruppati sotto la dicitura di narrativa migrante post-coloniale, sono migranti di seconda generazione in Italia, provenienti da ex colonie africane. Quello che accomuna questi profili è la presenza nelle loro biografie sia di un’ex colonia sia dell’Italia ex colonizzatrice, in cui sono nati avendo origini africane o miste oppure in cui sono approdati provenendo da un’ex colonia, nella quale sono o meno radicate le loro origini (…)”.
Stesso tema -quello della narrazione dei migranti- che trova ampio ed articolato spazio nel contributo di Monica Massari, “Narrare e ascoltare il racconto dei viaggi migranti”: “(…) si tratta, infatti, di storie che parlano di vite interrotte, fughe, sradicamenti, corpi abusati, identità negate, misconoscimenti, rimozioni: ma anche di forme di sovversione, resistenza, di tentativi di reclamare strenuamente, comunque, la propria soggettività (…)”.
Lanfranco Caminiti -“Di cosa scriviamo quando scriviamo di crisi. Il cinema, la letteratura e la nostra esperienza”- si avventura nel contemporaneo e drammatico mondo delle crisi economico-finanziarie, esplose negli Stati Uniti e capaci, rapidamente, di infettare anche i mercati europei ed italiani. “(…) Negli Stati Uniti -sostiene Caminiti- questa crisi finanziaria è stata un’esperienza di vita personale: la crisi dei subprime ha significato la perdita della casa per centinaia di migliaia di mutuatari, la crisi della Lehman Brothers ha comportato la perdita del lavoro per migliaia di addetti che uscivano con gli scatoloni degli effetti personali dai grattacieli luccicanti (…)”.
Francesca Viscone ha dedicato il suo contributo -“Scrivere contro l’oblio: memoria, spazio e tempo nel racconto la gita delle ragazze morte di Anna Seghers”- al tema del rapporto tra memoria e speranza, alle diverse forme di memorie e di oblio: “(…) Nella storia del pensiero, la memoria è apparsa di volta in volta sotto luci diverse. E persino il passato è stato messo in discussione: nemmeno questo qualcosa di definitivo è dato una volta per tutte, ma esso stesso oggetto di una costruzione, una proiezione del presente. Che cosa significa allora scrivere contro l’oblio? Significa innanzitutto scrivere per ricordare, ma il ricordo non è mai fine a sé stesso (…)”.
Chi meglio di uno storico, di uno storiografo può interpretare il racconto come registrazione del passato e insegnamento per il futuro? Ci ha pensato Vittorio Beonio Brocchieri che con il suo “La biografia storica: il presente di un’illusione” sottolinea come “(…) nell’ambito della letteratura divulgativa, le biografie hanno continuato a godere di un grande favore. Il declino della biografia scientifica, quindi, può anche essere considerato uno dei sintomi più vistosi del distacco crescente fra storiografia professionale e produzione destinata al cosiddetto pubblico colto non specialista (…)”.
Gabriella Turnaturi ha dedicato la sua vita di studi anche al tema del rapporto tra letteratura e sociologia: partendo da un celebre saggio che già nel titolo reca in sé i fermenti della ricerca -“Immaginazione sociologia ed immaginazione letteraria”- nel corso della conversazione con Siebert e Floriani, approfondisce lo stato dell’arte, sottolineando come “(…)” la letteratura evidenzia -non soltanto ai sociologi, ovviamente- il rapporto individuo-mondo, individuo-contesto. E, quindi, sottolinea come l’agire sociale non sia mai isolato, non avvenga mai nel vuoto. Ciò vuol dire che, attraverso la trama, le storie narrate non solo si accendono i riflettori sull’interdipendenza o, per dirla con George Simmel, sulla società come forma di sociazione, ma sulla responsabilità, su come ogni scelta produca degli effetti e su come questi effetti possano e debbano essere giudicati (…)”.
Sul punto di partenza del dibattito, ovvero che la letteratura debba essere presa a modello di riferimento, la Turnaturi è netta nell’affermare come “(…) la sociologia abbia continuato nel suo vecchio vizio di ignorare del tutto l’immaginazione letteraria, la letteratura, oppure a limitarsi a fare citazioni qua e là (…). La sociologia mi sembra sua rimasta un po’ chiusa nella sua torre (…)”. La sociologa bolognese, partendo da quel suo fortunato libro del 2003, gioca molto con la novità del necessario confronto: “(…) volevo aprire un po’ la testa agli studenti dicendo: “per favore, leggete romanzi! (…)”.
Un nuovo puntuale e plurale contributo, questo di Ossidiana, che invita tutti, studenti, studiosi e lettori, ad “Andare oltre”, alla necessaria ed ormai improcrastinabile scoperta di nuovi mondi culturali, di nuovi confini del sapere umano. Come dire: mai fermarsi all’apparenza!