Il Procuratore nazionale antimafia Robert sprona i calabresi: “Troppe connivenze, devono reagire” “La ‘ndrangheta è ancora forte perché ha avuto la capacità di mimetizzarsi, di dislocarsi, di de localizzarsi in altri territori: in Calabria è difficile colpirla definitivamente, proprio perché il flusso di denaro è ormai diretto altrove, perché gli uomini della ‘ndrangheta che gestiscono grandi quantitativi di denaro vivono altrove”. Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, parla di ‘ndrangheta e Calabria in un’intervista esclusiva che parte dal ricordo di una bella serata estiva sul Tirreno cosentino. Praia a Mare, 1 agosto 2016. E’ il lunedì che apre al mese più movimentato dell’estate: al boom delle presenze mancano almeno quindici giorni, ma la gente è numerosa per le strade. La principale arteria cittadina viene interdetta al traffico veicolare con una puntuale motivazione del Comando della Polizia Intercomunale in vista della presenza, nella centralissima Piazza Italia, di Franco Roberti, il Procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo, invitato a presentare il libro scritto con il giornalista di “Repubblica” Giuliano Foschini, “Il contrario della paura. Perché terrorismo islamico e mafia possono essere sconfitti” (Mondadori), nell’ambito della consolidata rassegna d’autore “Praia, a mare con…”.
A qualcuno, quel momentaneo stop della circolazione non sarà forse andato giù, ma lo prevede un rigido protocollo di sicurezza. La piazza, intanto, attende l’arrivo dell’illustre ospite: gli uomini della scorta e quelli delle Forze dell’ordine, attenti e guardinghi, non lo sottraggono però al rito delle interviste con la Rai regionale e le altre testate presenti, né -soprattutto- a quello della foto-ricordo con tanto di libro appena autografato. Cinque mesi dopo, tra auguri e l’allarmante quotidianità generata dall’attentato di Berlino, l’interlocutore mostra sempre affabilità e disponibilità… Procuratore Roberti, rimane un affettuoso ricordo di quella serata, ancorata ai temi dell’informazione, della condivisione dei valori fondanti la nostra democrazia, della fiducia di noi cittadini nella lotta al fenomeno mafioso e terroristico. “Ricordo la tappa calabrese, a Praia a Mare, soprattutto per quel dibattito che aprimmo con il numerosissimo pubblico: sono sempre più convinto che il fondamento della democrazia, secondo i principi riportati nella prima parte della nostra Costituzione, si basi su un’opinione pubblica informata, compiutamente e correttamente. Credo moltissimo nella funzione democratica dell’informazione, che non è ricorso al populismo e ai luoghi comuni, non è eccitazione della pancia della gente, ma è richiamo a far pensare e riflettere sulla base di informazioni corrette e compiute. Ho cercato proprio di rimarcare questo profilo nel libro: informare, guardando a mafie e terrorismo non solo come magistrato, ma soprattutto come cittadino informato, che -naturalmente- conosce da vicino questi argomenti; non so se vi sono riuscito, ma sono convinto che tra le pagine del libro questo messaggio sia passato! Mi riferisco a quanto, nel lontano 1983, Giovanni Falcone mi confidò, ovvero che le mafie sono un fenomeno umano che dopo aver avuto un inizio, avranno anche una fine. Aggiungeva, poi, che toccasse agli uomini delle Istituzioni assicurarsi e meritarsi la fiducia dei cittadini, senza la quale non si sarebbe andati da nessuna parte. Solo con questa fiducia, le Istituzioni possono combattere efficacemente le mafie: e questa fiducia, fondamento del corretto rapporto tra cittadini ed Istituzioni, occorre meritarsela, giorno dopo giorno!” Sembra un’impresa titanica! Come fare? “Semplicemente non nascondendo la verità come la polvere sotto il tappeto, ma affermandola, guardando in faccia alla realtà dei fenomeni criminali sino alla loro sconfitta. Ora, teniamo ben presente che le mafie -tutte- sono un fenomeno che in Italia esiste da prima dell’Unità nazionale, passaggio storico che, in qualche modo, avrebbe anche creato premesse e presupposti per cui le stesse instaurassero con i pubblici poteri quasi un rapporto di servizio: le mafie sono ancora forti proprio perché possiedono una grande capacità relazionale con le Istituzioni, con la politica, con la società civile, con il mondo delle professioni. La loro vera forza -lo sostiene Don Ciotti, ed è una verità assoluta- risiede in quella zona grigia di società civile, di politica, di Istituzioni, di Magistratura, di Forze dell’ordine, che qualche volta chiudono un occhio, un’altra volta li chiudono tutti e due, e sono disposti a fare affari: vi sono imprenditori disposti a farsi finanziare senza guardare troppo da dove provenga quel denaro. Insomma: la vera forza delle mafie si trova in questo mondo di collusioni, di connivenze, di compiacenze”. Ma come si vince questa guerra? “Isolando le organizzazioni mafiose! Abbiamo contrastato e sconfitto definitivamente il terrorismo interno, quello delle Brigate Rosse, senza ricorrere a leggi speciali, con la sola forza del diritto e delle sue garanzie. Ecco: in quel caso è stato determinante l’isolamento del fenomeno da parte della società civile, e quando ciò è avvenuto vi è stato un ripudio generalizzato da parte dell’economia, della politica, dei cittadini. Lo stesso deve accadere per le mafie: fino a quando non vi sarà questo ripudio, questo isolamento generalizzato, le mafie