Dopo due anni di indagini, un’operazione del Ros dei Carabinieri di Venezia, coordinata dalla locale Direzione distrettuale antimafia, in collaborazione con diversi Comandi provinciali e con il supporto dei Nuclei Elicotteri di Bolzano e Belluno e delle Unità Cinofile di Padova, ha disarticolato un pericoloso clan di ‘ndrangheta attivo tra le province di Verona, Venezia, Vicenza e Treviso, con ulteriori ramificazioni ad Ancona e Genova, e base originaria a Cutro, nel crotonese, ove il sodalizio del capo clan, Domenico Multari, è ritenuto contiguo al gruppo egemone Grande Aracri. L’operazione, denominata“Terry”, ha portato all'esecuzione di 7 ordini di custodia cautelare e 20 perquisizioni con la contestazione, per tutti i ristretti, di reati che vanno dall’estorsione alla violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, dal trasferimento fraudolento di valori alla resistenza a pubblico ufficiale; si è inoltre fatto luce su un misterioso incendio avvenuto nel porto di Alghero, nel 2015 e su ipotesi di minaccia e tentata frode processuale, il tutto avvinto dalle modalità mafiose contestate in base al 416 bis del codice penale.
Le indagini erano state avviate un paio d’anni addietro dalla Distrettuale di Venezia nei confronti della famiglia Multari, originaria del crotonese, da oltre 30 anni attiva a Verona e provincia: ora l’operazione ha documentato, per la prima volta, non solo la ramificazione di un clan ‘ndranghetistico in Veneto ma anche il successivo raccordo con numerosi imprenditori locali che non esitavano di rivolgersi al sodalizio criminale per raggiungere obiettivi legati alle proprie attività commerciali. Addirittura, nel corso del tempo, era stato possibile svelare un particolare ritenuto inquietante dagli investigatori, ovvero la circostanza che anche comuni cittadini dell’area oggi interessata dall’operazione, “pienamente consapevoli dello spessore criminale” del sodalizio-si legge nell’ordinanza restrittiva- si rivolgessero direttamente a Domenico Multari per risolvere problemi economici e lavorativi di varia tipologia, superando, quindi, i tradizionali canali di intervento statale. In questo modo, oltre a riconoscere la forza criminale del gruppo Multari, i cittadini delle province venete si piegavano ad uno stato di “completo assoggettamento psicologico” nei confronti del gruppo ‘ndranghetistico, divenuto, così, facilmente egemone nell’intero Veneto. Alle origini delle indagini diversi episodi criminali all’epoca rimasti senza autori e che oggi trovano i responsabili: come numerose estorsioni ad imprenditori della zona interessata, ed un misterioso incendio, avvenuto nel 2015, di uno yacht ormeggiato nel porto di Alghero: in pratica, l’imbarcazione venne distrutta per non essere sottoposta alle successive perizie scaturite da un contenzioso al momento dell’acquisto. Per non parlare del diretto interessamento di Domenico Multari per impedire che le procedure di vendita all’asta di beni della propria famiglia si perfezionassero, con l’effetto di far andare deserte le vendite, per permettere che i beni della propria famiglia venissero acquistati successivamente da loro prestanome a prezzi irrisori. Quest’ultima operazione segue di un anno esatto l’ultima imponente retata contro la ramificazione della mafia calabrese in Veneto.
Egidio Lorito “Libero” / Attualità 14/02/2019