Editori Laterza, Roma-Bari 2012, € 22.00
C’è un anno, nella recente storia dell’Italia, sicuramente “condannato”, nel bene o nel male, a rimanere fisso nella memoria collettiva. Un anno che, se da un lato, chiudeva un biennio costellato di stragi, bombe, suicidi e veleni montanti, dall’altro avrebbe aperto, a sua volta, un ventennio che ancora si sta consumando. Un ventennio che molti vorrebbero al tramonto ma che, a quanto pare, nessuno è riuscito ancora ad archiviare. Vent’anni esatti dal celebre discorso della “discesa in campo” di Silvio Berlusconi: due decenni che hanno accompagnato la storia contemporanea del nostro Paese con un carico di tensioni politiche -per non dire di odio…- che difficilmente verranno metabolizzate nel breve periodo.
Qualcuno ha detto che, forse, occorreranno altri vent’anni per stabilizzare la politica italiana: difficile pronunciarsi, ma questa è, per quel che ci riguarda un’altra storia. Ci interessa sottolineare, nell’immediato, che “(…) il discorso della cosiddetta “discesa in campo” di Silvio Berlusconi costituì non tanto un progetto politico, ma una summa del cambiamento di opinione in atto nella società italiana (…). L’humus per quella svolta si era costituito negli anni Ottanta, intesi come liquidazione progressiva del decennio precedente, destinato a una “damnatio memoriae” generata non già dal silenzio, ma dall’efficacia di nuovi discorsi, nuove speranze, e soprattutto da una rilettura costante, sotterranea ed operosa che cancellava sistematicamente i momenti pure importanti del periodo della contestazione e della partecipazione, esaltando, invece -a contrario- gli splendori degli anni Ottanta, visti come un momento di crescita, di benessere collettivo e di riappropriazione della felicità (…)”.
E’ tutto qui il senso della precisa, puntuale e colta (oltre che carica di ricordi personali…) ricerca di un sociologo della comunicazione e della cultura del calibro di Fausto Colombo, docente di Teoria e tecnica dei media all’Università cattolica di Milano, Ateneo nel quale dirige l’OssCom, il Centro di ricerca sui media e la comunicazione attivo nella stessa Università, fondato nel 1994 allo scopo di condurre ricerca teorica e applicata nel campo del sistema dei media e dell'industria culturale italiana.
Il testo colpisce subito per la varietà dei temi affrontati, per la ricchezza delle fonti bio-bibliografiche, per la lucidità delle riflessioni condotte e -cosa che non guasta- per un approccio storico-narrativo che non prescinde anche da ricordi personali, da citazioni che provengono direttamente dall’esperienza di vita dell’autore, di quella “vita quotidiana”, per usare un termine caro proprio ai sociologi della cultura. Utilizzando la terminologia degli amanti del “teatro” -sarà una metafora stessa della ricerca?-, Colombo divide l’opera in un “Prologo” in un “Atto Primo” (1967-1977) -a sua volta suddiviso in cinque “Scene”- in un “Intermezzo” ed in un “Atto Secondo” (1978-1992) parimenti distinto in altre 5 “Scene”. Epilogo e cronologia, oltre ai tradizionali “Ringraziamenti” ed “Indice dei nomi”, servono ancora di più a fornire al testo quella completezza di fondo che non poteva mancare in un testo che ha tutte le caratteristiche della ricerca scientifica perfettamente divisa tra elaborazione del recente passato della storia italiana ed approfondimento tecnico delle più specifiche tematiche comunicative e culturali.
Colombo riesce a far incontrare e scontrare due percorsi storici della nostra recente vita nazionale: “così accade, per esempio, ai due decenni che abbiamo scelto come oggetto di questa analisi e/o narrazione: il primo condannato dalla brutale definizione di “anni di piombo”, identificato con il terrorismo, la pesantezza delle ideologie, la crisi economica che avrebbe definitivamente spezzato il miracolo economico. Il secondo esaltato dai discorsi egemoni come periodo di benessere, di ripresa, di nuova affluenza, di stabilità politica (…). I decenni rilevati dalla storiografia sono sempre ambivalenti, complessi; presentano elementi positivi e negativi. Ma la vicenda italiana, letta alla luce dei discorsi sociali che l’hanno accompagnata e oggi la giudicano, è sempre oggetto di una curiosa e apparentemente ingiustificata polarizzazione, che assegna ai Settanta tutto il male e agli Ottanta tutto il bene (…)”.
