Alla fine degli anni ‘90, all’interno dell’allora Dipartimento di Sociologia e Scienza Politica dell’Università della Calabria, vide la luce l’Osservatorio per lo studio dei processi culturali e della vita quotidiana, cui venne dato il nome esotico e ben augurante di “Ossidiana”. Quella struttura, che mutuava il nome da quello di una pietra lavica ben nota sin dall’antichità per le sue caratteristiche di duttilità, venne “pensata e costruita” -si sottolineò- “come uno spazio aperto e vivace di incontro, confronto e discussione, di analisi, riflessione e ricerca su tematiche che, sin dall’inizio, sono state attinenti alla cultura e alla vita quotidiana, alla memoria, alla teoria sociale, alla comunicazione, ai media e ai consumi culturali, e che, più recentemente, hanno incluso anche le migrazioni, la sfera pubblica, gli studi culturali e gli studi postcoloniali.
In quasi due decenni, l’Osservatorio è stato promotore di numerose presentazioni di volumi cui hanno solitamente partecipato gli autori, di seminari che hanno visto il coinvolgimento di accademici di altri atenei nazionali e internazionali, e di indagini e ricerche che hanno privilegiato metodi sia qualitativi sia quantitativi: molti dei seminari sono stati organizzati in collaborazione con la sezione “Vita quotidiana” dell’Associazione Italiana di Sociologia, mentre in altre occasioni la collaborazione ha privilegiato la “vecchia” Facoltà di Scienze Politiche e lo storico dottorato in Politica, Società e Cultura attivato una trentina d’anni fa nel nostro Ateneo. Uno tra gli eventi di maggiore regolarità è una conversazione di gruppo, a cadenza mensile, intorno a temi di pregio accademico ed a volumi di recente pubblicazione, cui vengono invitati esperti da vari atenei nazionali ed esteri a dibattere sui temi di maggiore richiamo nei nostri tradizionali settori di riflessione. Le attività di Ossidiana, pensate collegialmente dal gruppo di dottorandi, dottori di ricerca e docenti che anima da più lungo tempo l’Osservatorio, sono rivolte innanzitutto agli studenti, ai tesisti e ai dottorandi, ai ricercatori e ai docenti del Dipartimento, ma sono altresì aperte a chiunque si senta in sintonia con i temi sviluppati e sia sensibile al confronto intellettuale”.
Un doppio binario, dunque, laboratoriale ed editoriale, sul quale non ha dubbi il sociologo Paolo Jedlowski, direttore dell’Osservatorio: milanese di nascita, dopo gli studi in Filosofia presso l’Ateneo di Via Festa del Perdono, ha intrapreso studi e ricerche sociologiche in Italia e negli Stati Uniti; ordinario di Sociologia generale all'Università della Calabria, ha precedentemente insegnato anche presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" e di Sociologia della comunicazione dell’Università della Svizzera italiana. I suoi interessi scientifici spaziano dalla sociologia della cultura alla teoria sociale, dalla sociologia della vita quotidiana alla storia della sociologia: già coordinatore nazionale della sezione "Vita quotidiana" dell’Associazione italiana di sociologia (Ais), ha pubblicato volumi sulla memoria collettiva e sull’esperienza contemporanea e ricerche sulla comunicazione nella vita quotidiana, oltre a testi di sociologia generale. Ad affiancare il prestigioso docente, un pool di giovani ricercatori dell’attuale Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali -che nel frattempo ha sostituito la Facoltà…- riuniti attorno ad un comitato scientifico che fa capo ad Olimpia Affuso, assegnista di ricerca in Sociologia e responsabile redazionale, Sonia Floriani, ricercatrice in Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Teresa Grande, ricercatrice in Sociologia generale, Ercole Giap Parini, associato in Sociologia generale e Giuseppina Pellegrino, ricercatrice in Sociologia dei processi culturali e comunicativi.
