La relazione annuale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), non lascia dubbi: l’organo di cui si avvale il Presidente del Consiglio dei ministri per le funzioni informative indirizzate alla protezione della sicurezza interna, pone l’indice sulle economie illegali e gli affari delle mafie, confermando il primato di quella calabrese. La ‘ndrangheta, infatti, si piazza, ancora una volta, in cima alla classifica, sia per la gestione globale del narcotraffico, delle cui conoscenze si avvalgono la Camorra e Cosa nostra, che per quella dei rifiuti, settore in cui le cosche calabresi si sono particolarmente affinate. Per i tradizionali settori del terrorismo internazionale, il fenomeno più preoccupante sembra essere quello dei c.d. “radicalizzati in casa”, vera e propria croce dell’intelligence italiana: i nostri Servizi segreti, infatti, lo descrivono come un settore “sempre più ampio e sfuggente”, da sottoporre ad attento monitoraggio per evitare che si possa passare “dalla radicalizzazione all’attivazione violenta”.
L’attenzione degli 007 è per le “numerose allerte su pianificazioni terroristiche da realizzare contro obiettivi occidentali”: infatti, l’Isis, “si è mostrato ancora in grado di ispirare attacchi in Europa, suggerendone autori e modi”. Il premier Giuseppe Conte, nel corso della presentazione della relazione all’interno della Galleria Colonna, a Roma, insieme al Direttore generale del Dis, Gennaro Vecchione, ha sottolineato come “il rischio zero realisticamente non esiste”, evidenziando, al contempo, che “se abbiamo motivi per tenere molto alta la guardia, abbiamo anche valide ragioni per sentirci sereni del cammino intrapreso”. Venendo poi all’attenzione posta nei confronti delle consorterie criminali di casa nostra, la Relazione ha confermato il predominio praticamente immutato della ‘ndrangheta che guida la classifica in materia di narcotraffico e gestione dei rifiuti: la mafia calabrese e Cosa nostra, nonché “alcune agguerrite e strutturate espressioni della criminalità organizzata campana e pugliese” sono al vertice per “capacità d’inquinamento del tessuto economico-produttivo nazionale”, in quanto “hanno mostrato capacità di proiezione in business ad alta redditività, in Italia e all’estero, ove dispongono di stabili articolazioni operative”. La Relazione annuale ha evidenziato come non si registrino segni strutturali di cedimento delle tradizionali consorterie criminali delle regioni del Sud Italia, che dopo aver abbandonato, come nel caso della ‘ndrangheta, vecchi sistemi di investimento e di rastrellamento del denaro -come accadeva tra gli anni ’70 e ‘90 per l’allora fiorente stagione dei sequestri di persona- hanno ormai indirizzato il proprio business verso le innovative fonti di guadagno. La ‘ndrangheta, infatti, al pari e ben più delle altre forme criminali meridionali, ormai diffusa a livello planetario, “finanzia le imprese in difficoltà, determinandone la fidelizzazione o assumendone il controllo; disincentiva, di fatto, gli investimenti privati, alimenta, avvalendosi di ramificati network relazionali, fenomeni di corruzione e collusione nei processi decisionali pubblici per condizionarne gli esiti, soprattutto in relazione all’aggiudicazione di appalti per la realizzazione di opere pubbliche, nonché al rilascio di concessioni e autorizzazioni amministrative per la gestione di servizi pubblici e di pubblica utilità”. Due gli scenari in cui la ‘ndrangheta opera in regime di monopolio: il nuovo settore dello smaltimento dei rifiuti, “settore d’elezione, grazie al persistente attivismo di circuiti affaristico-criminali, riferibili alle cosche locali, interessati a controllare interi segmenti del ciclo dei rifiuti, anche attraverso iniziative corruttive volte ad ostacolare o influenzare le attività imprenditoriali concorrenti”; ed il più risalente narcotraffico: “in continuità con un trend emerso negli ultimi anni, l’azione informativa ha posto in luce assidue interlocuzioni tra consorterie di diversa estrazione, anche con il coinvolgimento di espressioni criminali straniere, volte a definire comuni strategie di sviluppo e di pacifica coesistenza sui mercati criminali”
Egidio Lorito “Libero” / Attualità 04/03/2019