Nelle pagine di Colombo s’incontra una lunga carrellata di cultura italica: c’è la storia a farla da padrona di casa, non foss’altro che, in fondo, questo è un testo di storia contemporanea: anzi, quasi di cronaca, vista la forte vicinanza cronologica ai fatti raccontati; c’è la politica, forte ed immanente in tutte le pagine, come si conveniva ad entrambi i decenni passati sotto la lente d’ingrandimento; c’è l’economia, quella del tardo boom economico della fine degli anni Sessanta, della crisi da “shock petrolifero”, da stagnazione dell’economia e da speranze in quel “nuovo miracolo italiano” targato anni ’90, nel miglior stile-Silvio Berlusconi. C’è il costume, la società, la musica, la poesia, la cultura “toto corde”: e c’è -ma su questo non c’erano dubbi…- la sociologia, vuoi della comunicazione, vuoi della cultura. Fausto Colombo, così, ci offre la sua sottile analisi “multistrato”, scavando sin dentro le pieghe più nascoste di quasi trent’anni di recente storia nazionale, appunto dalla fine degli anni ’60 sino ai primi anni ’90, utilizzando tutta la forza della ricerca sociale applicata alla politica: “la mia spiegazione ai fenomeni appena riassunti è che la Seconda Repubblica sia il risultato (uno dei possibili, ma storicamente l’unico realizzatosi) di una svolta nell’immaginario italiano e nei discorsi che lo percorsero, creandolo e plasmandolo (…). Cos’è l’immaginario? (…). La mia tesi in questo libro è che per individuare le ragioni e le condizioni di possibilità di cambiamenti come quelli appena descritti occorre guardare all’immaginario, inteso come luogo di scambio e di transizione fra la realtà quotidiana di un contesto sociale e la cultura che la elabora (…)”.
E qui emerge tutto il valore ed il peso scientifico del ricercatore, del sociologo della comunicazione che incide all’interno di un rapporto tra “materia” e “forma”: la prima è costituita da “(…) frammenti di esperienze concrete condivise, in genere riflessi dei micro cambiamenti nell’economia, nella politica, nella vita civile (…)”; la seconda “(…) è attraversata da discorsi che interpretano e danno senso a questa realtà magmatica, stringendola in una forma rappresentativa: discorsi che sono spesso alternativi l’uno all’altro e che lottano per l’egemonia, in senso gramsciano (…)”.
Questa fine ricerca si basa, dunque, proprio sul concetto dell’immaginario, che per Colombo, si “(…) costituisce attraverso discorsi che confliggendo tra loro per l’egemonia, assumono il compito di dare un senso agli individui e alle loro esperienze della storia. Questi discorsi passano attraverso tutti i luoghi sociali, tutte le occasioni conversazionali e comunicative. Soprattutto, essi si materializzano in testi, prodotti, generi mediali, e tuttavia non si esauriscono in essi. Insomma, i media non sono l’unico luogo di rappresentazione di una società, eppure sono i perfetti indicatori di ciò che avviene nell’immaginario, perché i discorsi vi restano per così dire impressi, quasi congelati, a disposizione di sguardi successivi (…)”.
E così, a volo d’uccello, ecco alcune delle pagine più stimolanti del decennio 1967-1977: dalla “Lettera ad una professoressa” dei ragazzi di Barbiana di Don Milani, alla morte misteriosa di Luigi Tenco; dalla produzione cinematografica targata Walt Disney, alla filmografia italiana, spesso incentrata sul drammatico fenomeno terroristico; dalla stagione del giornalismo militante, ai tanti –troppi- caduti sulle strade italiane, il cui sangue si mischiava terribilmente al di là della diversa “colorazione” politica; dalla grande stagione delle radio libere, agli albori della televisione via cavo, sino ai primi, timidi segnali di apertura di “mamma”Rai. Per passare, tra il 1978 ed il 1994, al secondo blocco storico: dal sequestro di Aldo Moro ai tre papi; da quel lungo anno che fu il 1980 -carico, come pochi, di tali e tanti avvenimenti…-alla nuova industria culturale che stava nascendo; dalla crescita di radio e televisione stimolata dalla discesa imprenditorial-televisiva del gruppo-Berlusconi, sino alla sbornia di quegli anni ’80 all’interno dei quali l’iconica ”Milano-da-bere” divenne, immediatamente, il simbolo nazionalmente riconosciuto.
Il merito della ricerca di Fausto Colombo sta proprio nell’essere riuscita, immaginificamente e plasticamente, a ripresentare questi trent’anni della recente storia nazionale partendo da episodi, momenti e simboli di un’Italia non del tutto passata e forse mai dimenticata, proprio a voler dar fede alla “(…) sensazione personale (…) maturata durante il viaggio (…)”, quella secondo cui “(…) l’ultimo decennio del XX secolo e il primo decennio Duemila ci sono stati spesso raccontati a partire dal sogno di un benessere ipotetico, prima smarrito in nome della mediocrità egualitaria e poi conquistato attraverso l’individualismo rampante del decennio Ottanta, che tuttavia non è stato così migliore del precedente (…)”.
Di questo siamo ben consapevoli…