Tra i tanti temi affrontati, divenuti veri must nella ricerca accademica italiana, intrigante e quanto mai attuale si rivela quello riguardante la c.d. sfera pubblica che si è fatto strada tra gli studiosi delle discipline sociali e, particolarmente, tra i sociologi della comunicazione e della cultura, per la circostanza di rappresentare, nella moderna società della comunicazione, il luogo ideale in cui incontrarsi -e scontrarsi…- far sentire il proprio pensiero, manifestare piacimento o avversione nei confronti di una tematica o di argomenti sempre più caratterizzati da pubblicità e generalità. In questa direzione, Jedlowski nota come “(…) la sfera pubblica, in sé, non è un luogo: è una rete di discorsi che sono svolti in pubblico e che riguardano questioni che un certo insieme di persone ritiene di rilevanza collettiva (…). Discussioni che disegnano uno spazio sociale caratterizzato da una certa struttura: vi è chi è incluso e chi no, chi ha posizioni privilegiate e chi dispone di una voce più debole; i discorsi circolano in una direzione ma possono non circolare in un’altra: e così via. Questo spazio sociale non corrisponde necessariamente a uno spazio fisico perchè si può conversare a distanza, e -per converso- chi è fisicamente vicino può essere socialmente distante e dunque, non parlarsi per nulla. Tuttavia, è pur vero che questi discorsi hanno bisogno di qualche posto in cui manifestarsi. Può trattarsi di luoghi concreti, come un caffè, una piazza o una sala di riunioni; oppure di luoghi virtuali come lo schermo di un televisore o un sito internet (…)”. L’analisi parte dal concetto elaborato dal celebre filosofo e sociologo Jürgen Habermas nel 1962, all’interno della propria tesi di docenza -Storia e critica dell’opinione pubblica, apparsa in Italia nel 1971- e destinato a divenire oggetto di successo ed analisi, grazie al quale -come ricorda Olimpia Affuso, autrice di un pregevole contributo- “(…) Habermas sviluppa un concetto normativo di sfera pubblica sulla base di una ricostruzione storica che arriva ad evidenziare il degrado nella società contemporanea (…). In questa prospettiva, la sfera pubblica è uno strumento di <<dissoluzione discorsiva del potere>>: nelle democrazie moderne, il potere fondato sulla tradizione o sulla consuetudine viene ad essere sostituito da un vaglio argomentativo che diventa l’unico modo accettato di conferire legittimità al potere stesso (…)”.
Altro tema evocativo e suggestivo, affrontato tra le pagine di Ossidiana, quello della costante analisi comparata di letteratura e scienze sociali: veri e propri “incontri tra le righe” -dal titolo di un altro volume della collana, nda- che, a detta di Renate Siebert -già Ordinario di Sociologia Generale nello stesso Ateneo- e di Sonia Floriani, impongono quasi “(…) un dialogo fra studiosi di letteratura, di storia e di sociologia, nella convinzione che la questione sia di fondamentale importanza ai fini degli studi e della crescita dei vari campi disciplinari (…)”. In particolare, Sonia Floriani ha insistito nel sottolineare come “(…) la frequentazione con la letteratura può consentire alla sociologia di prendere meglio coscienza delle trame complesse e delle contraddizioni dell’esistenza, della molteplicità di tipi umani e di eventi, e, così, essere indotta a moltiplicare le questioni intorno a cui interrogarsi e riflettere (…)”. Questa singolare prospettiva di analisi e ricerca -l’incontro tra la letteratura e le scienze sociali!- è stata stimolata da Paolo Jedlowski prendendo spunto da un’intervista di un sociologo ed intellettuale francese del calibro di Pierre Bourdieau (1930-2002) che sosteneva come “(…) la letteratura, contro la quale molti sociologi della prima ora, ma anche di oggi, hanno creduto e credono di dovere affermare la scientificità della loro disciplina (…), sia per più versi in anticipo sulle scienze sociali e soprattutto racchiuda tutto un tesoro di problemi fondamentali (…) che i sociologi dovrebbero tentare di prendere in esame, invece di prendere ostentatamente le distanze da forme di espressione e di pensiero che ritengono compromettenti (...)”. Non due mondi separati, non due settori di studio e ricerca a compartimenti stagni: al contrario, sempre secondo Jedlowski, “(…) frequentando la letteratura, il sociologo -come chiunque altro- amplia la sua visione del mondo, affina la sua conoscenza della varietà dei tipi umani, dei motivi che possono spingere a un’azione o a un’altra (…)”.
Tra i più incisivi assertori di questa linea evolutiva della moderna ricerca sociologia, Ercole Giap Parini ha posto in risalto come, grazie a tali nuove “alleanze”, “(…) il sociologo, l’antropologo, lo storico, lo studioso del diritto, così sensibili ad ogni strumento che permetta di interpretare la realtà sociale, hanno di che riflettere (…)”. In particolare Parini -che da qualche anno tiene un innovativo insegnamento dal nome evocativo di “Criminalità, legalità e territorio” -che nel panorama regionale calabrese assume una valenza di stretta attualità…- aveva già indicato come fosse possibile “(…) costruire immagini sociologiche con le immagini della letteratura (…)”, prendendo a modello il caso editoriale -ed in questo senso letterario e sociologico- di “Gomorra”, “(…) un libro e una vicenda che sono diventate anche una sorta di valvola di sfogo di un Paese che ripiegato civilmente su sé stesso, ha bisogno di eroi (…)”. Grazie a tali emergenze culturali di grande fascino ed attualità, la collana- curata dalla Pellegrini Editore di Cosenza- mostra vitalità intellettuale e capacità di rimanere al passo con i tempi: quelli della ricerca scientifica e della vita sociale, grazie al costante dialogo tra i diversi attori che si affacciano, quotidianamente, sul palcoscenico della contemporaneità, sempre più bisognosa di descrivere e comprendere i complessi processi di mutamento che attraversano la vita quotidiana di quanti vivono oggi nel Mediterraneo e in Europa. E in Calabria, in particolare…
Cronache delle Calabrie, pag. 22 Egidio Lorito, 06/03/2017