Un progetto da 27 milioni porterà alla riqualificazione delle “Vele”. Che erano nate come simbolo
Quando furono realizzate, grazie alla legislazione sull’edilizia pubblica residenziale del 1962, su appalto della Cassa per il mezzogiorno, le “Sette vele di Scampia”, progettate dall’architetto Franz Di Salvo, un urbanista innovatore di fama mondiale, divennero il fiore all’occhiello dello sviluppo della città di Napoli: facevano parte di un ambizioso progetto abitativo che prevedeva la realizzazione della nuova realtà socio-economica del capoluogo campano. Oggi, dopo quasi sessant’anni ed un fallimento, nel tempo, di quell’ambizioso progetto di integrazione urbana e sociale, le “vele” sono assurte a monumento dell’abbandono e del degrado, dello spaccio della droga e del predominio, spesso incontrastato, della criminalità organizzata, che qui assume le sembianze delle giovani gang che dalla periferia mettono a ferro e fuoco anche le vie più centrali di Napoli. E così, dopo i primi abbattimenti, tra il 1997 ed il 2003, di tre enormi costruzioni, proprio quest’anno il Comune ha lanciato il nuovo step, denominato “Restart Scampia”, un progetto da 27 milioni di euro che porterà alla demolizione di altri tre palazzoni ed alla riqualificazione conservativa dell’intero quartiere, passando per la ristrutturazione dell’unica vela, quella celeste, che verrà salvata e che diventerà la nuova sede della Città Metropolitana.
A cadere per prima sarà la vela A, detta “Vela verde”: si colmerà il ritardo accumulato nel tempo, speso per coinvolgere la collettività nell’opera di restyling e per pensare a dove trasferire le centinaia di famiglie che ancora occupano questi enormi monumenti di cemento armato. I 300 appartamenti della nuova edilizia popolare residenziale serviranno a dare nuova vita sociale a chi era letteralmente finito in un ghetto, tra sporcizia, abbandono, criminalità, una sorta di luogo dove il tempo pareva essersi fermato, senza che nessuna autorità fosse in grado di porre rimedio allo sfascio di un progetto che, oltre mezzo secolo prima, aveva cercato di valorizzare l’orlo settentrionale di Napoli. Intanto l’amministrazione-De Magistris fa festa, con scenografie a rendere meno surreale questa serie di complessi immobiliari consumati più dall’incuria dell’uomo che dall’incedere del tempo: il sindaco in persona, che ha dedicato la giornata storica alla piccola Noemi -la bambina che lotta tra la vita e la morte, vittima delle pallottole vaganti di Piazza Nazionale, lo scorso 3 maggio- ha varato il cantiere della rinascita, definito “una vittoria stupenda della nostra amministrazione che sul piano politico, sociale ed istituzionale ha fatto un lavoro enorme”, insieme al Comitato-vele, fiero di dichiarare che “finalmente siamo arrivati al momento più atteso, la lotta per il riconoscimento del diritto all’abitare come essenzialità intrinseca dell’individualità: a Scampia accade che un palazzone dall’aspetto minaccioso fino a ieri, diventi di colpo l’emblema della vittoria del popolo contro un despota, portatore consapevole di un dogma lasciato alla sola narrazione drogata dei film e delle serie-tv”. Assistere al crollo della “vela” significherà applaudire, simbolicamente, alla caduta dell’onnipotenza della camorra, che tra queste torri in cemento, tra questi pianerottoli sospesi sulla città, tra queste strade disseminate di rottami, continuava a consumare la sua folle liturgia di potere assoluto. Ad aggiudicarsi i lavori per l’abbattimento un’impresa locale, la “D&D costruzioni generali”, con sede a Pozzuoli, che ha offerto tutte le richieste di garanzia anticamorra ed antiracket, cui serviranno sei mesi di lavoro, tra la pulizia preliminare degli interni e la più diretta opera demolitrice, che partirà dal 16° piano, per scendere lentamente sino alle fondamenta, e liberare, si spera per sempre, l’area dall’ingombrante presenza della più grande piazza di spaccio d’Europa. Potrà stupire, ma l’origine dell’immenso fiume di stupefacenti che da anni si riversa tra questi giganti di cemento armato, fu causata dall’apertura di un enorme centro di somministrazione del metadone all’interno di una nuova struttura sanitaria, che inevitabilmente iniziò a richiamare tossicodipendenti da tutta la città: e la camorra, abile nel fiutare il business, trasformò in milioni di euro le sofferenze di migliaia di disperati, pronti ad arruolarsi tra le fila di bande spietate, pronte a conquistare la Scampia-Gomorra e le sue “vele”. Forse ancora oggi, vigilia del loro crollo.
Egidio Lorito “Libero” / Attualità 15/05/2019