saranno sempre forti e, purtroppo, in questa situazione, le mafie hanno dimostrato di non essere soltanto un problema italiano o ancor meno meridionale. Oggi rappresentano un problema internazionale”. Anche per la tanto famigerata ‘ndrangheta… “Soprattutto! Rimane ancora la più forte organizzazione criminale italiana ed una delle più forti al mondo, proprio perché si è andata radicando al di fuori dei confini calabresi, trapiantandosi in Emilia, in Lombardia, in Piemonte, in Liguria, creando molteplici “locali”: si è anche radicata in Svizzera, in Germania, in Olanda, in Australia, in Canada con la forza del denaro e nella più totale disattenzione da parte di Istituzioni che, invece, avrebbero dovuto contrastarla. La ‘ndrangheta è ancora forte perché ha avuto la capacità di mimetizzarsi, di dislocarsi, di localizzarsi in altri territori: in Calabria è difficile colpirla definitivamente, proprio perché il flusso di denaro è ormai diretto altrove, perchè gli uomini della ‘ndrangheta che gestiscono grandi quantitativi di denaro vivono altrove! Ma grazie all’impegno delle Procure distrettuali di Catanzaro, con Nicola Gratteri e di Reggio, con Federico Cafiero De Raho, unitamente alle Procure ordinarie che svolgono mirabilmente il proprio compito al contrasto del fenomeno, raccogliamo frutti di assoluto pregio. Finalmente, in Italia, da venti anni a questa parte, stiamo sviluppando un’azione molto efficace contro il fenomeno mafioso: “Cosa Nostra” non è più quella della stagione delle stragi ed anche la “camorra” ha subìto colpi micidiali”. Lei auspica, a questo punto, una grande cooperazione internazionale… “Occorre far capire ai nostri partner dell’Unione Europea che la criminalità organizzata non è un fenomeno localizzato a livello nazionale: è occidentale, globale, e solo allora avremo avviato alla sconfitta i fenomeni criminali ed il terrorismo internazionale, che si autofinanzia proprio con attività mafiose come il traffico degli stupefacenti e dei migranti ed il contrabbando del petrolio”. In Italia abbiamo assistito ad un intreccio perverso tra organizzazioni mafiose, poteri legali, istituzionali, politica, impresa. Anzi, ancora vi assistiamo… “Ho vissuto in Campania, un fenomeno cui ho dato il nome di “Cap: camorra, affari, politica” e proprio a Praia a Mare, quella sera, parlammo di “Nap: ‘ndrangheta, affari, politica”! Come magistrato ero impegnato nelle inchieste sulla ricostruzione del dopo-terremoto del 1980: quella vicenda, a mio avviso, è stata la metafora di tutto quello che non doveva succedere e che, invece, si è puntualmente verificato. Il terremoto fu distruttivo, certo, ma assistemmo anche al crollo di abitazioni nuove, evidentemente costruite male, in spregio a qualsiasi normativa antisismica, con il cemento fornito dalla camorra ed una speculazione edilizia selvaggia: e, come se non bastasse, con una macchina della giustizia che non riusciva a fare “Giustizia” di tutto ciò, tanto che nessuno venne condannato per reati legati a quella vicenda. E quel fiume di denaro -90 mila miliardi di lire per una presunta ricostruzione mai terminata- in buona parte sfociato nelle tasche delle organizzazioni criminali, degli affaristi, dei politici locali con la benedizione di qualche politico nazionale. La stessa cosa capitò in Sicilia, dove fui inviato dall’allora Procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna ad indagare, insieme ai colleghi di Palermo, sul c.d. “tavolino”, un sistema di malaffare che vedeva collusi i tre soggetti fondamentali dell’accordo criminale: il politico, il mafioso e l’imprenditore che si spartivano appalti e tangenti: con una miriade di faccendieri -i facilitatori- che permettevano l’incontro e gli affari. Modello che abbiano rivisto ancora in Campania con la triste vicenda dei rifiuti, la “monnezza”: oggetto di una precisa scelta criminale non solo dei camorristi, quanto di imprenditori disonesti con l’accordo dei soliti politici collusi, che volendo smaltire in nero per risparmiare sui costi elevati dello smaltimento, si rivolgevano alla camorra. Imprenditori del nord che si rivolgevano ai malavitosi per smaltire i rifiuti illegali: così è iniziato tutto”. Nel Suo libro e dalle Sue parole emerge anche un forte messaggio sociale. “Le mafie si insinuano nelle disuguaglianze sociali, facendo affari con ricchi imprenditori senza scrupoli: colludono con i politici senza scrupoli, rastrellando -tra le fila della criminalità organizzata- i disperati, i rassegnati, gli emarginati, i senza- speranza: la mafia si muove tra questi due gradini della scala sociale. Non mi permetto di dare ricette, la mia è un’analisi sulla base dell’esperienza maturata a seguito del ruolo che rivesto: occorre intervenire su questo livello, fare buona politica e stimolare la fiducia dei cittadini e allora si arriverà a sconfiggere il fenomeno mafioso. Politica, giustizia e società civile. Tutti noi, per sconfiggere mafie e terrorismo, abbiamo il dovere della verità che è il contrario della paura!” Berlino è vicinissima! “La nuova strage ci porterebbe ad analisi molto complesse: ne riparleremo…” Auguri, Dottor Roberti! “A voi calabresi, perché la ‘ndrangheta può essere sconfitta isolandola!” *** Per saperne di più: Franco Roberti, Il contrario della paura. Perché terrorismo islamico e mafia possono essere sconfitti, Mondadori, 2016, € 18.00 Cronache delle Calabrie Egidio Lorito, 02/01/2017